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Budapest o cara...

Una Budapest invasa dalle scarpe e dagli stivali. Ma quanti dittatori ci sono in Europa?

di Evaristo Lodi - domenica 5 maggio 2024 - 454 letture

Parigi, o cara, noi lasceremo,
la vita uniti trascorreremo.
De’ corsi affanni compenso avrai,
la tua salute rifiorirà.
Sospiro e luce tu mi sarai,
tutto il futuro ne arriderà.

La mia conoscenza della Traviata di Verdi è davvero scarsa ma lascio che le sue note e il vibrante canto di Maria Callas inondino la mia stanza, pensando ad alcune vicende della cara, vecchia Europa.

Gli appassionati e i melomani non me ne vogliano per la sostituzione di Parigi con Budapest. Per non parlare del Bel Danubio Blu su cui si danzava spensierati prima dell’oblio a cui il XX° secolo, il secolo breve, ci ha costretti. E di quel brusco risveglio da un sogno di fasti opulenti su cui ci siamo cullati e non smettiamo di farlo, ormai da un secolo e mezzo.

Eppure sulle rive di quel romantico fiume c’è una mostra permanente di scarpe. Sullo sfondo imponente si staglia il parlamento ungherese come fosse un monito in ricordo di come gli antichi splendori dell’impero siano stati destinati a un declino inevitabile. Cosa stanno a significare queste scarpe? Ricordano l’eccidio nazista che si svolse silente proprio in quel luogo. I poveri meschini vennero legati in coppia ma, per risparmiare, solo uno dei due ricevette un colpo mortale alla nuca mentre l’altro venne gettato nel blu profondo del fiume, ancora vivo. Oggi più che ceruleo quel fiume sembra aver assunto il colore più scuro del cerume stantio.

Di scarpe anzi di stivali ce ne sono altri, ricordo e monito per le generazioni future, nella capitale ungherese. Si trovano in periferia, al Memento Park, il museo all’aria aperta delle statue del periodo sovietico. Gli stivali in questione appartengono a quel che rimane di un’enorme statua di Stalin che, da quelle parti sembra non essere stato molto amato. Al contrario, quella di nonno Lenin è ancora intera.

Ma Budapest nasconde altre sorprese. Come una troneggiante statua di Karl Marx [1], all’università, seminascosta in un angolo dell’imponente palazzo. Oppure i resti del ricordo di György Lukács (1885-1971) [2] che sono relegati a una piccola targa quasi invisibile su un moderno palazzo lungo il Danubio e un piccolo busto a cui fanno compagnia alcuni giochi per bambini inframezzati da aiuole più o meno colorate da fiori, a seconda della stagione. Ma non fatevi ingannare dai Bagni termali Lukács, dove ci si rilassa e ci si cura, non hanno nulla a che fare con il filosofo.

Oggi l’immagine di Ilaria Salis, in catene da ormai un anno nelle patrie galere ungheresi, ci fa rabbrividire per l’anti-democratico governo ungherese di Viktor Orbán, insediatosi ormai da troppo tempo. Anche se il governo italiano non ha mosso un muscolo nei confronti dell’autoritario amico democratico che governa sul Bel Danubio Blu. Ora s’intravede uno spiraglio di luce per la ragazza e la sua famiglia, da quando un partito della sinistra italiana ha deciso di candidarla alle elezioni europee. Sarebbe l’unica salvezza, per scampare dai feroci artigli del dittatore magiaro.

Ma quanti dittatori ci sono in Europa?

E le elezioni europee saranno il refugium peccatorum dei dissidenti italiani? Ai posteri l’ardua sentenza.

Come possiamo non esimerci dal non biasimare la medesima candidatura, come indipendente nelle file della Lega di Salvini, di quel Vannacci che definire generale, suona quasi un’offesa alle forze armate.

Ho provato un moto di irrefrenabile stizza nell’apprendere che le due donne più famose della politica italiana permettono ai rispettivi elettori di chiamarle per nome di battesimo. La mia stizza si sta trasformando in una nausea debordante. Ma anche loro sono state democraticamente elette.

Fin qui potrei essere accusato di mancata par condicio di genere (magari citando anche la protervia di Ursula von der Leyen, offesa da quel macho turco, anche lui ahimé eletto democraticamente) ma non vorrei debordare anch’io nel descrivere le figure di uomini potenti come Putin, Zelens’kyj, Biden, Trump che sono stati, sono e saranno democraticamente eletti. Per tacer di Netanyahu e Ebrahim Raisi (presidente e capo del governo della Repubblica Islamica dell’Iran) e di tutti gli altri potenti della terra che sono avvinghiati al loro potere come edere impazzite. E che dire del moderato Macron che minaccia di inviare truppe in Ucraina? Forse la Grandeur ci porterà verso un futuro illuminato dal bel sol dell’avvenire.

[Democrazia] , o cara, noi [non abbandoneremo],
la vita uniti trascorreremo.
De’ corsi affanni compenso avrai,
la [nostra] salute rifiorirà.
Sospiro e luce tu [ci] sarai,
tutto il futuro ne arriderà.

Speriamo solo che le nuove generazioni riescano a rendere il nostro mondo migliore perché non ci resta che ammettere amaramente il nostro tragico fallimento e quanto i potenti democraticamente, o meno, eletti stanno rendendo il nostro mondo invivibile e tragicamente immerso in un crudele e perenne genocidio.

Verdi aveva ragione ma ora il suo spirito viene bistrattato e oggi non sappiano nemmeno a chi librare i lieti calici. A meno che non irrompano parlamentari armati, forse ci resta solo capodanno per festeggiare e sperare.


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