Carceri: solo e abbandonato come un "cane nero"

Sciopero della fame di un ergastolano che si dichiara innocente. E’ nero, spacciava droga e, secondo il tribunale, ha ucciso. Di lui non si preoccupa nessuno
Il 4 luglio 2013, Roverto Corbetera, detenuto dominicano con doppia cittadinanza statunitense, ha iniziato lo sciopero della fame e della sete dal carcere di Padova dove è rinchiuso.
Corbetera è stato condannato per l’omicidio di un cittadino del Marocco per una questione di droga. Secondo l’accusa, l’uomo ucciso doveva 30 euro a Roverto Corbetera. In primo grado era stato condannato a 24 anni; in appello all’ergastolo.
Il carcere di Padova è sovraffollato come tutte le carceri del nostro Paese (450 posti disponibili per 900 detenuti ). Eppure in questo carcere c’è un settore di grande importanza per l’inserimento e, come dice l’articolo 27 della Costituzione, per la "rieducazione" del detenuto. Si tratta della redazione di Ristretti Orizzonti, il periodico fatto dai detenuti di questo carcere. Sono anni che questo giornale, con i volontari esterni, con la direttrice Ornella Favaro lavorano, spesso con grande fatica, ovviamente, ma anche con grandi risultati, per dimostrare che ai detenuti è necessario dare loro gli strumenti per affrancarsi dal mondo malavitoso. Non si contano più ormai i convegni, i dibattiti, spesso alla presenza di magistrati e operatori sociali, che hanno per tema detenuti e carcere. Non si contano più gli incontri con le scuole, fatti in carcere e, quando è possibile, nelle scuole con la presenza di alcuni detenuti che possono, per qualche ora uscire dall’istituto carcerario. E i libri, appunto su questi incontri ed anche su tante altre tematiche carcerarie. Uno per tutti, bellissimo, uscito nel 2010, "Spezzare la catena del male" e senza dimenticare "La pena raccontata ai ragazzi" del 2007.
Sono momenti indispensabili alla crescita e alla assunzione delle responsabilità non solo dei detenuti. Rappresentano anche la scoperta di un mondo "ristretto" dove c’è sì tanta sofferenza ma anche tanta umanità. Il gruppo di Ristretti Orizzonti è riuscito a far entrare nel carcere anche le vittime delle violenze, metterli in contatto con i detenuti e discutere, parlare di cosa significa essere vittima, dialogare con chi ha causato il danno, capire la sofferenza per poi faticosamente camminare assieme, vittime e persecutori per, come dice appunto il libro, "spezzare la catena del male".
Ebbene, Roverto Corbetera "lavorava" nella redazione del giornale ma dal 4 luglio ci va raramente perché le forze lo stanno abbandonando. Quando ha cominciato lo sciopero dalla fame, pesava 82 chilogrammi; al quindicesimo giorno, 73,70 chili. Quando un detenuto non si fa più vedere in redazione significa che è intervenuto un fatto grave. E qua il fatto grave è che quando fai lo sciopero della fame, ti passa la voglia di fare qualsiasi cosa.
Il dominicano-americano si proclama innocente e chiede la revisione del processo. Dall’esterno, la vulgata popolare crede che nelle carceri tutti si dichiarino innocenti. Chi frequenta il carcere, perché ci lavora o perché è volontario, sa che non è così. Quasi nessuno si dichiara innocente, vittima di errori giudiziari. Pochissimi lo fanno e Roverto è uno di questi. Anzi proprio negli incontri con le scuole, i detenuti si assumono le loro responsabilità e, come afferma la brava Ornella Favaro, "lo fanno davanti a centinaia di studenti e ascoltano le loro testimonianze. Dunque se una persona lì dentro dice di essere innocente, non è una fra tanti che non hanno voglia di sentirsi responsabili e se quella persona è disponibile a mettere a rischio la sua vita per dimostrarlo, noi pensiamo che quella persona sia particolarmente degna di attenzione".
Roverto continua a non mangiare, a non bere. Ormai è magrissimo, debole, stanco. Ma consapevole che nelle istituzioni totali com’è il carcere, spesso per farsi ascoltare è necessario mettere in atto atti clamorosi. Dopo 18 giorni di sciopero, Roverto ha scritto sul proprio diario: "Oggi non mi ha visitato nessuno e mi sento abbandonato come un cane nero". E il giorno seguente: "La guardia mi ha riferito che l’educatrice gli ha chiesto perché stavo facendo lo sciopero della fame. Ed anche questa la dice lunga sul menefreghismo dell’Area educativa".
Solo, dunque, e abbandonato come un "cane nero". Anche Roverto è nero e spacciava droga, quindi deve essere colpevole. Non ci crede affatto un altro ergastolano che frequenta la redazione del giornale dei detenuti di Padova, Carmelo Musumeci. Anche lui è un ergastolano (in Italia ce ne sono 1.581), non si dichiara innocente e in carcere si è laureato in Giurisprudenza. Da anni Musumeci si batte contro l’ergastolo ostativo, quella ulteriore forma di ergastolo che non dà la possibilità di uscire dopo 26 anni, salvo collaborare con la giustizia magari facendo i nomi dei complici. Ergastolo ostativo significa "fine pena mai", significa non credere alla possibilità di "rieducare" una persona, significa togliere ogni speranza al condannato. Una condizione, quello dell’ergastolo ostativo, sotto osservazione da parte della Corte europea dei diritti umani che non ritiene legittimo l’ergastolo senza possibilità di revisione.
Musumeci afferma di conoscere molto bene "la differenza fra la verità vera e quella processuale. Roverto preferisce morire da innocente che vivere da colpevole e ha deciso di dimostrare la sua innocenza con la vita, perché è l’unica cosa che gli è rimasta".
Ovviamente non sappiamo come andrà a finire questa vicenda e se Roverto è innocente. Una vicenda che al centro ha però la vita di un essere umano. Una considerazione, nondimeno, la dobbiamo fare. Il Paese, il nostro Paese, è bloccato da tempo sulle malefatte di Silvio Berlusconi, un delinquente condannato definitivamente. Per non farlo andare in galera, per non togliergli la poltrona da senatore, per permettergli di continuare ad evadere, fare leggi a suo uso e consumo, si muovono tutti. E, addirittura, il presidente Giorgio Napolitano.
Per Roverto nessuno. Solo e abbandonato come un "cane nero". Non conta nulla. Ha anche la pelle nera e spacciava droga. Meglio che resti in carcere e muoia dopo aver gridato la propria innocenza.
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