Binomi di parole (4): Est e Ovest
Se Nord e Sud sono convenzioni, che dire di Est e Ovest? E quale dei due nasce prima, nella storia della conoscenza umana?
Se Nord e Sud sono convenzioni, che dire di Est e Ovest? E quale dei due nasce prima, nella storia della conoscenza umana?
Andiamo per gradi. Tutto gira intorno al Sole. Una delle prime certezze, uno dei primi “punti fermi” dell’umanità, era che il Sole “nasceva” (sorgeva) sempre dalla stessa parte. Quello fu chiamato Est (levante, oriente): di certo nacque prima. Con lo stesso sistema di pensiero, poi, il punto in cui il Sole “moriva” (cadeva, tramontava) fu chiamato Ovest (occaso, ponente, occidente). Peccato però che il Sole non nasceva e moriva – era la Terra che nel girargli intorno si trovava per due volte al giorno in una situazione tale da creare quell’effetto speciale che chiamiamo alba e tramonto. Orientarsi viene da Oriente, cioè per stabilire la nostra posizione guardiamo a dove nasce il sole – anche se poi fu inventata la bussola che indica il Nord, rivelandosi altrettanto se non più efficace... Pensiamo alla famosa scena di Ecce bombo (Moretti 1978) in cui cinque amici aspettano invano l’alba sulla spiaggia di Ostia, quando dovrebbero sapere che il sole nasce sull’Adriatico e tramonta sul Tirreno (fatta eccezione per alcuni luoghi quasi magici disseminati su tutta la nostra frastagliata penisola dove è possibile vedere entrambi gli eventi, come nel pianeta del Piccolo Principe).
- oriente-occidente
Il problema però è che Est e Ovest definiscono anche intere regioni e nazioni. Ma com’è possibile? In questo caso, dove inizia l’uno e dove inizia l’altro? Mentre il Nord indica l’asse di rotazione terrestre, e se prendiamo un mappamondo riusciamo immediatamente a individuare il polo Nord e il polo Sud, dove inizia l’Est? Dove l’Ovest? È vero che il Meridiano di Greenwich segna la divisione fra emisfero orientale ed emisfero occidentale, ma forse sarebbe più corretto ammettere che uno svanisce gradualmente nell’altro.
Prendiamo due libri recenti e mettiamoli sui due piatti della bilancia Est-Ovest. Il primo si intitola È Oriente (Paolo Rumiz 2023) e recita in quarta di copertina: “In Europa l’Oriente non c’è più, l’hanno bombardato a Sarajevo, espulso dal nostro immaginario, poi l’hanno rimpiazzato con un freddo monosillabo astronomico: ‘Est’. Ma l’Oriente era un portale che schiudeva mondi nuovi, l’Est è un reticolato che esclude”. Impariamo nelle pagine intense di Rumiz che l‘Oriente comincia subito dopo Mestre, che contamina tutto l’Adriatico, che non ha a che vedere con i confini ma che è fatto di paesaggi, sapori, odori. E il volume termina con la frase “Ed è già nostalgia d’Oriente”. Niente a che vedere con l’Orientalismo estetizzante sinonimo di esotismo, né con gli Orientalismi di Said: Rumiz accarezza luoghi e persone senza alcuna pretesa di teorizzare, ma sa renderci più vicini all’Oriente di quanto non lo siamo mai stati.
Se è un nostos quello con cui ci lascia Rumiz, sull’altro piatto della bilancia troviamo La deriva dell’Occidente (Franco Cardini 2023), che mette l’Ovest in relazione con la world history – la quale, pur aspirando allo status di storia universale, è di fatto una riformulazione dell’“occidentocentrismo” hegeliano. L’Occidente è, infatti, una delle tre punte di un triangolo che comprende Europa e Modernità. Tutto il resto è percepito come “Altro”. Oriente e Occidente sono caratterizzati da complementarità che ma anche da un’opposizione, e tra i personaggi mitologici e simbolici che Cardini associa all’Occidente figurano (per ragioni diverse) Prometeo e Mefistofele. Del resto, che significa considerarci “occidentali”, se non che siamo sedicenti semidei sul viale del tramonto?
E poi c’è il problema della relatività. Noi siamo occidentali rispetto a chi sta a Est, ma orientali rispetto a chi sta a Ovest. Se dico a qualcuno di andare verso Est prima o poi mi arriverà alle spalle… da Ovest. E se acquisto un appartamento, sulla planimetria saranno indicati i quattro punti cardinali, e magari avrò tutte le finestre sul lato Est … ma devo comunque sentirmi occidentale?
A meno che non siamo sostenitori della Terra Piatta. In quel caso, dopo aver stabilito il Nord (confine in alto) e il Sud (confine in basso), dovremo tracciare una linea simile al meridiano di Greenwich, a sinistra della quale ci sarà l’Ovest e a destra della quale l’Est. La differenza è che nella Terra Piatta Est e Ovest sono vicini solo lungo questa linea, poi si allontanano per sempre. Con risultati degni di nota: vi immaginate se quando, dopo aver percorso stati e continenti, siete già arrivati quasi al confine Est e vi dicono di andare a fare una commissione al confine Ovest? Bisognerà tornare indietro e rifare tutta la strada, oppure nel Vuoto ci saranno scorciatoie? Non è che questa teoria ci semplifica la vita, anzi. Pensate se Marco Polo, cammina cammina, invece di arrivare in Cina, fosse caduto in una specie di buco nero cosmico! O se i pionieri americani, all’epoca della Frontiera, quando obbedivano con entusiasmo all’ingiunzione “go West!”, a un certo punto, invece delle praterie o dell’Oceano Pacifico, si fossero trovati davanti un grande Vuoto!
Ma forse siamo noi, oggi, a trovarci davanti a un grande Vuoto. Un Vuoto globale e globalizzante, che ingurgita e mastica e digerisce nord e sud ed est e ovest e che non ha nome, un albeggiante tragico orizzonte degli eventi che se la ride delle nostre definizioni e delle nostre categorie e che aspetta solo che ci precipitiamo dentro, senza che ci sia alcun “catcher in the rye”, per dirla con Salinger, pronto ad afferrarci salvandoci dalla caduta, da quell’occaso definitivo che cancellerà ogni occasione di rinascita.
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