Giro82
/ Zoom Catania: più topi o più
biblioteche? di Italo Giordano e Maria R. Marchese
Il topo da biblioteca oggi è
una razza in via d'estinzione, ma non a tutti è noto
che i pochi esemplari rimasti non hanno certo vita facile.
L'attuale ubicazione e l'insensata dispersione delle biblioteche
del centro storico di Catania in innumerevoli locali, in
particolar modo quella della facoltà di lettere e
La Regionale, comportano continui spostamenti migratori
dei malcapitati ricercatori in tempi da centometristi!
Eppure Catania è una città metropolitana con
oltre 500 mila abitanti e copre nei servizi un'area territoriale
molto estesa, con un bacino di utenza che può raggiungere
il milione di fruitori.
Negli anni passati si è puntato
moltissimo sull'arredamento urbano e continuano ancora oggi
i lavori per la monocultura dell'incremento turistico (per
esempio la riqualificazione della Plaja, i progetti URBAN,
il prolungamento della metropolitana, ecc.). Ma il futuro
assetto dei servizi sarà superfluo in una città
abitata da asini. Infatti pochissimo si è investito
nel miglioramento del settore bibliotecario, luogo non solo
di consultazione di testi ma anche di veicolazione di idee.
Può darsi che la lettura non venga considerata un
investimento di immediata visibilità "turistica",
ma è sicuramente vantaggioso per gli "indigeni".
La città possiede un polo universitario di tutto
rispetto, scuole medie superiori pubbliche e private di
prestigio, un gran numero di scuole medie inferiori ed elementari,
ma chi volesse avere il piacere di approfondire le proprie
conoscenze in biblioteca inizia la propria odissea.
La Biblioteca Regionale ha un orario
di apertura limitato soltanto alle 5 ore mattutine ed a
2 orette pomeridiane esclusivamente una volta a settimana
con chiusura il sabato, comportando così un'esclusione
pressoché totale non solo della sua utenza specifica,
cioè gli studenti impegnati in quelle ore nelle attività
didattiche, ma anche dei lavoratori. Come se non bastasse
il suo patrimonio librario è sparso tentacolarmente
nella città; la parte più cospicua è
nella sede centrale in Piazza Università, il resto
nelle due sedi minori site in via Etnea n. 82 (ai quattro
canti) ed una in via Orto di S. Clemente, mentre l'emeroteca
di Via Don Luigi Sturzo è chiusa per l'inagibilità
dei locali. La molteplicità delle sedi causa una
dispersione delle risorse umane, altrimenti disponibili
per un'organizzazione più razionale degli orari di
apertura. Sarebbe auspicabile che la dislocazione e l'accentramento
di tale istituto nell'ex Convento dei Gesuiti, in Via Crociferi,
avvenisse in tempi umanamente accettabili.
Gli studenti della facoltà di
Lettere e Filosofia, per i quali la biblioteca è
per antonomasia il loro "laboratorio", paradossalmente
sono ostacolati nelle loro ricerche, oltre che dalla angustia
dei sotterranei, che farebbero onore più a topi di
fogna che a topi da biblioteca, dall'esiguità del
tempo di fruizione (solamente sette ore circa giornaliere
dal lunedì al venerdì).
Parte del patrimonio librario è
ancora gestito dagli ex istituti di Storia dell'Arte e di
Archeologia, che hanno biblioteche separate, acuendo i disagi
dei ricercatori. Infatti, la biblioteca di Storia dell'Arte
può ospitare miseramente solo quattro studenti, i
testi non hanno una conservazione adeguata e la consultazione
per richiesta è possibile prima delle ore 10; dopo
quest'orario lo studente potrà consultare il libro
richiesto il giorno successivo (precisando che non si possono
superare le due richieste giornaliere). Mentre la Biblioteca
di Archeologia è aperta nelle ore mattutine dal lunedì
al venerdì con due timide aperture di due ore pomeridiane
due volte alla settimana ed un'aula studio di soli 16 posti.
Anche qui si nota una certa dispersione delle risorse umane
nonché economiche, dato che l'ex istituto di Archeologia
paga delle esose rette mensili di affitto. Il trasferimento
di tale biblioteca sarebbe dovuto già essere avvenuto
nel Palazzo Ingrassia, nel quale sarebbe possibile l'unificazione
delle due biblioteche decentrate, che sono tra loro compatibili.
E' chiaro che la città metropolitana
di Catania soffre dal punto di vista del servizio bibliotecario
di notevoli carenze troppo gravi per essere sottovalutate;
o si dovrebbe pensare che i cittadini e gli studenti catanesi
formino la propria cultura fuori città o in biblioteche
private?