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Caso Uva: ucciso per una relazione amorosa?

A Varese in tanti sapevano del rapporto esistente fra Giuseppe Uva e la moglie di un carabiniere. Restano aperti i numerosi interrogativi di questa incredibile vicenda di abusi

di Adriano Todaro - mercoledì 7 aprile 2010 - 12348 letture

Com’è morto e perché è morto Giuseppe Uva? Abbiamo scritto del pestaggio subìto in caserma, del ricovero in ospedale, delle macchie di sangue, del corpo senza slip. Ora, secondo un articolo di Repubblica, Uva sarebbe morto perché aveva avuto una relazione con la moglie di un carabiniere. Una tesi, questa, sostenuta dalla sorella di Giuseppe e da tre testimoni. Quindi, un vecchio episodio di corna avvenuto fra il settembre 2007 e gennaio 2008.

Tutto riconducibile alle italiche corna? Sembra di essere sul set di “Signore e signori” di Pietro Germi, il film del 1965 che raccontava tre storie di corna nella cattolicissima Treviso. Era appunto il 1965, oggi siamo nel 2010 non in Veneto, ma nella leghista Varese. Vediamo, comunque, di seguire i passaggi di questa incredibile vicenda e i numerosi interrogativi che rimangono ancora sospesi.

Secondo le testimonianze, Giuseppe Uva ha avuto una relazione con la moglie di un carabiniere e lo ha raccontato in giro. Molti sanno di questa relazione e c’è una “pressione” da parte dei carabinieri nei confronti di Giuseppe e dei suoi amici. L’amico Alberto Biggiogero, che era con lui nella notte fra il 13 e il 14 giugno 2008, racconta che spesso i carabinieri li fermavano e dopo Pino esclamava “Prima o poi devo morire”. Era solo una preoccupazione la sua o aveva avuto delle minacce?

La notte fra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe e Alberto sono assieme. Sono stati in diversi bar, sono un po’ alticci e fanno una bravata: prendono delle transenne e bloccano una strada. Arrivano i carabinieri. Uno di loro grida rivolto a Uva. “Uva, proprio te cercavo questa notte, questa non te la faccio passare liscia, te le faccio pagare”.

Alberto Biggiogero dice tutto questo in una denuncia fatta il giorno dopo, il 15 giugno 2008. Denuncia anche che Uva è inseguito, buttato a terra, pestato. Poi sono portati nella caserma di via Saffi. Non ci sono solo i carabinieri. Stranamente sono intervenuti due volanti della polizia: in tutto sono sei persone che portato i due amici in caserma e ci restano sino alle 5 del mattino quando Uva sarà accompagnato in ospedale. Perché? Perché due volanti della polizia invece di pattugliare le strade di Varese data la cronica carenza di vigilanza, passano ore all’interno di una caserma di carabinieri per un episodio, tutto sommato, banale? Ed ancora: non è strano che Biggiogero non sia mai stato interrogato?

In realtà non sono mai stati interrogati neppure i sei agenti (poliziotti e carabinieri), ma solo il commissario capo Gianluca Dalfino, che all’epoca dirigeva le volanti. E cosa risponde il commissario capo? Risponde al Pm che “non ho ritenuto di chiedere spiegazioni al capoturno del perché tutti e tre gli equipaggi fossero lì”.

Una risposta degna dei tempi che attraversiamo. Nella denuncia di Biggiogero si descrive minuziosamente cosa è successo in caserma, le grida di aiuto di Uva che sentiva nella stanza dove l’avevano confinato guardato a vista, delle minacce ricevute e le telefonate che era riuscito a fare al 118 – intervento rifiutato dai carabinieri perché descritto come episodio di autolesionismo – e a suo padre. E anche qui ancora domande: perché se Uva si autolesionava non hanno accettato subito l’intervento del 118 invece che aspettare le 5 del mattino? Chi era quel personaggio con impermeabile e valigetta chiamato “dottore” che era apparso durante la notte in caserma?

Ora i familiari di Giuseppe Uva hanno chiesto la riesumazione della salma e un’altra autopsia. Ed ancora le domande incalzano: il posto di polizia dell’ospedale dove è stato ricoverato Giuseppe Uva lamenta di “non avere avuto la scheda con la ricezione da parte dell’obitorio del cadavere”. E il dirigente scrive che ha potuto visionare “molto frettolosamente la salma, perché l’istituto chiudeva alle 12”. Un problema solo di orari? Burocratico? Ma lo stesso dirigente individua nella salma di Uva “naso con ecchimosi, così per il collo fino dorso, di cui non viene fatta menzione nel verbale medico di accettazione”. E’ la stessa cosa che vede la sorella di Giuseppe Uva e che abbiamo descritto nel precedente articolo: “Il corpo senza slip, i pantaloni con macchie rosse, tracce di sangue dall’ano”.

Tutto questo per delle transenne spostate? Tre macchine delle forze dell’ordine e sei agenti mobilitati solo per un fatto di corna? Intanto il fascicolo d’indagine è aperto sempre “contro ignoti”.


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