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Nucleare e l’aiutino di Napolitano

Il presidente della Repubblica firma subito la norma truffaldina che sposta il referendum sul nucleare. Ancora una volta una stampella per lo strampalato governo Berlusconi

di Adriano Todaro - martedì 31 maggio 2011 - 2993 letture

Le agenzie di stampa, il giorno 24 maggio scorso, battono la seguente notizia: “Il decreto legge Omnibus è stato promulgato oggi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Lo riferiscono fonti istituzionali. Il provvedimento contiene l’abrogazione delle norme sulla costruzione delle centrali nucleari. Era stato approvato ieri dalla Camera”.

Il presidente Giorgio Napolitano, dunque, ha firmato un decreto legge, quello chiamato Omnibus, perché “non sono stati riscontrati palesi motivi di illegittimità incostituzionale”. Nello stesso tempo, Napolitano ha “avvertito” il governo: basta con i maxiemendamenti e le fiducie perché così, sottolinea Napolitano, si comprime il ruolo del Parlamento.

Un avvertimento che lascia il tempo che trova perché il governo era stato già “avvertito” nel passato senza risultato. Anzi, era andato avanti a colpi di fiducia ignorando sprezzantemente i “desiderata costituzionali” del presidente della Repubblica.

Il decreto legge Omnibus è stato approvato da 313 deputati, contrari 291, due astenuti. Negli otto articoli che lo compongono, ci sono tutta una serie di norme che vanno da un piano straordinario per Pompei all’aumento del fondo unico per lo spettacolo passando per la revisioni dei limiti agli incroci tra stampa e Tv e l’ampliamento dell’intervento della Cassa depositi e prestiti.

La norma, però, più interessante è quella che riguarda il nucleare e il relativo referendum che si dovrebbe esplicitare il 12 e 13 giugno prossimo. E’ una norma truffaldina che serve solo a scippare agli italiani la possibilità di potersi esprimere democraticamente. Una norma sprezzante nei confronti degli elettori al punto che bellamente, il presidente del Consiglio, senza neppure un minimo di vergogna, giustifica la scelta del governo perché “la gente era contraria, fare il referendum adesso avrebbe significato eliminare per sempre la scelta del nucleare”.

Quindi è solo una moratoria, il tentativo furbesco per depotenziare il referendum nella speranza che gli italiani che già subiscono il silenzio stampa, si convincano che è inutile andare alle urne, vanificando, di fatto, anche gli altri tre quesiti referendari.

Il governo non ha voluto, per paura, accorpare i referendum alle amministrative bruciando così ben 350 milioni di euro, soldi che, in periodi di magra, è immorale spendere. Non solo. I ministri Tremonti e Ronchi hanno cercato di far credere che il referendum sull’acqua era inutile farlo perché era l’Europa che indicava la privatizzazione. Altro falso colossale. Pochi giorni dopo, i due bari, erano stati smentiti dalla Corte costituzionale che aveva dato il disco verde ai referendum, anche i due sull’acqua.

Se tutto ciò è il prologo, la cornice in cui si svolge la vicenda del decreto legge Omnibus, ciò che avviene dopo dà il senso a quale grado di aberrazione costituzionale si è arrivati.

L’articolo 73 della nostra Costituzione, quella che Berlusconi considera “sovietica”, recita: “Le leggi sono promulgate dal presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso”.

Quindi, in prima battuta, il presidente del Consiglio ha 30 giorni per studiare se quella legge, se quel decreto è costituzionale o no. Osserviamo le date. Il governo approva il decreto il 23 maggio e, al massimo, lo stesso deve essere promulgato entro il 23 giugno. Quindi se il presidente della Repubblica avesse tardato a firmare, il referendum sul nucleare si sarebbe fatto con sicurezza evitando così lo scippo truffaldino.

Il secondo comma dell’articolo 73 afferma, però, che se le Camere ne dichiarano l’urgenza, ”la legge è promulgata nel termine da essa stabilito”. C’era l’urgenza per il decreto legge Omnibus? Su questo il presidente della Repubblica poteva disquisire e inviare un messaggio “motivato alle Camere” come chiarisce l’articolo 74. Inoltre, le leggi entrano in vigore “il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione”.

Tenendo conto che il 12 giugno è fissata la data dei referendum bastava che Napolitano studiasse maggiormente il decreto e non ci sarebbero stati problemi allo svolgimento di un diritto costituzionale, quello di poter andare a votare anche sul nucleare.

Napolitano, invece, firma e firma subito. Un’antica consuetudine di questo vecchio comunista migliorista che ha posto la sua firma su tutte le porcherie che il governo ha proposto. Non poteva fare altro? Ho già avuto modo, in un precedente articolo, di dissentire fortemente su questa vulgata. Ripeto che la nomina a presidente della Repubblica non è una condanna a vita. Se una legge fa schifo, il presidente non deve firmarla. Certo dopo sarà costretto a dimettersi, ma intanto avrà dato un segnale forte al governo e al Paese.

Invece firma, spesso non attendendo neppure i 30 giorni. Firma subito anche ciò che poi la Corte costituzionale giudica incostituzionale come il Lodo Alfano e, per questo, è criticato anche da un ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Firma lo scudo fiscale che non è altro che un modo per riciclare legalmente denaro sporco. Firma la riammissione delle liste Pdl in Lazio e in Lombardia pur in presenza di irregolarità. Firma la legge sul legittimo impedimento, quella che raddoppia l’Iva a Sky, firma la legge che salva Pollari e i due pacchetti sulla sicurezza del ministro dell’Interno Maroni che contengono norme contro i rom e contro gli immigrati. E firma anche il decreto Gelmini . E fra una firma e l’altra trova anche il tempo di nominare nuovi cavalieri del lavoro come quel Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie indagato per la strage di Viareggio del 30 giugno del 2009 dove morirono 32 persone. E in più c’è la guerra in Libia giudicata dal presidente Napolitano “costituzionale” in barba all’articolo 11 della Costituzione e tanto altro.

In realtà Napolitano è congeniale a questo governo perché non si può dimenticare la formazione di questo personaggio, la sua cultura, la sua grande capacità, all’interno del Pci, di fare opposizione senza mai rompere, però, definitivamente. Non si può dimenticare quando, nel 1994, in nome del Pds, pronuncia la dichiarazione di voto di fiducia del governo Berlusconi. Ha un atteggiamento talmente mieloso nei confronti del piazzista di Arcore che, alla fine del discorso, lo stesso Berlusconi va a congratularsi con lui per l’intervento appena pronunciato.

Napolitano è stato l’uomo che più di ogni altro ha lavorato per l’unificazione con il Psi di Bettino Craxi, l’uomo che ha osteggiato tutto il discorso sulla “moralità” di Berlinguer, che riteneva giusto tagliare la scala mobile ai lavoratori ma che rompe, con Craxi, quando questi durante il processo Cusani, nel 1993, in piena Tangentopoli, lo accusa di essere perfettamente a conoscenza del “grande traffico” che avviene fra comunisti italiani e sovietici. E sarà la sentenza a dichiarare che le tangenti per la metropolitana di Milano andavano “alla corrente migliorista che a livello nazionale fa capo a Giorgio Napolitano”.

A Milano, quella corrente aveva prodotto il settimanale Il Migliorista, giornale poco venduto ma che, stranamente, portava pagine e pagine di pubblicità dell’allora Fininvest. E non dimentichiamoci neppure che Napolitano è stato il primo ministro dell’Interno comunista. Da lui ci si aspettava l’apertura degli armadi della vergogna, gli armati dove si custodivano i segreti della nostra storia. Forse non avrà trovato la chiave perché quegli armadi sono restati ben chiusi come lo sono ancora oggi con il leghista Maroni. E non dimentichiamo che nel luglio 1988, come ministro dell’Interno propone e istituisce, di concerto con la sua collega Livia Turco, quella che prende il nome di legge Turco-Napolitano, la legge che istituisce i Cpt, i centri di permanenza temporanea per gli immigrati. Inoltre, sempre come ministro dell’Interno, si era lasciato scappare Licio Gelli proprio nel giorno di una sentenza che lo condannava per depistaggio e strage.

Questo è il presidente Giorgio Napolitano. Oggi, in un mondo di nani politici, è l’unico che si erge a “garante della Costituzione”. Sta diventando sempre più un “santino”, una “icona”. Su di lui si riversano tutte le aspettative democratiche.

Per tornare al referendum sul nucleare, ora c’è un’unica possibilità, quella della Corte costituzionale che si riunirà in questi giorni, subito dopo i ballottaggi amministrativi. Se essa ammetterà il referendum, gli italiani avranno ancora una possibilità di dimostrare di non essere succubi delle ideologie delle privatizzazioni, di esprimersi contro le dannose e inutili grandi opere, di dimostrare di essere un popolo dignitoso che ragiona con la propria testa e non con quella del venditore di tappeti Silvio Berlusconi.

Certo, in questo Napolitano ha remato contro. Ha offerto a Berlusconi una stampella per poter continuare a governare questo Paese. Ancora una volta, gli ha dato un aiuto sostanzioso e “costituzionale”.


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