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Miserie giornalistiche

Reintegrato fra i giornalisti l’agente "Betulla". A quando un corso tenuto da Farina sulla deontologia giornalistica?

di Adriano Todaro - venerdì 5 settembre 2014 - 3909 letture

Tutto è bene quel che finisce bene. L’antico adagio calza perfettamente con quello che è avvenuto, il 3 settembre scorso, nei confronti di Renato Farina, lo spione dei servizi con il nome in codice di "Betulla". Renato Farina è stato reintegrato nell’Albo dei giornalisti, grazie ad una decisione unanime dei membri del Consiglio dell’Ordine della Lombardia.

D’altronde perché meravigliarsi? Se un condannato definitivo, un delinquente abituale, pregiudicato per frode fiscale e interdetto dai pubblici uffici come Silvio Berlusconi viene ricevuto in sedi istituzionali e, assieme ad un altro inquisito come Verdini, riscrive la Costituzione italiana, perché mai il signor "Betulla" non potrebbe ritornare a fare il giornalista?

In realtà l’ha sempre fatto, anche se era stato radiato dall’Ordine nel 2006. La vicenda di Farina è una delle tante degenerazioni del giornalismo italiano. Una vicenda illuminante che dimostra ampiamente come il giornalismo italiano sia pieno di contraddizioni. Se sei un poveraccio, magari giovane, che scrivi per 3 euro ad articolo devi stare molto attento a quel che scrivi perché non hai la copertura di nessuno e potresti trovarti con una querela terribilmente onerosa. Se, invece, fai parte della solita compagnia di giro, se hai amici potenti e importanti, comunque vada, te la caverai sempre e non sarai mai disoccupato, anche se continui a fare disastri.

Farina, poi, era amico addirittura di Berlusconi ed è stato suo parlamentare. Quando scoppia lo scandalo, "Betulla" confessa di aver ricevuto almeno 30 mila euro per fornire informazioni, spiare colleghi, pubblicare dossier-bufala, screditare personaggi come Romano Prodi accusato di aver autorizzato, come presidente della Commissione europea, i rapimenti illegali della Cia in tutta Europa. Il tutto con la regia del Sismi (Servizio informazioni militari).

Farina, in quel momento, è vicedirettore di Libero. Dalla sua privilegiata poltrona viene a sapere molte cose sia dal suo cronista Claudio Antonelli che da Gad Lerner che aveva, sciaguratamente, scelto Farina quale consulente per l’ "Infedele" su La7. E appena è a conoscenza di qualche notizia, si premura di correre da Pio Pompa (Sismi) per raccontare tutto. Il 17 febbraio 2003, la Cia e il Sismi sequestrano a Milano l’iman Abu Omar. Lo portano prima nella base di Aviano, poi in Egitto dove, per sette mesi, viene torturato. Pio Pompa e il generale Niccolò Pollari attivano l’agente "Betulla" per depistare le indagini e per scoprire cosa sa la Procura di Milano del rapimento. Farina intervista i magistrati Armando Spataro e Ferdinando Pomarici nella speranza di carpire loro informazioni.

I magistrati stanno al gioco perché da tempo stanno intercettando Pompa e gli vendono un po’ di fumo, notizie senza fondamento sino a quando il giornalista viene indagato per favoreggiamento nel sequestro. Lui si difende definendosi un combattente in difesa della "civiltà ebraico-cristiana". Uno così dovrebbe essere cacciato a calci nel sedere. Ma siamo in Italia e ai potenti si perdona tutto. Il direttore del suo giornale, Vittorio Feltri, continua a farlo scrivere mentre Giuliano Ferrara, informatore della Cia alla metà degli Anni 80, dichiara che se dovessero licenziare Farina, lui è pronto ad assumerlo.

Ma la "Betulla" non ha di questi problemi. Continua a scrivere balle e a infangare le persone. Andate a rileggervi le cronache sulle volontarie Simona Pari e Simona Torretta definite le "Vispe Terese", oppure sulla giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, rapita "dai suoi amici terroristi", fiancheggiatrice dei tagliagole iracheni.

Ma il diapason, Farina lo raggiunge quando viene sequestrato e assassinato il giornalista Enzo Baldoni, proprio 10 anni or sono, dall’Esercito islamico iracheno. Farina scrive che esiste un video e denigra il giornalista del Diario dandogli del "pirla". Il titolo di un articolo su di lui è "Vacanze intelligenti". L’Ansa dà notizia della sua morte alle ore 23,30 del 26 agosto 2004. All’1,30 l’agenzia afferma che c’è stata una colluttazione conclusasi con la morte di Baldoni. Il Sismi, conferma. L’indomani, nel pomeriggio, la bufala si sgonfia per opera del ministro degli Esteri Franco Frattini: non c’è stata nessuna colluttazione, non c’è nessun video, ma solo un singolo fotogramma. Ineffabile Farina descrive la morte di Baldoni come se fosse presente, minuto per minuto: "Verso le 18 di giovedì, alla scadenza dell’ultimatum, Enzo viene bendato... Baldoni si strappa la benda, getta la Kefiah palestinese che gli avevano messo addosso. E si batte... Mentre Enzo si contorce e grida, gli sparano alla schiena, alla testa".

Lo spione non ha visto nulla, ovviamente. Ma intanto mette in risalto l’efficienza del Sismi che era ad un passo da liberare Baldoni ma siccome il giornalista rapito era "un pirlacchione", tutto è stato vano.

Ecco, il personaggio è questo. Ora è stato reintegrato fra i professionisti. (L’Ordine di Milano lo aveva sospeso per 12 mesi; la Procura generale di Milano voleva la radiazione. Lui si dimette dall’Ordine prima della radiazione e ricorre in Cassazione che gli darà ragione: non poteva essere radiato in quanto dimissionario). A leggere questa notizia me ne viene in mente un’altra, quella che da quest’anno, tutti i giornalisti italiani sono obbligati alla Formazione continua e debbono frequentare corsi di aggiornamento.

La deontologia è cosa buona e giusta. Ed anche indispensabile quando si svolge un certo tipo di lavoro. E così l’Ordine dei giornalisti ha reso obbligatorio la cosiddetta Formazione professionale continua per i propri iscritti. In pratica, i giornalisti debbono produrre, diciamo così, 60 crediti nel giro di tre anni. Crediti che vengono assegnati solo se i giornalisti partecipano a corsi, appunto, di formazione. Fra questi crediti, quindici debbono, obbligatoriamente, essere su temi deontologici.

Tutti sono obbligati a frequentare questi corsi, anche se sono pensionati. I corsi sono in gran parte gratuiti ma siccome siamo nel Bel Paese, ecco che si sono inseriti subito istituti privati che, con il benestare dell’Ordine, organizzano corsi di formazione e rilasciano i crediti. A pagamento, ovviamente. Ora prendete sempre quel giovane a cui vengono pagati 3 euro ad articolo. In quelle tre euro lui si deve pagare il telefono, la benzina, insomma tutte le spese per adempiere il proprio diritto-dovere. Se guardo il sito dell’Ordine di Milano vedo che ci sono corsi interessantissimi ad esempio quello su "Strumenti digitali per il videogiornalismo. Laboratorio pratico di ideazione, ripresa e montaggio di un’intervista".

Il giovane giornalista sarebbe interessato a frequentare il suddetto corso anche perché a lui ormai, gli fanno fare tutto, dall’intervista alla ripresa. Il costo, per 8 ore, 500 euro. Non c’è qualcosa di meno caro? Certo. Ad esempio c’è un corso sul "Data Journalism" (200 euro) oppure su "Smart social media", altri 200 euro.

I corsi dovrà frequentarli anche Renato Farina, obbligatoriamente, pena la sospensione dall’Ordine. Ma più che seguire i corsi Farina dovrebbe essere il docente della Formazione professionale continua. Chi meglio di lui potrebbe insegnare, soprattutto ai giovani, la deontologia, spiegare le varie "Carte" a cui i giornalisti italiani debbono fare riferimento?

Tenendo conto che Farina è nato a Desio, nell’inutile provincia di Monza e Brianza, dove io stesso risiedo, non vorrei proprio averlo come compagno di banco quando m’iscriverò al corso di deontologia professionale. Sarebbe veramente troppo.


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