La fortuna di Fortunato

Ricorre al Tar perché il taglio dello stipendio "altera le abitudini di vita". Un altro non versa l’Iva per 180 mila euro: assolto

di Adriano Todaro - martedì 29 ottobre 2013 - 2456 letture

C’è un proverbio milanese che per indicare una persona che non è proprio fortunata, così recita: "L’è furtünà com un can in gesa". In pratica, "fortunato come un cane in chiesa" che di solito, quando avviene, lo cacciano a pedate. Questo non è certo il caso del signor Vincenzo Fortunato. Non sapete chi sia? Male perché il signor Vincenzo è uno molto fortunato, a cominciare dal cognome che porta.

Magistrato, insegnante, rettore, Capo di Gabinetto del Tesoro per vent’anni, insomma il Fortunato Vincenzo dal punto di vista lavorativo è stato certo molto fortunato. Anche perché è uno che vale. Pensate che nel 2005 aveva uno stipendio di 800.000 mila euro.

Poi, però, arrivano tempi magri e anche Vincenzo deve tirare la cinghia. Quando l’allora ministro Vittorio Grilli lascia il Tesoro, per il nostro Vincenzo si mette male. Ma uno così non può certo diventare un esodato che la mattina va al bar a leggere il giornale e così, prima di andarsene, il ministro Grilli lo nomina presidente della Sgr Invimit, società preposta per vendere o svendere il patrimonio pubblico.

La vita, però, riserva sempre sorprese, soprattutto negative. Arriva il governo con il loden che fissa in 293 mila euro l’anno lo stipendio per questi manager. Ora voi ditemi se vi sembra giusto un taglio del genere. Era necessario, quindi, fare qualcosa per ristabilire la giustizia economica. E che fa Vincenzo? Occupa il ministero? Va in cima ad una torre? Ma no! Fa ricorso al Tar per sospendere la norma. In pratica ricorre contro se stesso considerato che era dirigente del Tesoro. Vuole la restituzione degli importi remunerativi, "maggiorati a titolo di rivalutazione e interessi legali".

Mi sembra giusto. Vediamo. Se divido 293 mila euro per 13 mesi fa 22.538 euro che il Fortunato si becca ogni mese. In pratica, 751 euro al giorno, esattamente quanto un cassintegrato, ma in un mese. Vincenzino nostro non è un cassintegrato, sa come muoversi, è un magistrato e chiede non solo i soldi che non gli hanno più dato ma, giustamente, anche gli interessi. E’ lui stesso a spiegarne i motivi nella memoria che presenta al Tar: "Il prelievo avendo assunto la forma di una ingiusta e consistente decurtazione stipendiale, in ragione della quale il ministero ha trattenuto una cospicua somma pari a oltre 100 mila euro, ha comportato e comporta tutt’ora ‒ a fronte della percezione di un normale stipendio ‒ una gravissima alterazione della sfera giuridica patrimoniale del ricorrente e, dunque, delle abitudini di vita".

Il ragionamento non fa una grinza. Se vi tagliano lo stipendio o, meglio, se "subìte una ingiusta e consistente decurtazione stipendiale", non fate manifestazioni, ricorrete al Tar perché il taglio "altera le abitudini di vita". E poi guardate l’inciso con quanta eleganza si presenta: "A fronte della percezione di un normale stipendio". Qual è la vostra percezione di un "normale stipendio"? Forse 1.200/1.500 euro al mese? Siete dei pezzenti. Osate, osate, alzate la vostra percezione.

Fortunato non è il solo fortunato. Anche un imprenditore milanese non è messo male. Il nome, i giornali, non lo comunicano ma l’episodio di cui è stato protagonista è interessante. Dunque, questo imprenditore di informatica non aveva versato all’erario 180 mila euro di Iva. Il Gup (Giudice udienza preliminare), ha accolto la tesi sostenuta dagli avvocati difensori dell’imprenditore e lo ha assolto perché ha dimostrato di "non avere versato all’erario l’imposta a causa della difficile situazione economica dell’impresa e, più in generale, della crisi finanziaria del Paese".

Dopo avere accertato la violazione, la Procura aveva avviato un procedimento penale per il reato di "omesso versamento dell’Iva", punito con la reclusione da sei mesi a due anni. L’imprenditore era stato così condannato alla pena di sei mesi di reclusione, poi convertita in una multa di circa 40 mila euro. Rimane aperto, ora, il procedimento civile e la multa.

Anche qua dobbiamo rivolgere un appello a quegli sprovveduti di metalmeccanici. Se siete in cassa integrazione oppure in mobilità oppure disoccupati non pagate più. E se qualcuno vi chiede il perché, voi rispondete che è "a causa della difficile situazione economica" vostra e, più in generale "della crisi finanziaria del Paese".

Ora noi, è risaputo, non siamo per nulla obiettivi. Ma per avere 180 mila euro di Iva non versata deve essere passato un po’ di tempo. Intanto l’imprenditore vendeva i suoi prodotti e incassava, appunto, l’Iva che però si guardava bene di versare, proprio "a causa della difficile situazione economica" sua ma con un occhio più generale rivolto alla "crisi finanziaria del Paese".

Insomma, un patriota. Io, ad uno così, gli darei una medaglia. E anche all’altro Fortunato.


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