Giurato numero 2

Un film di Clint Eastwood, con Nicholas Hoult, Zoey Deutch, Gabriel Basso, Toni Collette, J.K. Simmons, Kiefer Sutherland, Leslie Bibb (Drammatico, - USA, 2024, durata 114 minuti)
Se anni fa il compianto Mario Monicelli, nel giudicare l’uscita di un nuovo film di Nanni Moretti, ebbe a dire "togliti davanti alla cinepresa", per sottolineare l’ingombrante presenza dell’emergente regista che oscurava la narrazione e i protagonisti dei suoi film, Clint Eastwood sembra abbia attinto moltissimo da questa lezione in tanti anni di carriera da regista.
Con Giurato numero 2, si esclude da qualsiasi personaggio, che avrebbe potuto scegliere tra quelli proponibili nel film e, quasi a volere mettere in pratica la "lezione" di Monicelli, mette sulla scena una storia che, se a prima vista, sembra un remake di qualcosa già visto, richiamando la mente ad altri film che hanno trattato lo stesso argomento, introduce la novità del sentimento combattuto che vive il protagonista Justin Kemp (Nicholas Hoult), davanti a uno dei tanti bivi che la vita ci mette di fronte: nascondere una profonda e drammatica verità o, cedendo alla propria coscienza, far emergere un senso di giustizia, da difendere sempre e comunque?
- locandina
Il personaggio Justin Kemp si porta dietro un passato problematico d’alcolista che, grazie a una terapia di gruppo mirata e alla possibilità di una vita ricostruita, accanto alla moglie Ally (Zoey Deutch) in attesa della nascita della loro bambina, cerca un’opportunità di riscatto. In questa fase di transizione di un’esistenza destinata alla conferma di un fallimento, Justin Kemp viene convocato da un tribunale in veste di giurato, con il compito di decidere sull’innocenza o la colpevolezza di un presunto omicida, James Sythe (Gabriel Basso) che, un anno prima, avrebbe ucciso la compagna gettandola da un dirupo.
Due vite che si incrociano, per un altro esempio di destino beffardo. Da un lato un potenziale omicida, che ha tutte le caratteristiche per essere giudicato tale, violento e arrogante, un classico bullo di quartiere. Dall’altro, un uomo che tenta di ricostruirsi la normalità di un futuro, con un passato che ritorna a mordergli il presente, essendo stato, proprio in coincidenza con la data del presunto omicidio, protagonista di un incidente stradale con il quale, si era convinto di avere investito un cervo di passaggio.
Un terzo personaggio che va ad incrociare gli altri due, è l’avvocato Faith Killebrew (Toni Collette), classica donna in carriera che spera, da questo processo, di trovare il trampolino di lancio che la porti a ricoprire il ruolo di procuratore distrettuale.
Il ritmo lento della narrazione, che Eastwood si impone, accompagna lo spettatore attraverso una sequenza di colpi di scena e di ricordi che affiorano dalla coscienza del protagonista. La pioggia, copiosamente presente nelle diverse immagini, gli sguardi smarriti, il detto e il non volutamente detto, ci richiamano in parte il modo di raccontare e di creare quella giusta suspense, degna delle migliori pellicole del passato che tanti maestri del genere ci hanno donato. Citare Hitchcock è più che scontato.
Ma l’incertezza di quanto accadrà a breve non è legata all’eventuale rivelazione di un colpevole. È tutta incentrata sullo stato d’animo del protagonista che, da una parte è cosciente dell’innocenza dell’imputato e farà di tutto per rimettere in discussione gli indizi probanti che lo condannerebbero. Dall’altra, però, vive lo sconforto di dovere annullare con un colpo di spugna, che la giustizia e un profondo senso del dovere pretenderebbero da lui, quella speranza di normalità accanto alla sua famiglia che, più volte dirà in varie scene, "ha bisogno della sua presenza".
Che Clint Eastwood abbia sempre messo in scena storie di un quotidiano contraddittorio, che mette in discussione un ideale di correttezza e di livello etico che la società americana va pavoneggiando fuori confine, non sempre con verificabili riscontri nella realtà, fa del regista uno dei più apprezzati interpreti di un particolare "neo-realismo" statunitense.
Quello che risalta anche in Giurato numero 2 è quell’invito rivolto ai vari strati sociali del mondo moderno a ritrovarsi con se stessi, a interrogarsi sulle ipocrisie e a concentrarsi su quel filo sottilissimo che non riesce più a identificare, senza indugi, la differenza tra il giusto e lo sbagliato. Tra l’opportunismo e il senso del dovere. Anche sacrificando il proprio interesse personale.
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