3 gennaio 2002 "Avevo esattamente quindici anni quando scoppiò
la seconda guerra mondiale a una fine di vacanza. [ ]
A vent'anni, in una Milano ghiacciata, vidi i corpi dei
miei compagni sulle piazze, i treni delle ferrovie nord
fermati per cercare i partigiani, e a fianco di un biondo
compagno che, bello come un dio, doveva fungere da mio amore
in attesa e invece faceva come me la staffetta, lessi alla
stazione di Como il proclama di Kesserling e pensai che
non volevo essere impiccata. Da quando con le luci di settembre
del 1939 venne la guerra, il tempo si mise a rotolare e
non si è più fermato.[ ] Guardo alle
mie date: a quindici anni è la guerra, a venticinque
la guerra fredda, a trentacinque è il comitato centrale
del più grosso partito comunista d'occidente, a quarantacinque
questo partito si libera di me .a cinquantacinque eccomi
qui, nel riflusso dell'onda d'una mareggiata di cui conosco
le andate e i ritorni, e che mi trascinerà sempre.
La mia persona è scandita da fatti altrui, Stalin
non l'ho scelto, le masse non sono una frequentazione facoltativa,
sono entrate e uscite decidendo i tempi di me-donna. Donna?
E le altre donne? Il rombo di questo tempo è stato
così forte che la voce delle donne non la ricordo;
quella che decifro oggi nelle amiche femministe non l'ho
avvertita mai prima. La donna era un dolore aggiunto, un
particolare modo di patire o di fuggire"
E' la sintetica autobiografia di Rossana
Rossanda, contenuta nella prefazione a Le altre. Conversazioni
sulle parole della politica, Universale Economica Feltrinelli,
1989.
Il libro nasce da un programma radiofonico sul tema del
rapporto tra donne e politica andato in onda dal novembre
del 1978 al febbraio del 1979.
Rossana Rossanda non è mai stata femminista, era
"dentro" il partito comunista - nel comitato centrale
fino all'espulsione col gruppo de Il Manifesto nel 1969.
E' da questa sua estraneità al femminismo che parte
per capire il difficile rapporto tra donne e politica e
lo fa chiamando a riflettere su alcuni termini-chiave diversi
protagonisti della sinistra e del femminismo della seconda
metà degli anni settanta.
"Non ci salveremo se non ricuciremo tutti i fili di
questa tela lacerata che siamo diventati. Ma io devo sapere
che non la lacerano i cattivi sarti, bensì le nuove
verità che si fanno strada in parti difficili, e
vengono alla luce, come tutto del resto, sporche, raggrinzite,
urlanti."
Anche allora, nel 1978, si trattava di ricominciare.
Dopo la trasmissione, la notizia della guerra tra la Cina
e il Vietnam, la malattia, Rossana scrive:
"Da che parte si comincia, ci sono troppe parti da
cui cominciare. Con chi si comincia, ci sono troppo pochi
con cui cominciare. In capo ai più grevi trenta giorni
dell'anno mi ritrovai ammalata. Quando preparavo, negli
anni della mia stolta giovinezza, la mia tesi sui trattati
d'arte (convinta che le bombe e la guerra e il lavoro partigiano
e la lettura dei neoplatonici si potessero combinare in
modo da far tutto e, sempre che si stesse vivi, in tempo)
mi era piaciuta la credenza medievale che le pietre preziose
fossero grumi di semplice terra, sui quali per pochi attimi
piovevano straordinarie convergenze di astri nel loro moto
nell'universo: in quegli attimi la terra diventava diamante
o smeraldo o rubino. Me ne ricordai quando mi vidi in mano
l'immagine gentilmente colorata di alcune cellule impazzite[ ]
In men che non si dica ero su un tavolo operatorio, dove
il mio corpo assunse la stessa dignità di quello
di un pollastro; ma neanche su questa sua interessante riduzione
ebbi tempo di elucubrare, perché mi svegliai in una
corsia di donne. [ ]Le signore 41, 42 e 44 - la signora
43 ero io - cioè un'operaia delle officine meccaniche,
un ex operaia della Pirelli, una, credo, contadina veneta
dagli occhi azzurrissimi e il volto belliniano [ ]
mi hanno presto insegnato i loro gesti lenti e composti,
l'attenzione, l'esaminarci con discrezione.[ ] Le naturali
parole della loro politica erano quelle dei diritti del
lavoro e dei diritti delle donne, semplici, scontate e radicali.
[ ] Né di questo [quell'anno ci furono arresti
nei gruppi dell'autonomia] né delle elezioni parlarono
mai, e quando a sera un giovane medico, abbassate le luci,
veniva a parlarmi dei mutamenti nella cascina lombarda che
avevo conosciuto negli anni cinquanta, si addormentavano
come angeli: era meglio dell'ansiolin.[ ] Oltre il
cortile spelato ci arrivavano dalle finestre le immagini
di un reparto maschile. Malato, il maschio è miserrimo;
pigiama stropicciato, barba lunga, noia sgarbata o impaurita.
Le mie donne no, appena emerse dall'anestesia si pettinano,
il ventre squarciato le fa camminare pacate e dritte come
regine, in vestaglie stirate di fresco e predisposte per
l'evento. [ ] Ero difesa, ero in salvo, ero assolta,
ero malata, ero una donna, potevo non vedere, non parlare,
non sentire. Furono giorni quasi felici, non solitari. Me
ne aspettavano altri tre; anzi ne dovevo altri tre alla
scienza e all'istituzione. Ma siccome nessuno è uguale
a nessuno, e io ero io, quando mi resi conto come stavo
bene con le mie care donne mi alzai, mi vestii e con gambe
decise, ancorché un po' tremanti, scesi le scale
e cercai un tassì." [fine della prefazione,
20 ottobre 1979].
Le parole scelte da Rossana per il programma
radiofonico sono: Politica (due trasmissioni), Libertà,
Fraternità, Uguaglianza, Democrazia, Fascismo, Resistenza,
Stato, Partito, Rivoluzione, Femminismo.
Ma è in ospedale, forse, che Rossana ha veramente
scoperto Le altre e le loro parole:
"Le naturali parole della loro politica erano quelle
dei diritti del lavoro e dei diritti delle donne, semplici,
scontate e radicali."
E oggi? Quali sono le parole della politica? Per gli uomini
e per le donne, oggi, nell'era berlusconiana, fra G8, guerra
e razzismo?
5 gennaio 2002
Cercando di "analizzare" la riforma Moratti, il
che fare da parte dei docenti, la scuola che vogliamo, una
sola cosa utile: ho riletto il libro di Paola Mastrocola.
La gallina volante, Guanda, 1999
"io non voglio insegnare proprio niente
nella vita. Io non voglio insegnare. Perché dovrei?
Non ho nulla da trasmettere, e anche l'avessi, perché
trasmetterlo? Insegnare proprio no. Semmai allevare. Rafforzare
le ali a qualcuno perché voli, questo si, questo
mi piace."
Che è l'esatto contrario di quello
che si propone la riforma Moratti.
8 gennaio 2002
Disordine: il contrario dell'ordine, il contrario dell'eseguire,
il contrario del comandare.
10 gennaio 2002
Resistere, resistere, resistere, dice Francesco Saverio
Borrelli a Milano, denunciando il fatto che sono state tolte
le scorte ai magistrati che indagano su Berlusconi e Previti.
Si apre l'anno giudiziario ed è il primo pronunciamento
dell'anno contro il governo Berlusconi, sul caso giustizia.
15 gennaio 2002
Sui giornali stranieri il caso Berlusconi lascia molto perplessi.
Il ministro francese della cultura, Tasca, dice che non
vorrebbe Berlusconi al Salone del libro di Parigi, anche
se quest'anno il Paese ospite è proprio l'Italia.
Quello dei giornali stranieri è il secondo pronunciamento
contro il governo Berlusconi. Vale quanto i pronunciamenti
all'interno. Praticamente nulla. Sono parole, dette fra
pochi. Quello che conta, e Berlusconi lo sa, sono i risultati.
Ma forse potrebbe sbagliarsi.
27 gennaio 2002
Oggi è la giornata dedicata alla memoria dell'Olocausto.
Ho parlato con i miei allievi del libro di Hannah Arendt
La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, e soprattutto
delle pagine in cui viene illustrato il caso della Danimarca.
Qui ci fu il primo no all'ordine di far portare agli ebrei
il distintivo giallo. Da questo primo no vennero tutti gli
altri. Qui anche i soldati tedeschi furono meno pronti a
ubbidire agli ordini, qui la deportazione degli ebrei fu
di fatto impedita. Si può dire no agli ordini ingiusti.
Anche oggi. Su Il Manifesto la lettera di un soldato israeliano
che racconta l'occupazione di Gaza, una cosa che vorrebbe
non aver mai fatto, che non dimenticherà mai. E che
non vuole fare più. La lettera la vogliono pubblicare
a pagamento sui giornali israeliani. All'inizio erano 20,
poi 30, poi cinquanta, saranno di più, si rifiutano
di partecipare all'occupazione dei territori palestinesi,
si rifiutano di sparare, non vogliono più obbedire
a degli ordini ingiusti.
31 gennaio 2002
Qualche giorno fa la marcia di protesta dei docenti universitari
di Firenze - In piazza con Tocqueville, è il titolo
dell'articolo su Il Manifesto - contro gli attacchi alla
democrazia da parte di Silvio Berlusconi. Erano in 15.000
e non solo professori. A Milano invece 5.000 persone circondano
il palazzo di giustizia in segno di solidarietà a
Borrelli, e in difesa del diritto.
Immagino qualcosa del genere per la scuola, ma noi docenti
sembriamo impietriti.
Riflettendo sulla manifestazione fiorentina dice Enzo Mazzi
che non ha mai visto una manifestazione del genere, neanche
nel mitico '68:"E' stato esaltante e al tempo stesso
sconcertante vedere tutti quei doppi petti, quelle pellicce,
quelle teste e barbe canute, in testa al lungo corteo, sfilare
per le strade di Firenze in difesa della democrazia e contro
i pericoli di involuzione [ ] come fossero operai o
disoccupati o pensionati in lotta se non addirittura giovani
dei centri sociali." La manifestazione è un
segno dei tempi, dice Enzo Mazzi. "finora la borghesia
aveva tanti e tali canali e strumenti di partecipazione
interni al sistema istituzionale che si sentiva al sicuro,
rappresentata e protetta, e non avvertiva il bisogno di
scendere in piazza" Che cosa è successo, allora?
e' successo che "dal presidente della Repubblica fino
all'ultimo clandestino siamo tutti afflitti dallo stesso
senso di insignificanza e di anomia. Chi decide delle nostre
vite è fuori dall'orizzonte dell'assetto democratico
e della consapevolezza. Siamo tutti un po' barboni".
L'articolo di Enzo Mazzi è su Il Manifesto del 27
gennaio, l'ultima pagina, il titolo è La politica
oltre le mura, il senso è che la crisi della democrazia
non si risolve dentro le stanze del potere, ma fuori. Insieme
agli immigrati, agli esclusi, ai senza diritti.
Mi viene in mente il racconto di Rossana Rossanda fra le
donne in ospedale: "Le naturali parole della loro politica
erano quelle dei diritti del lavoro e dei diritti delle
donne, semplici, scontate e radicali."