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Porco boia

Quando si parla di pena di morte, l’unico modo per esprimere un giudizio corretto è allargare i confini della sua applicazione oltre i più inflazionati paesi mediorientali.

di Piero Buscemi - mercoledì 8 settembre 2010 - 3018 letture

Ogni tanto, qualcuno si ricorda che nel mondo moderno esiste ancora la pena di morte. E si indigna, pure. Come se fosse una novità, della quale si è voluto tenerlo all’oscuro.

Le occasioni per prendere coscienza su questo fenomeno sociale, e ci piace sottolinearlo, dovrebbero essere contraddittorie rispetto alla civiltà che pretendiamo di poter esportare sempre oltre confine, dimenticando spesso le incoerenze di casa nostra.

Dovrebbe. Ma occorrono casi tangibili quali la condanna alla lapidazione di Sakineh in Iran, per scuotere la coscienza delle masse, troppo spesso guidate nelle loro manifestazioni di sensibilità verso la vita umana. Il caso della donna iraniana, poi, si inserisce bene nella politica estera di quel gruppo di governi mondiali che amano divulgare la democrazia con le bombe intelligenti.

L’Iran, da tempo, ha risvegliato l’indole guerrigliera dell’uomo occidentale, cresciuto con sani principi morali e religiosi, dove la giustizia e l’etica devono essere perseguite con ogni mezzo. L’uggia e la monotonia delle guerre in atto da qualche anno, in Iraq ed Afghanistan, meritavano un rilancio di interesse, e solo la perdita della vita di qualche soldato della coalizione euro-americana aveva fatto intuire che quella, in Medio Oriente, era comunque una guerra.

Ci si sarebbe dovuti accorgere anche, che questo risiko democratico dal 2003 al 2008, aveva provocato la morte di oltre un milione e duecentomila civili, come puntualizzò la Brookings Institution di Washington, il più famoso centro studi specializzato in materia di guerre.

Così l’Iran, con le sue minacce nucleari e il suo integralismo religioso, aveva già smosso le anime pacifiche e umanitarie dei più fervidi seguaci di Cristo, tanto da minacciare un embargo come premessa di un eventuale intervento armato. Sostenere la causa di Sakineh era un atto dovuto.

Ma anche su questo argomento, le amnesie ipocrite hanno tentato di coprire la cruda realtà. Il rispetto verso la vita umana va oltre ad un ennesimo sopruso nei confronti di quella che viene considerata in molti paesi una minoranza, quella della donna appunto. Perché su questo argomento si rischia di contraddirsi più di quanto si possa immaginare, anche a longitudini più occidentali.

Un rapporto stilato da Amnesty International nel 2008 ha evidenziato che, oltre agli storici esecutori di queste incivili esecuzioni quali Afghanistan, Iran, Corea del Nord, Pakistan, anche l’europea Bielorussia non si è liberata di questa cattiva abitudine, neanche dopo l’indipendenza.

Ma la cosa sulla quale riflettere e fare i conti con l’ipocrisia è, senza dubbio, l’attitudine di soffermarsi sul giudizio e la condanna di simili scelte quando si tratta di Iran e paesi che sembrerebbero minacciare la pace nel mondo, tralasciando volutamente quelli che da sempre, hanno rappresentato i migliori alleati della politica estera dei paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti.

Come sottovalutare le 102 esecuzioni capitali eseguite nel 2008 in Arabia Saudita, dove il macabro raggiunge il blasfemo, quando alla tradizionale decapitazione pubblica si aggiunge, in alcuni casi, la crocifissione? O le 1718 eseguite nello stesso anno in Cina, il partner commerciale ideale delle grandi potenze industrializzate?

Se poi proviamo per un momento a pensare agli Stati Uniti, il disagio etico ci mette di fronte al paese della democrazia e libertà che, nonostante questo inalterabile mito, costituisce insieme a Iran, Arabia Saudita, Pakistan e Cina il 93% del totale (2390 nel 2008) delle esecuzioni capitali eseguite. L’unica differenza, rispetto agli altri quattro paesi, è determinata dall’80% dei cristiani di americani che hanno condizionato la presenza del prete durante le esecuzioni.

In beffa del quinto comandamento, che specialmente per i credenti, nella sua esplicazione recita: “La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente.”


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