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Svuota carceri. Ma è proprio così?

Saranno un migliaio i beneficiari della legge. Non saranno liberati ma posti agli arresti domiciliari. Una campagna mistificante di giornali e Tv

di Adriano Todaro - martedì 21 febbraio 2012 - 2866 letture

L’informazione, sia essa cartacea o televisiva, spesso pecca di superficialità. Questo è risaputo e la scusante è che per quanto riguarda la Tv non ci sono i tempi per approfondire mentre per il cartaceo non sempre gli argomenti trattati sono graditi dai lettori.

E così ecco che nascono gli slogan, i modi di dire inventati dai giornali, la semplificazione e, spesso, la banalità degli scritti. Pochi i giornalisti con la "schiena dritta" che tentano, prima di tutto, di capire loro per poter poi descrivere ai lettori i fatti. L’imperativo dei capiredattori è fare in fretta ed allora meglio cavalcare le paure spesso irrazionali dei cittadini, meglio l’approccio ideologico dei problemi, la mistificazione per interessi di parte.

E così nascono frasi apparentemente senza senso ma carichi di significati. Prendete, ad esempio, la frase "certezza della pena". Non significa nulla. E’ un non senso perché dal momento che è stata decisa una pena, nello stesso tempo quella pena è certa proprio perché è pena. Eppure, per anni, abbiamo sentito politici riempirsi la bocca con questa frase è così è diventata verità. D’altronde una menzogna diventa verità quando la si ripete in continuazione. Capitava di sentirla questa frase, al bar, nelle scuole, sui treni. Persone che mai si erano interessati dei detenuti e delle carceri che, improvvisamente, sbraitavano sulla necessità della "certezza della pena". Sembrava che in Italia nessuno più andasse in galera perché non c’era la "certezza della pena". E com’è, allora, che le carceri erano pieni all’inverosimile? Non era dato sapere. Contemporaneamente, però, venivano alla luce tutti i luoghi comuni sulle carceri: i detenuti stanno fin troppo bene, hanno anche la televisione di cosa si lamentano, nessuno più resta in galera, dopo pochi mesi sono liberi di delinquere ancora e amenità del genere.

Certo, qualcuno in galera, non ci andava o ci restava poco. Erano i potenti, i ricchi, i ladri con i guanti bianchi. Per loro la pena non era e non è mai certa grazie ad una legislazione permissiva con chi ruba grandi patrimoni meglio se pubblici e repressiva con i poveri cristi. I quali poveri cristi, non potendo disporre di avvocati di grande valore visti i costi, spesso erano costretti ad affidarsi a quello d’ufficio.

Ora sta venendo avanti un’altra terribile turlupinatura riassunta nella frase "svuota carceri" a proposito della legge 211/2012 approvata definitivamente da Camera e Senato. Cerchiamo di addentrarci maggiormente in questa legge per cercare di capire cosa significa realmente la legge approvata.

Svuota carceri ‒ Da come la descrivono i giornali sembra che i cancelli delle carceri resteranno aperti e migliaia e migliaia di delinquenti si riverseranno fra noi, nelle strade, nelle nostre case. Ecco che, sapientemente fomentata, la paura irrazionale, ma legittima, dei cittadini comincia ad avere il sopravvento.

Ma è così? Tutti fuori? Osserviamo i numeri. Il prossimo anno, al massimo, ci saranno un migliaio di detenuti in meno nelle carceri. Quindi mille persone fatte uscire, non di più. Oggi ci sono nelle carceri 66.973 persone per 45.688 posti-letto. Se ne togliamo mille, ne rimangono sempre più di 65 mila. Siamo, come sempre, nell’emergenza. Ecco perché è improprio definire questa legge "svuota carceri".

Come funziona ‒ E’ opportuno chiarire subito che questo migliaio di detenuti non sono messi in libertà, ma in detenzione domiciliare. Questo dovrebbero scrivere i giornali. Non liberi, dunque, per le strade ma detenuti in un altro ambiente. In pratica la legge prevede che i detenuti che hanno un residuo di pena di 18 mesi ancora da scontare, la possono scontare presso la propria abitazione o in casi particolari, ad esempio i tossicodipendenti, in strutture idonee. E si dovrebbe anche chiarire cosa significa detenzione domiciliare. Ci sono norme severissime e proibizioni altrettanto severe. Il detenuto non può avere rapporti con persone fuori dal proprio ambito familiare (se ritenuto consono), non può allontanarsi da casa, neppure per una breve passeggiata, andare a prendersi un caffè o acquistare il giornale. Se contravvengono queste norme, saltano i domiciliari e ritornano in galera con l’aggravante della tentata evasione perché di evasione si tratta a tutti gli effetti.

Ci sono poi tutta una serie di paletti che possono bloccare i domiciliari perché questo beneficio non è automatico, ma sempre soggetto alla valutazione del magistrato di sorveglianza (dovrebbero essere in 208, ce ne sono 193 per sovraintendere circa 67 mila detenuti). Se il magistrato non ritiene utilizzabile l’ipotetico domicilio del detenuto, questi resta in carcere. In pratica significa che la maggior parte dei detenuti stranieri non abbandonerà il carcere perché non hanno un domicilio idoneo, anzi spesso non hanno proprio domicilio.

Un po’ la stessa cosa accade ai tossicodipendenti. Le limitazioni per ottenere i domiciliari sono talmente severe che molti di loro hanno scelto di terminare la pena in carcere. Ci voleva molto, allora, che i giornali scrivessero queste cose e non chiamassero "indulto" o "salva carceri" questa legge?

Le tre parti della legge ‒ La legge è divisa in tre parti e la prima riguarda il ruolo delle forze dell’ordine quando fermano qualcuno in flagranza di reato. Il Pm può decidere di mandare ai domiciliari l’arrestato o se l’abitazione non è idonea, nelle camere di sicurezza di caserme dei carabinieri o polizia. Questo avviene sempre nel caso di furti in appartamento, scippi, rapina ed altri reati. I tempi di convalida dell’arresto sono dimezzati da 96 a 48 ore e sarà il Pm che si recherà in carcere o nelle camere di sicurezza ad interrogare l’arrestato. Questo per non impiegare personale di sicurezza per le traduzioni dei detenuti. Qua non è chiaro come verrà espletato il diritto alla difesa e c’è la preoccupazione che l’arrestato rimanga nelle mani di chi ha eseguito l’arresto e non di un’autorità terza, quindi con maggior rischio di violenza. Parlamentari, consiglieri regionali e garanti dei detenuti (dove esistono) potranno recarsi a ispezionare le camere di sicurezza.

La seconda parte è quella relativa agli ultimi 18 mesi da scontare e che abbiamo già visto. L’unica cosa da sottolineare è che anche prima dell’entrata di questa legge, la detenzione domiciliare era prevista dalla legge 199 del 2010. La terza parte riguarda la chiusura dei sei Opg, gli ospedali psichiatrici giudiziari (Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Aversa, Reggio Emilia, Napoli) e la nascita, in contemporanea, di piccoli presìdi. Inoltre, nella legge si dice che le persone non più pericolose, che sono ben 400 e che continuano a vivere all’interno dei manicomi giudiziari, dovranno essere affidati ai dipartimenti di salute mentale.

Situazione carceri ‒ Ripetiamo, per l’ennesima volta, che la sicurezza giustamente rivendicata dai cittadini, non si risolve mettendo in carcere le persone, ma nel non far compiere loro, una volta uscite dal carcere, altri reati. Qua entra in discussione la recidiva (nel primo semestre del 2011, la percentuale dei detenuti in misura alternativa che hanno commesso reati, è stata dello 0,46) e i dati sono molto netti: tutti i detenuti che nel loro percorso carcerario hanno lavorato, studiato, fatto volontariato, insomma hanno trovato possibilità di alternativa all’inedia carceraria difficilmente, molto difficilmente, ritornano in carcere. Coloro i quali non avendo strutture idonee, dormendo in locali sovraffollati e fatiscenti, coloro che sono restati in branda per 22 ore su 24, che non hanno avuto la possibilità di lavorare (con i tagli della finanziaria la possibilità di lavoro è diminuita sensibilmente; nel 2011 rappresentavano il 20,4% della popolazione carceraria) quelli ritorneranno in carcere. Per loro il carcere è solo scuola di violenza.

Allora niente carcere? I reati commessi vanno pagati. Dobbiamo però avere ben chiaro chi sono i detenuti, la popolazione carceraria. Sono tossicodipendenti, immigrati, marginali. I reati vanno scontati, certo, ma in condizioni di umanità e di rispetto. Se togliamo giustamente loro la libertà, non possiamo togliere loro anche la dignità perché in questo modo si va contro la Costituzione italiana e l’articolo 27 della stessa. Ma quale rieducazione quando a Poggioreale ci sono 11 persone in una cella di 9 metri quadri? A Teramo ci sono 410 detenuti invece che 240 e ben 300 soffrono di problemi psichici e di salute; a Taranto 4 detenuti in nove metri quadri; a Bari in 15 metri quadri, 30 detenuti. Ed è così per quasi tutti i 206 istituti detentivi italiani. Il 55% dei detenuti sono stranieri, il 30% tossicodipendenti. E sono ben 27 mila i detenuti in attesa di processo. Per tutto questo l’Italia, negli scorsi giorni, è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per come trattava un detenuto di Parma. Non solo non riceveva cure adeguate al suo stato di salute ma, costretto in carrozzina, non riusciva ad uscire dalla cella. A tutto ciò è necessario aggiungere che, ogni anno, vanno in prescrizione ben 180 mila processi (alla Corte europea sono pervenuti 1.580 richieste di intervento da parte di detenuti).

Senza speranza ‒ Un ragazzo di 21 anni, Alessandro Gallelli, è l’ultimo detenuto che si è suicidato in questi primi mesi del 2012. E’ avvenuto la scorsa settimana a Milano, nel carcere di San Vittore: si è impiccato con la sua felpa nella cella del reparto psichiatrico del penitenziario. Era in carcere dallo scorso ottobre. Con lui ‒ al 20 febbraio ‒ sono già 10 i suicidi nelle carceri dall’inizio dell’anno. Lo scorso anno se ne sono suicidati 66 e 186 sono stati i morti totali. E non si uccidono solo i detenuti. L’ambiente malsano, lo stress, la mancanza di personale (mancano 6.500 agenti), i turni sempre più faticosi portano alla morte anche gli agenti di polizia penitenziaria. Dal 2000 ad oggi, se ne sono ammazzati 88.

Nuove carceri ‒ Per ovviare ai problemi di sovraffollamento il governo ha promesso 11.500 nuovi posti nelle carceri. E’ il solito discorso che fanno tutti i governi e tutti i ministri della Giustizia (anche Fassino è stato ministro della Giustizia e anche lui ha promesso come del resto Castelli, Diliberto e Mastella). Sono promesse mai realizzate che servono soltanto a gettare fumo negli occhi dei cittadini. Non abbiamo bisogno di nuove carceri (con quello che ne consegue sempre, dalle speculazioni ai costi astronomici, alla mafia), ma di far funzionare meglio quelle esistenti che, ricordo, come già scritto nel passato, molte strutture sono inutilizzate o utilizzate male (sono circa 40 gli istituti non utilizzati o sottoutilizzati). Se si continuano a mandare in carcere persone a cui manca un timbro su una carta, se in carcere ci vanno i tossicodipendenti o chi ha commesso piccoli reati, le carceri si riempiranno subito e non basteranno gli 11 mila posti promessi. E’ necessario ampliare l’alternativa al carcere (in Francia non si capisce perché esistono ben 16 tipi di alternativa al carcere e nessuno si scandalizza), dare speranza di riabilitazione a chi vive questa terribile esperienza, finalizzare la loro carcerazione alla riabilitazione così come impone la Costituzione.

Solo così in carcere ci andranno soltanto coloro che debbono andarci per i reati che hanno commesso. Ma anche loro debbono avere la speranza di poter uscire, una volta scontata la pena, come uomini e non come appartenenti ad una discarica sociale.

VERDI
Aida, La Traviata, Il Nabucco. Intrecci, suggestioni e retroscena.
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