Giro85
/ Movimento Bologna: 10.000 in piazza da tutta
Italia contro i Centri di Permanenza Temporanei di Gaetano Mangiameli
Un curioso personaggio in gilet e pantaloncini
neri, con delle enormi scarpe a molla metallizzate, si agita
in mezzo al corteo brandendo un aggeggio simile a un telefonino,
che emette un rumore infernale. Si avvicina a tutti quelli
che incontra mostrando il suo misterioso strumento. Qualcuno
si spaventa, qualcun altro sghignazza. Chiedo a un manifestante
pakistano come si possa intrepretare questa performance.
"Non ci ho capito niente", mi risponde ridendo,
"ma se quello lì sta dalla nostra parte mi va
benissimo".
Nel pomeriggio di sabato 2 marzo, l'assemblea
del Forum Sociale Nazionale, come previsto, è stata
interrotta per dare vita alla manifestazione contro i Centri
di Permanenza (leggi "detenzione") Temporanea.
Si è svolta senza particolari problemi, fatta eccezione
per qualche momento di tensione a causa di alcune provocazioni
dall'esterno. Qualcosa più grave era invece avvenuto
alle 12.30, quando alcuni giovani erano stati aggrediti
da un gruppo di militanti di estrema destra. Sui fatti non
è stata ancora fatta chiarezza.
Il corteo di almeno 10000 persone, al quale
partecipava unitariamente tutto il Bologna Social Forum
assieme alle altre realtà del movimento giunte in
città per l'assemblea nazionale, è partito
dalla Stazione F.S. per raggiungere Piazza Maggiore, dopo
una breve tappa di fronte alla Prefettura, dove è
stata messa in atto una piccola protesta simbolica: un cordone
rivolto verso l'esterno del corteo, verso la polizia. "Questo
cordone non serve a tenere la gente dentro il corteo",
dicono dal camion del TPO ai poliziotti schierati in assetto
antisommossa, "questo cordone è rivolto a voi
poliziotti e carabinieri, serve a impedirvi di fare dei
danni. Non ci fidiamo di voi! Dopo Genova non ci fidiamo
di voi!"
Il corteo scivola via per andare a fermarsi nella vicinissima
Piazza Maggiore. Mi avvicino al gruppo degli immigrati extracomunitari.
I ragazzi del Bangladesh urlano in coro uno slogan nella
loro lingua. Accanto a loro, i Senegalesi se la ridono perché
non capiscono una sola parola.