Giro82
/ Zoom Storie di ordinaria immigrazione di alessandro calleri
Sufi
è arrivato in Italia nell'Aprile del '99, allora
aveva appena diciotto anni. Lascia il suo paese, la Tunisia,
la sua famiglia e la sua gente con il sogno di trovare un
lavoro ed una vita dignitosa. L'Europa è a due passi,
l'Europa culla della civiltà, l'Europa dei diritti
professati, l'Europa che immaginava. Come spesso accade
in molti casi, Sufi raggiunge alcuni parenti, emigrati molto
prima di lui. Parte per la Francia, soggiorna a Nizza ma,
dopo un breve periodo, si trasferisce in un piccolo paese
dell'entroterra siciliano. Un ragazzo sveglio, molto intelligente
e molto determinato. Passa un po' di tempo ma riesce a trovare
un lavoro. Non potete riuscire ad immaginare l'espressione
di felicità disegnata sul suo viso quando venne a
cercarmi per dirmelo. Sufi inizia a lavorare nei campi,
prepara la terra alla semina, pulisce il terreno dalle pietre,
una ad una, raccoglie pomodori ortaggi e fa tutto ciò
che gli viene richiesto. Turni di lavoro massacranti e,
ovviamente, sottopagati ed in "nero". Queste sono
le regole. Dopo un po' di tempo riesce a trovare lavoro
presso un ristorante prima e in una Birreria poi, dove esercita
come cameriere e banconista. Cambia il lavoro ma la musica
rimane sempre la stessa: IN NERO E SOTTOPAGATO. Divide un
appartamento con altri due ragazzi, anch'essi immigrati
e riesce anche a risparmiare su quel poco che guadagna per
mandare del denaro alla sua famiglia - voglio che le mie
sorelle studino e abbiamo l'occasione di conoscere il mondo,
mi dice dopo una serata passata a bere vino e fumare.
Con Sufi passiamo abbastanza tempo
insieme, tutto quello che riusciamo a riservarci dai rispettivi
impegni quotidiani. Parliamo in francese quando capita,
ogni tanto io lo insulto - sporco immigrato, illegale ed
abusivo, gli dico così per scherzare, ma lui per
ripicca mi rinfaccia qualcosa in arabo, ingiurie mi spiega
poi. A chi spetta la parte dell'ignorante? Sufi parla tre
lingue, io a stento una.
Da qualche mese Sufi ha trovato lavoro presso un istituto
scolastico parificato, fa l'usciere e bidello, ha un datore
di lavoro davvero straordinario. Pochi giorni fa abbiamo
avuto modo di vederci e spendere un po' di tempo a parlare
e fumare le solite due-tre sigarette. L'ho visto un po'
rammaricato, gli ho chiesto che succedeva. Si sofferma a
pensare con gli occhi sospesi nel vuoto, e non c'erano palazzi
montagne o altro che, in quel momento, riuscissero ad ostacolare
il suo sguardo, si gira verso di me, mi guarda e dice: "
non vedo la mia famiglia da più di tre anni, in questo
momento non riesco ad immaginare neanche quando mi sarà
possibile. Ho un lavoro dignitoso ma non un permesso di
soggiorno". "Come si dovrebbe fare per averlo?",
gli chiedo. Mi guarda, accenna un gesto con le mani e mi
indica un dito - o mi sposo, dice - agita ancora le mani,
con un dito indica il cielo - o arriva un miracolo, una
nuova Sanatoria per immigrati, ma data l'aria che tira...
Lo guardo fisso negli occhi e in quel momento mi sono accorto
di star parlando "legalmente" con un fantasma,
una persona che non esiste, che non è però
frutto della mia immaginazione.