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Lele Mora: un eroe del nostro tempo

Nell’ultimo giorno dell’anno appena trascorso, altri morti nelle carceri. Nel 2011, sono stati 66 i suicidi e 186 i morti per diversi motivi. Il "Corriere", però, s’interessa di Lele Mora e della "tortura" che sta subendo

di Adriano Todaro - martedì 10 gennaio 2012 - 2729 letture

Fine anno tragico per i detenuti, soprattutto per alcuni che si sono tolti la vita o hanno tentato di togliersela. Il 31 dicembre, Gregorio Durante, 33 anni, di Nardò (Lecce) è stato trovato nella sua cella del carcere di Trani privo di vita. Per questa morte sono stati emessi 14 avvisi di garanzia (13 medici ed il direttore del penitenziario).

La vicenda di questo detenuto ricorda altre morti misteriose che avvengono nelle carceri italiane e che abbiamo puntualmente denunciato in Girodivite. La mamma del giovane detenuto, la moglie, lo zio, il suo avvocato, per giorni hanno provato a spiegare in tutti i modi ai vertici del carcere di Trani, che Gregorio doveva essere curato immediatamente, che non potevano tenerlo in carcere senza cure.

I medici, però, lo consideravano un simulatore. Eppure dal 17 dicembre scorso, Gregorio non rispondeva più agli stimoli esterni. Il 31 dicembre, nelle prime ore dell’alba, viene trovato cadavere nella cella dove vive da solo, una cella senza suppellettili, solo con una branda, la cella n. 5.

Nei giorni precedenti Gregorio si era beccato la sanzione disciplinare e quindi messo in isolamento proprio perché considerato simulatore. I familiari quando lo vanno a trovare vedono sui suoi polsi segni inequivocabili di cinghie utilizzate per tenerlo immobile. Era su una sedia a rotelle e, come racconta la madre Ornella, "aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva persino la pipì addosso".

Era in attesa di giudizio, invece, un romeno di 37 anni che si è ammazzato poche ore prima della fine dell’anno, nel carcere delle Vallette di Torino impiccandosi con un lenzuolo. In provincia di Pavia, nel carcere di Vigevano, un detenuto italiano ha tentato di togliersi la vita ma l’agente di sorveglianza si è accorto ed è riuscito a salvarlo. La stessa cosa che è avvenuta nel carcere di Vasto (Chieti). Protagonista un tunisino di 25 anni che, con una lametta, ha tentato di tagliarsi le vene dei polsi.

E poi a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) dove un internato è morto dopo che per ben 14 volte si era visto prorogare la misura di sicurezza. L’internato viveva con la bombola di ossigeno attaccata perennemente per poter respirare. Era così pericoloso da tenerlo internato? Gli Ospedali psichiatrici giudiziari sono ancora peggio, se possibile, del carcere. Ci vivono 1.500 persone. Molti di loro sono "dimenticati" in queste strutture fatiscenti che non dovrebbero esistere e che il presidente Napolitano li giudica di "estremo orrore".

Sono suicidi o tentativi di suicidi "normali". Avvengono in continuazione nelle carceri italiane, ma s’intensificano a ridosso delle festività, quando il carcere, l’isolamento, la lontananza dalla famiglia si fa più sentire. Un carcere dove la dignità delle persone è abolita per decreto e dove la speranza di un futuro diverso è morta. In tutto il 2011 ci sono stati 66 suicidi e 186 sono stati le morti in carcere. Come sono morti? Probabilmente non lo sapremo mai. Sono morti e basta. Sono morti ‒ così pensano "gli altri", gli "onesti" ‒ dei delinquenti e, quindi, perché interessarsi di loro con tutti i grossi problemi che abbiano noi?

Ma se non riusciamo ad esigere dallo Stato la salvaguardia delle persone a lui consegnate, non riusciremo mai a creare una democrazia compiuta perché è proprio dando dignità a queste persone che potremo esigere la giusta pena, che potremo ricondurre queste persone ad un percorso di legalità così come ci dice l’articolo 27 della nostra bistrattata Costituzione.

Le carceri sono sempre più un girone dantesco dove non esiste legge, dove le regole vengono piegate sempre dal più forte, dove i detenuti ricchi possono vivere meglio, anche se ristretti, dove chi non ha potere, in carcere ne ha ancora meno. Da tempo denunciamo che il sovraffollamento è una delle cause delle molte morti in carcere (a Trani, ad esempio, dove è morto Gregorio Durante, ci sono 233 letti disponibili ed invece ci sono 439 reclusi). Eppure, nonostante le denunce di pochi giornali, gli scioperi della fame dei soliti radicali, i comunicati di coloro che lavorano nelle carceri, dei volontari, il resto è solo silenzio, indifferenza sia per le morti dei detenuti e sia, come già scritto altre volte, per i suicidi degli appartenenti alla Polizia penitenziaria. I nostri deputati sono tutti presi a difendere i loro stipendi e a criticare i blitz degli ispettori del fisco a Cortina. Si ergono a difesa di quattro mummie che passeggiano con cani in visone, che scorazzano sui Suv o sulle Ferrari ma non dei detenuti che in realtà non contano nulla visto che la maggioranza di loro non vota.

Attenzione, però che non sempre è così. Quando viene beccato uno di loro, allora, improvvisamente, si interessano delle carceri e cominciano a piangere, a denunciare il sovraffollamento, ci descrivono le sevizie psicologiche che il loro simile sta subendo all’interno della cella, magari costretto a dormire assieme ad altri cinque, qualche marocchino, un paio di tunisini, un drogato.

E se sotto un certo aspetto è capibile che lo facciano i deputati (fra le lobby ci si difende sempre) molto meno lo è per certi quotidiani di grande tiratura. La vicenda di Lele Mora è emblematica nella sua chiarezza. L’ex manager delle dive e dei divi, è in galera e addirittura il Corriere della Sera si scomoda per farci conoscere le vicissitudini di questo campione italiano, un vero eroe del nostro tempo.

E non lo fa attraverso la penna di un qualunque cronista, no. Impegna uno dei vice direttori, tal Gianluigi Battista, il quale ci fa conoscere, attraverso la vicenda di Mora, i drammi che si vivono nelle carceri. Secondo questo paladino garantista, Mora sta scontando questo calvario perché "antipatico", un soggetto, Mora, "eticamente discutibile ed esteticamente impresentabile, il flaccido malfattore (presunto)". Mora, dice Battista, ha perduto molti chili, soffre, sta male ma - sempre secondo il Corriere - "non bisogna ammalarsi come Mora (colpevole o innocente che sia) per comprendere che il carcere preventivo prolungato può essere una tortura".

Bene. Finalmente anche il Corriere ha scoperto che i detenuti che sono in carcere prima della sentenza subiscono una tortura. Ma lo sanno al Corriere che circa la metà dei detenuti nelle carceri sono in attesa di sentenza? Come mai se ne accorgono solo quando in galera c’è uno come Lele Mora che sarà pure "antipatico" (a me lo è davvero considerato che la suoneria del suo cellulare produce inni fascisti), ma non è in galera perché è antipatico o per Faccetta nera. In galera c’è perché ha patteggiato 4 anni e tre mesi per bancarotta fraudolenta, e oltre a non pagare le tasse è imputato anche di sfruttamento della prostituzione e pregiudicato per spaccio di droga e altri reati.

Anche Alfonso Papa, l’ex magistrato che è stato portato in galera ed ora è sotto accusa per la P4, assieme alla radicale Annalisa Chirico, è andato a trovare Lele Mora nel carcere di Opera. Ai giornalisti ha dichiarato che "Lele Mora è irriconoscibile. Ha la barba lunga, non riesce a stare in piedi da solo, ha perso 35 chili. Ma mi ha detto che Silvio Berlusconi gli è stato e gli è vicino".

Chi conosce il carcere, coloro che in un modo o nell’altro hanno avuto contatti con questo disumano ambiente, vuoi come volontari o come detenuti o come personale che lavora in quegli istituti, mai augurerà ad un proprio simile di finire in carcere. In genere, del carcere, se ne disinteressano tutti fino a quando in carcere ci si finisce. Ecco allora le lamentele ma anche, in molti casi, la decisione di lavorare per migliorare le condizioni dei detenuti. E’ avvenuto al tempo di Tangentopoli e molti di coloro che improvvisamente erano finiti in carcere, dopo hanno cominciato a lavorare nel volontariato. Questa è buona cosa. La cosa invece non tollerabile è la malafede, l’ipocrisia di certi personaggi che si accorgono solo quando sono loro ad essere colpiti di come si viva male in carcere, come non ci siano diritti, dove non si vede la possibilità di uscire, di ricostruirsi una vita. Intollerabile è che certi giornali prendano le difese di qualche squallido vip in galera e non quella degli altri detenuti, quelli senza potere, magari stranieri.

Chissà se riusciremo mai a sapere come è morto Gregorio Durante. E, soprattutto, perché è morto. Di lui e degli altri 66 che si sono tolti la vita. Anche Lele Mora ha tentato di farlo mettendosi un cerotto sulla bocca e uno sul naso. E’ stato salvato e ne siamo contenti. Ma Gregorio Durante è stato considerato un simulatore e non è stato curato. E Lele Mora? Vuole il Corriere, Alfonso Papa e compagnia bella spiegare a tutti noi come considerano Mora? Che comunque sente vicino Silvio Berlusconi.

Gregorio Durante e il detenuto romeno sono morti l’ultimo giorno dell’anno nel completo abbandono, da soli, in una cella disadorna. Vicino a loro nessuno, neppure i pensieri di Berlusconi e gli articoli pietosi del Corriere della Sera.


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