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Capitano Inciucione

Napolitano non si dimette e s’inventa 10 "saggi". Un modo per dare tempo ai partiti di riorganizzarsi e formare un governo con lo scopo, non dichiarato, di salvare Berlusconi

di Adriano Todaro - martedì 2 aprile 2013 - 3404 letture

"Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto, / La nostra nave ha rotto tutte le tempeste: abbiamo conseguito il premio desiderato". Inizia così la poesia di Walt Whitman, lo scrittore e poeta statunitense. Da noi, invece, l’unico Capitano che imperversa è Capitano Inciucio, la nostra nave non ha rotto tutte le tempeste e non abbiamo conseguito il premio desiderato.

Quello che vediamo in questi giorni, dopo l’annuncio del presidente Napolitano, di nominare 10 saggi, non è certo il premio desiderato dagli italiani. E’ solo un piccolo, misero tentativo di allungare i tempi, un piccolo cabotaggio per dare tempo ai partiti, già screditati in questi ultimi anni, di respirare un po’ e prepararsi alle elezioni. In linea di massima, nominare dei saggi molte volte può essere indispensabile: Napolitano però ha tentato questa carta per cercare di raggiungere quello che ha sempre sostenuto e cioè poter varare, prima della sua scadenza, un governo dove possano convivere Pd e Pdl.

D’altronde è sempre stata la sua massima aspirazione. Una strategia che viene da lontano, fin quando brigava per confluire nel Psi di Craxi, da quando si batteva contro le spinte "moraleggianti" di Berlinguer e la sinistra di Ingrao, fin quando organizzava una sua corrente in un partito che non prevedeva correnti, quei miglioristi vicini al nastro nascente Berlusconi e Fininvest. Un progetto, quello di Napolitano, che ha perseguito tenacemente, anche se in modo fallimentare ma che, negli ultimi anni, ha avuto nuova linfa proprio dal partito di Berlusconi. Non c’è stata legge dell’ "utilizzatore finale", che Napolitano si sia attardato a firmare accettando anche i lodi per salvare quattro personaggi (fra cui lui) e provocando così una rottura costituzionale e ridicolizzando l’articolo 3 della Costituzione.

E mentre organizzava la sua personale corrente all’interno del Pci, si guardava bene, però, di tirare la corda sino all’eccesso. Pragmatico al punto da non criticare l’invasione sovietica in Ungheria e neppure la dichiarazione di un sodale siciliano, quel Michelangelo Russo che, mentre venivano uccisi sindacalisti, giornalisti, magistrati, chiariva che in Sicilia era necessario convivere con la mafia. Ora, se guardate bene, è la stessa cosa. Il suo pragmatismo lo porta dapprima ad annunciare che si sarebbe potuto dimettere prima della fine del mandato così da accelerare l’elezione del suo successore e sciogliere le Camere, poi una penosa marcia indietro, la nomina dei cosiddetti 10 saggi e la scoperta che un governo già esiste (quello di Monti) che è "pienamente operativo", non importa se già sfiduciato in tutti i sensi, non importa se non è stato neppure capace di risolvere la questione dei marò italiani, non importa se anche elettoralmente la sua massima espressione ha fatto meschine figure.

Napolitano tuttavia, di Monti non si fida più tanto e lo mette sotto controllo. E da chi lo fa controllare? Dai partiti, da quegli stessi partiti che hanno portato l’Italia al disastro economico e sociale, violentando il mandato dei propri elettori e dando, ancora una volta, spazio a mercati e mercanti.

D’altronde basta guardare i nomi dei personaggi indicati da Napoletano, i saggi. Sono saggi? Bubbico è saggio? E Violante? Diciamo pure con tranquillità che scelta peggiore, Napolitano non poteva compiere. Quando si fanno i pateracchi spunta sempre la figura di Luciano Violante dalemiano di complemento. Ex comunista, ex magistrato, ex presidente della Camera, ex capogruppo dei Ds, l’uomo che garantiva Berlusconi di non toccare le sue televisioni e che recentemente trattava, anche se non era più deputato, per il grande accordo con Alfano e Casini. Questo personaggio salta sempre fuori quando ci sono strane alchimie, strategie, compromessi. Gli altri non sono certo migliori. Filippo Bubbico, prima Pds, poi Ds e oggi Pd non è certo uno che potrebbe dare qualche pensiero né a Napolitano e neppure a Berlusconi, uomo d’apparato, buon rastrellatore di voti in Basilicata; Mario Mauro legato a Comunione e Liberazione, un passato nel Pdl poi con Monti; Gaetano Quagliarello vissuto all’ombra del Pdl, uno che gridava "assassini" in Parlamento per la morte di Eluana Englaro; Giancarlo Giorgetti, commercialista, esponente della Lega con, nel passato, un finanziamento da parte di Fiorani; il ministro Enzo Moavero Milanesi, ministro per gli Affari Europei nel governo Monti, avvocato e giurista. E poi Salvatore Rossi prestato dalla Banca d’Italia per risolvere i nostri problemi; Enrico Giovannini, presidente Istat, diventato famoso perché doveva essere l’uomo nominato per abbattere i costi della politica e che fu, invece, abbattuto; Giovanni Pitruzzella, l’avvocato che lavorava nell’ufficio legale di Renato Schifani. Per ultimo Valerio Onida, costituzionalista, certamente la figura meno compromessa. Legato ai movimenti cattolici, volontario in un carcere milanese sembrerebbe l’uomo nuovo. Ma anche qua c’è un risvolto. L’ex presidente emerito della Corte costituzionale, negli ultimi tempi ha difeso, pubblicamente, Napolitano per la questione relativa allo scontro con i magistrati di Palermo e ha dichiarato, in un’intervista, che Berlusconi è perfettamente eleggibile.

Secondo Napolitano questi sarebbero i "due gruppi ristretti di personalità fra loro diverse per collocazione e per competenze in grado di formulare ‒ su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo ‒ precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche". I 10 cosiddetti saggi non hanno molto tempo. In poche settimane dovrebbero fare quello che il governo Monti (e gli altri governi) non sono (e non hanno voluto fare), cioè tutte quelle riforme, cominciando da quella elettorale, che servono all’Italia per uscire dalla crisi non soltanto economica. Non solo questo. L’obiettivo, non dichiarato perché vergognoso e immorale, è quello di salvare Berlusconi dalla giustizia italiana.

Quella di Napolitano è una soluzione politicamente aberrante. Non solo politicamente. Anche moralmente. E’ soluzione trasformistica mai vista prima, con 10 persone che lavorano per le riforme pur in presenza di un governo che, almeno sulla carta, dovrebbe funzionare. E qua c’è una stranezza. Il fatto che il Movimento 5 Stelle si è detto soddisfatto dalle scelte di Napolitano. Sembra che il presidente dell’Istat non sia a loro inviso. Ma può bastare tutto ciò? E tutti i discorsi di cambiamento radicale che hanno fatto e per cui hanno preso tanti voti? Sicuri di mantenerli ancora se torneremo alle urne? Nelle ultime settimane hanno assommato sbagli su sbagli. Dallo streaming alle dichiarazioni a ruota libera, hanno dato l’impressione di essere frastornati, confusi, scarsamente preparati alle sfide che ci attendono. La loro forza è l’immediatezza, la voglia di finirla con questo marciume che ha portato l’Italia alla rovina. Invece fanno fatica, si rifugiano dietro la "democrazia del web", non fanno nomi, attendono gli eventi, attendono sulla riva del fiume che il cadavere dei vecchi partiti passi. Non è detto che passi. I vecchi partiti, se hanno ancora un po’ di tempo, si riorganizzeranno e torneranno tutti quelli di prima, vanificando così la giusta voglia di tanti militanti di questo movimento. Pensate cosa sarebbe avvenuto se i 5 Stelle avessero indicato un personaggio, fuori dai partiti, come presidente del Consiglio. Sarebbero stati gli altri partiti a doversi prendere la responsabilità di bocciare questa proposta o approvarla. Invece, nulla.

Un’ultima cosa su Pier Luigi Bersani. Lui paga il suo modo ondivago di fare politica, a capo di un partito con mille anime e mille interessi non sempre specchiati. Fra tutti è forse proprio quello che ha meno responsabilità, anche se non ha mai avuto il coraggio di imporsi e, soprattutto, di imporre un programma chiaro, sin dall’inizio della campagna elettorale. Per non scontentare nessuno ha finito per scontentare tutti. E dentro il suo partito sono cominciate le rese dei conti con Renzi che dopo essere andato in pellegrinaggio ad Arcore, ora comincia la sua campagna elettorale da Maria De Filippi e si vede già incoronato presidente del Consiglio con grande gaudio degli "amici di Maria".

Una delle ultime strofe della poesia di Whitman dice: "Il mio Capitano tace: le sue labbra sono pallide e serrate; / Il mio padre non sente il mio braccio, / Non ha polso, né volontà; / La nave è ancorata sicura e ferma ed il ciclo del viaggio è compiuto".

Da noi, invece, non c’è un solo capitano, ci sono i Capitani che non tacciano, anzi parlano troppo. La nave non è per nulla ancorata e sicura e loro, i capitani, hanno polso e volontà. Per andare avanti, per continuare a tramare pur di restare a galla. Giocando con le parole potremmo dire che la direzione di marcia è marcia. Una direzione però ormai segnata con la nomina dei cosiddetti 10 saggi. Una direzione che porterà, se non verrà fermata prima, ad un futuro governo Pd-Pdl-Scelta civica. Voluta e determinata dai tanti Capitani Inciucioni.


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