Nickel Boys

Regia di RaMell Ross, con Ethan Cole Sharp, Sam Malone, Najah Bradley, Aunjanue Ellis, Jase Stidwell (Genere Drammatico - USA, 2024, durata 140 minuti).
E d’improvviso ritrovarsi negli anni ’60, accanto alla vita di uno dei tanti protagonisti che hanno sognato, a modo loro, un vita diversa, che non fosse ad ogni costo migliore, ma normale. Dove "normale" è solo un modo banale per riconoscersi nella libertà di partecipare a quel sogno americano, quello dei voli spaziali, della rivendicazione del diritto di vivere, prima ancora di quello umano che cancelli per sempre la discriminazione di un colore diverso.
Gli Stati Uniti si trascinano da secoli questa contraddizione ideologica, l’etichetta del Paese più democratico del mondo, la vergogna di un razzismo che trova le sue radici nella nascita stessa di una nazione.
Un senso di colpa che si trasferisce di generazione in generazione, un marchio di fabbrica che si è provato, si prova tutt’ora, a rendere meno evidente. Un presidente "abbronzato", campioni dello sport che sfrecciano e volano, attori che recitano in cerca di uno sbiancamento sociale che, forse, non si completerà mai.
Ed ecco l’esigenza di raccontare quello che la coscienza prova a soffocare. I libri, i film, le rappresentazioni teatrali. Tutto quanto possa fare tornare umani, nonostante le contraddizioni. Storie che si assomigliano, che si sfiorano, che servono per ricordare. E, soprattutto, per non voltarsi dall’altra parte. Perché, come reciterà il personaggio principale del film, Elwood Curtis: "Se ti volti dall’altra parte, diventi complice".
Il film del regista afroamericano RaMell Ross, tratto dal romanzo di Colson Whitehead, ci racconta una delle tante storie americane di razzismo. Questa volta siamo in Florida, a Tallahassee, Elwood è un ragazzo nero, nero come l’unico motivo che in quegli anni giustificasse una differenza di classe sociale. Non importa decisa da chi, ma in ogni caso un tarlo conficcato nelle menti di una certa cultura che, dopo sessant’anni è ancora lì a presentarci il conto.
Elwood è uno dei tanti ragazzi di talento, che sogna di finire gli studi e riservarsi un riscatto che sa di rivendicazione dei diritti civili. Il periodo storico è quello della famiglia Kennedy, di Martin Luther King, di Malcom X. Un periodo che raccolse la speranza di un popolo, facendo i conti con il sogno americano, che era già stato esportato oltre l’atmosfera terrestre alla conquista della Luna, pronto ad allargare i confini con l’imminente guerra in Vietnam.
Arrestato per un reato non commesso - accetterà un passaggio da uno sconosciuto che ha rubato un’auto - Elwood finirà alla Nickel Academy, un riformatorio. È l’inizio di un percorso che porta alla presa di coscienza che la società americana è divisa in due nette cromie e, davanti allo stesso reato, il bianco godrà sempre dei privilegi che al nero spetta solo osservare.
La caratteristica principale di questo film è la tecnica di ripresa. Il regista sovrappone lo spettatore, non solo metaforicamente, con i personaggi. Le inquadrature che mostrano l’oggetto di osservazione del protagonista, ma mai lo stesso interprete, con le sequenze filmate che esplorano i volti, i luoghi e le situazioni. Come se il personaggio della sequenza si muova con la telecamera in mano, offrendo allo spettatore un effetto molto simile a un videogioco.
In questo videogioco si costruisce la narrazione del film, che sa di violenza gratuita, fisica e mentale, che sa di sfruttamento nel nome di un ipotetico e discutibile percorso di riabilitazione. Che sa di bullismo, tra gli stessi compagni di cella, che condividono un destino al quale spetterebbe ribellarsi, per finire invece a contendersi le grazie dallo squallido educatore, Spencer, interpretato da Hamish Linklater.
Tra violenza, soprusi e umiliazioni trova spazio anche l’amicizia. Quella di Elwood con un altro ragazzo "ospite" del riformatorio, Turner (Brandon Wilson). Trova spazio anche l’amore, quello immenso e sofferto della nonna del protagonista, Hattie. Una delle recitazioni più convincenti dell’attrice Aunjanue L. Ellis, che abbiamo ammirato in passato in un altro film dedicato al razzismo, quel The Help di Tate Taylor del 2011.
In una società, come quella in cui viviamo ai giorni nostri, che spaccia la selezione naturale come emancipazione, tra rivendicazioni etniche e ancora, ancora e ancora, discutibili ambizioni di espansionismo democratico, il film di RaMell Ross diventa necessario. Un esempio educativo e storico da sottoporre all’attenzione delle nuove generazioni, quelle che dovrebbero costruire il futuro di una società dove i diritti civili siano una pretesa per tutti e non un esempio becero di discriminazione razziale tra un mondo bianco e uno nero.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -