Giro85
/ Un altro mondo è possibile Sentinella, quanto resta della notte?
(Isaia 21,11) A margine di Porto Alegre e di Plaza
de Mayo di don Massimo Nevola, da Granello di
Sabbia, ATTAC - http://attac.org/
Sono
appena tornato da dieci giorni vissuti in Sud America, dove
ho partecipato Forum Social Mundial di Porto Alegre e ho
visitato Buenos
Aires per rendermi conto direttamente di ciò che
lì sta accadendo da fine novembre.
Le due avventure sono profondamente legate.
A Porto Alegre ho avuto la conferma sul Movimento del Social
Forum. E'
una delle grosse speranze cui si può aggrappare l'umanità
del terzo millennio.
A Buenos Aires c'è aria di rivoluzione, sarebbe la
prima del terzo
millennio.
L'entusiasmo, la vitalità respirata a Porto Alegre
difficilmente ha
eguali riscontri non solo nei forum politici europei, ma
nella stessa vita
della Chiesa universale.
Uno degli aspetti che mi ha più fortemente impressionato
infatti è
l'aver
visto partecipare in modo informale, da spettatori e talvolta
da
relatori,
ben 14 vescovi latino-americani: qualcosa di ancora prematuro
per
l'Europa
.
E insieme ad essi oltre 400 tra preti, religiose e seminaristi,
spesso
mescolati nell'anonimato tra i partecipanti ai Forum Sociali.
Nella
maggioranza provengono da esperienze di "comunità
di base", autentiche
anime
sociali di tanta gente semplice, spesso semi-analfabeta
che popola il
continente latinoamericano. Mi piace sottolineare questo
aspetto non
solo
per solidarietà "professionale", ma soprattutto
perché da questo
elemento,
apparentemente marginale, vi scorgo un fattore di novità
di questo nuovo
Movimento: il bisogno di ritrovare forti motivazioni spirituali,
anche
se
non necessariamente confessionali.
Il Movimento presenta tante affinità con le masse
contestatrici della
fine
anni '60, ma qualcosa di radicalmente nuovo emerge parlando
sia con i
giovani che con gli adulti di consumata militanza politica:
non è più la
stessa cosa. La crisi del socialismo reale, i fallimenti
delle
socialdemocrazie hanno messo in crisi la radice
ideologico-motivazionale,
così che urge ritrovare tutte le vie possibili per
fondare solidamente
la
base dell'alternativa al sistema neo-liberista da tutti
nel Forum
condannato
come scellerato.
Sulle magliette dei giovani, anche seminaristi, prevale
il volto mitico
di
Che Guevara. La cosa mi suscita piacere e tenerezza, ma
non mi lascia
tranquillo. Se bisogna ritornare al modello rivoluzionario
di 35 anni fa
credo che ciò voglia significare due cose: la prima,
che si avverte
urgente
il bisogno di un cambio radicale delle strutture opprimenti
presenti
sulla
Terra; la seconda, che fonda la mia preoccupazione, è
la mancanza di
modelli
di riferimento contemporanei. Fidel Castro, come anche il
sub-comandante
Marcos, ancora una volta non c'erano (forse non desiderati
dalla
leadership
del PT, massimo partito della sinistra brasiliana, che spera,
evitando
estremismi, di conquistare il ceto medio in vista delle
prossime
presidenziali), ed altri leader in giro non ce ne sono.
Il Movimento si
sta
costruendo una sua ben precisa identità, dove il
simbolo del Che va
ancora
bene ma che non può racchiudere in sé i grandi
fermenti di novità: il
rifiuto della categoria "socialismo" (inteso nel
duplice quadro sia dei
modelli falliti nell'est-europeo, sia delle moderne social-democrazie
liberali); la radicale avversione della categoria "guerra
giusta". Il
volto
del Che si staglia sul nuovo progetto della cosiddetta "libera
autodeterminazione dei popoli" che, ripudiando la guerra
come mezzo per
la
risoluzione dei conflitti (ma qui si oltrepassa anche la
guerriglia,
propria
della strategia e della storia personale di Guevara) guarda
al futuro
dei
popoli con la creazione di economie solidali, tutt'altro
che
consumistiche,
e la nascita di società multietniche, basate sulla
integrazioni delle
ricchezze di cui ciascuna cultura è portatrice.
Tutt'altro che consumistiche, dicevo. Ma qui occorre non
solo un
correttivo
al capitalismo, ma uscire definitivamente dalla logica stessa
dell'accumulo.
E questo non si fa senza la riscoperta di una profonda identità
umanista.
Di
qui la necessità di un grande rilancio dell' interiorità.
La
partecipazione
commossa e affollatissima alle conferenze/testimonianze
di Frei Betto e
di
dom Luciano Mendez, ne è stata la riprova. Come conciliare
Santa Terresa
d'
Avila con Che Guevara? Questo il nuovo paradosso. In occidente
probabilmente
non riusciamo ancora a capirlo a fondo. Eppure Frei Betto
propone
proprio
questo, e le folle di giovani in tripudio dimostrano non
solo che il
paradosso è possibile, ma che è un punto forza
dell'anima del Movimento.
L'
antropologia materialista si è rivelata profondamente
asfittica e non
libera
dal demone della "volontà di potenza".
Solo una forte interiorità può
allora
aiutare a perseverare nella lotta controcorrente, può
aiutare a non
svendere
per quattro soldi di aumento la solidarietà con chi
lavora o è in cerca
di
lavoro. Lotta decisa, "senza perdere la tenerezza"
(Che); impegno che
non
trema né demorde di fronte a qualsivoglia repressione
reazionaria,
perché
si
è ebbri dello Spirito di vita, che rende tutti gli
uomini fratelli (S.
Teresa).
Oltre il consumismo neo-liberista, allora. Ecco il futuro
sostenibile.
Questa in sintesi la prima, fondamentale, discriminate del
Movimento.
Anche
la seconda discriminante, quella del ripudio della guerra,
si lega a
questo
punto.Tutte le guerre, è risaputo, nascono infatti
da meri interessi
economici di parte.
Volontà di potenza, volontà di dominio, volontà
di sfruttamento: salgono
tutte dallo stesso demone. E la violenza crudele, terroristica
ne
diventa
strumento imprescindibile. Così è avvenuto
per tutti gli "imperi", così
avviene oggi in Medio Oriente, in Afganistan, nelle manipolate
guerriglie
tribali che uccidono la vita in Congo e in Sudan.
Chi non fosse ancora in grado riconoscere i disastri compiuti
dall'attuale
modello socio-economico sarebbe fuori gioco, e non solo
dall'accettazione
nel Movimento (di qui i fischi ai vari parlamentari socialdemocratici
convenuti) ma - secondo il giudizio che emerge dai tanti
dibattiti
(oltre
1200 i seminari di approfondimento) - dalle stesse prospettive
di futuro
per
la vita stessa del pianeta.
Il Forum infatti alza forte la voce non solo in difesa dei
tanti che non
hanno voce (6 miliardi di uomini), svolgendo già
solo per questo un'
eccellente funzione di cassa di risonanza internazionale,
ma anche in
dimensione profetica nel delineare linee possibili di sviluppo
sostenibile
per l'intera umanità, paesi del primo mondo inclusi.
E qui s'intreccia l'esperienza del Forum col confronto diretto
che ho
avuto
con i cittadini di Buenos Aires, in larga parte di ceto
medio e piccoli
risparmiatori. Non c'è bisogno di filmare la tragica
realtà delle
favelas
(che pure non abbiamo mancato di vistare a Porto Alegre,
apprezzandovi
la
splendida presenza animatrice dei francescani) o di riproporre
il dramma
dei
paesi sub-sahariani. Nella moderna Argentina, paese dalle
enormi
possibilità
anche sotto il profilo della tecnologia, si assiste oggi
al fracasso
drammatico della politica neo-liberista che tenta, si spera
invano, di
far
pagare alla gente comune il danno delle privatazzazioni
selvagge
compiute
dalle amministrazioni liberiste e conservatrici che qui,
come
dappertutto,
si sono nutrite (e seguitano a farlo senza scrupolo) di
corruzione e di
sporadiche concessioni partenalistiche.
Il popolo argentino sembra essersi svegliato da un torpore
durato
sessant'
anni. Scendendo quotidianamente in piazza a difesa dei propri
diritti
civili, i cittadini di tutte le età rivelano l'intenzione
di diventare
protagonisti della propria organizzazione sociale. Ora sembra
nasca qui
per
la prima volta la democrazia. E' il popolo che spontaneamente
si
organizza
nei consigli di quartiere e organizza manifestazioni imponenti.
E questo
non
solo nella capitale ma un po' ovunque, in tutto il paese.
Rompere col passato comporta l'esclusione, il netto rifiuto
di lasciarsi
guidare da qualsivoglia partito o istituzione tradizionale.
Hanno
tradito
tutti. Anche la Chiesa qui, al contrario di quanto compiuto
altrove come
in
Brasile e Cile, è ai minimi di credibilità,
essendosi troppo compromessa
con
la dittatura. E se per essa è difficile risalire
la china, l'impresa non
appare più facile per i partiti storici della sinistra,
anch'essi minati
dal
virus della corruzione e dalla scarsa carica propositiva
di alternative
dimostrata fin ora.
Il popolo dimostra volontà di autodeterminarsi, e
la forza della
"spallata
di piazza" in pochi mesi ha fatto cadere tre presidenti.
Tutto questo
può
essere bello a vedersi, ma anche qui ho trovato motivi di
seria
preoccupazione che conservo ancora nel cuore. Innanzitutto
l'inizio
della
rivolta: sono stati toccati i risparmi di una vita. Secondo
molti
basterebbe
risarcire i danni sui conti corrente per spegnere le manifestazioni.
Qualcuno rimpiange Peròn. Dove finirebbe la novità?
In un neo-peronismo
pienamente in linea con il FMI e gli interessi nordamericani?
Nei giovani intervistati, il dubbio appare però superato.
Certamente lo
è
nell'associazione delle Madri di Plaza de Mayo, e, con non
poche
riserve,
pare lo sia anche nel neosindacato CTA. Ma queste giovani
realtà avranno
la
forza di guidare la sommossa popolare verso un nuovo progetto
politico
di
autodeterminazione solidale del popolo argentino? Dall'esterno
chi potrà
appoggiarli, la socialdemocrazia di Jospìn o il PT
brasiliano di Lula?
Cosa
resta di Cuba?
E il popolo del Social Forum?
Certamente quest'ultimo appare il partner più credibile,
così come lo è
per
la causa palestinese e per il movimento Sem Terra. Debole
referenza, ma
intanto c'è; così come la rabbiosa voglia
di cambiamento che attraversa
oltre l'80% del popolo argentino.
Ritorno in Europa più ricco in umanità, con
più voglia di combattimento,
con
più dubbi da risolvere soprattutto sul ruolo dell'Europa
(e in essa
della
chiesa) circa i nuovi equilibri mondiali che si vanno delineando.
Se la sfida, che già W. Brandt delineava nel suo
rapporto del '79, è tra
Nord-Sud, quale politica possiamo continuare a perseguire?
Quella dei
tatticismi di potere che potrebbe l'Europa ad essere solo
l'altra gamba
del
neo-liberismo?...
Ma il Movimento new-global è giunto fortunatamente
anche da noi. I primi
martiri ne fecondano la crescita che a nessuno sarà
facile fermare o
inglobale in progetti "normalizzanti". Esso è
un "segno dei tempi".
Sarebbe
illusorio pensare di poterlo cavalcare per aumentare voti
o, peggio
ancora,
domare, incanalandolo in strategie di altri tempi. Il cavallino
selvaggio
accetta guide solo se conformi al suo DNA. A questo movimento
ci si deve
convertire.
Quanto resta allora ancora della notte della speculazione
selvaggia,
della
corruzione e della strategia della morte? C'è un
alba di speranza?
La sentinella del Movimento può ancora profeticamente
rispondere: " se
volete domandare, domandate, convertitevi, venite!"
(Isaia 21,12).