E'
complesso provare a sintetizzare le discussioni, le sensazioni,
gli scambi di opinioni, tutte le cose succedutesi a Porto
Alegre durante i giorni del Forum.
Non c'è un unico e solo filo rosso a legare gli eventi,
dalla grande manifestazione per la pace del 31 gennaio alle
conferenze, dalle attivitá organizzate nel campeggio
della gioventú dedicato a Carlo Giuliani alle centinaia
di seminari promossi dalle varie organizzazioni, ma molteplici
fili, come molteplice, multiforme, diversificato si è
mostrato il movimento, tanto a Porto Alegre quanto nel percorso
che lo ha condotto fino a qui.
Ma una cosa mi é apparsa davvero importante mentre,
in una sala strapiena, insieme ad altre 1500 persone, ascoltavo
le parole di Frei Betto e Michel Lowy: l'etica di questo
movimento, il bisogno assoluto di ritrovare, condividere
e esercitare il diritto di praticare nella quotidianità
i principi e i valori che gli sono propri, a cominciare
dai "vecchi e cari" valori della rivoluzione francese.
Libertè, egalitè, fraternitè.
Valori da rivendicare e rinnovare: così Frei Betto
aggiorna la fratellanza in sorellanza, per rendere simbolicamente
giustizia all'esclusione e alla marginalizzazione che le
donne, molto piú degli uomini, hanno subito nel corso
dei secoli. Anche perché - aggiunge- "se le
donne costituiscono metá della popolazione mondiale,
l`altra metà sono figli di donne".
E nel tentare anch'essi un'operazione di sintesi sul movimento
e sul forum sociale, Betto e Lowy hanno affermato che, fuori
da fraintendimenti, usi distorti, e errate interpretazioni,
forse il termine giusto da utilizzare puó essere
"socialismo", inteso quale sintesi di soggettivitá
umana, solidarietá, rispetto reciproco delle diverse
identitá personali e collettive, libertá,
democrazia, diritti, uguaglianza, giustizia, gratuitá,
partecipazione.
In questi valori il movimento si riconosce. In questi termini
e in questo grande evento qual'è il forum di Porto
Alegre, il movimento cerca una appartenenza comune.
Questo è un altro elemento evidente: il bisogno di
identitá e comunità.
Porto Alegre non è stato un posto dove apprendere
nuovi contenuti o dove approfondire conoscenze (a questo
proposito credo sia abbastanza condivisa la sensazione di
eccessivo generalismo di seminari e conferenze). E' stato,
ed è piuttosto, un luogo e un modo per ritrovarsi
e rendersi conto che la propria battaglia locale non puó
compiersi senza una lotta globale, senza la costruzione
di una rete di lotte: una lotta senza frontiere.
Da Porto Alegre riparte ancora una volta il percorso di
costruzione, che passerá anche per i forum continentali
che dovranno precedere il forum mondiale del 2003; che passerá
attraverso la lotta per democratizzare i mezzi di comunicazione,
come Ramonet e tutti gli altri giornalisti presenti ai numerosi
incontri su informazione e globalizzazione hanno auspicato;
che passerá attraverso il ribadire ogni giorno di
piú il nostro rifiuto della guerra, sancito dalla
netta affermazione di Chomsky, secondo cui o avremo un mondo
senza guerra o non avremo piú mondo.
Tra le tante immagini che mi restano in mente di questi
giorni, risalta il volto sereno di Rigoberta Menchu e le
sue parole, semplici e dirette: il Forum Sociale é
una protesta di dignitá, una conquista di tanti sognatori
come noi siamo. Ma abbiamo la responsabilitá di fare
sognare sempre piú persone.
"Un altro mondo è possibile, se la gente lo
chiede" - recita la canzoncina ufficiale del forum
che ci ha amorevolmente perseguitato in questi giorni: qui
abbiamo visto che la gente non solo lo chiede, ma sta davvero
cercando di costruirlo.
Il viaggio per Porto Alegre 2003 è giá iniziato.