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Gran Torino

Un film di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bee Vang e Ahney Her.

di Antonio Cavallaro - mercoledì 25 marzo 2009 - 6050 letture

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Walt Kowalski è un burbero e razzista ex soldato della guerra di Corea ed ex operaio della Ford, che dopo la morte della moglie si ritrova tutto solo a vivere in un quartiere abitato ormai da asiatici, costretto a respingere anche le interessate attenzioni dei figli che vogliono metterlo a riposo in un qualche istituto. Quello che rimane a Walt è l’amore per il suo cane e per la sua preziosissima auto, una Ford Gran Torino del ’72.

Quando il vicino di casa, un ragazzo di etnia Among poco più che adolescente, spinto dalle pressioni di una gang proverà a rubargli l’auto, Walt per poco non rischierà di ucciderlo, finendo poi però per salvare lo stesso ragazzo dalla ritorsione della gang causata dal fallimento in quella prova d’iniziazione. Questo episodio scatenerà una serie di eventi che avranno degli esiti sorprendenti per la vita e la persona che era diventata Walt Kowalski.

Ancora una volta Eastwood realizza un film in cui dimostra tutta la sua imprevedibilità. Il crepuscolare Kowalski è un uomo che si rapporta col mondo che lo circonda attraverso l’odio, conosciuto e allevato dai tempi di una guerra ormai lontana; l’amicizia che si svilupperà col giovane e “diverso” vicino ha la duplice valenza di essere affettiva e civica. Riprendendo quindi un tema già trattato in altri film, Eastwood indica ancora una volta la strada della riconciliazione, che per un paese come l’America deve essere sia etnica ma anche culturale, nella necessità di poter riflettere sul proprio passato e potere di conseguenza guardare al futuro. Ma il valore imprevedibile di questo film esula dai temi della narrazione e riguarda per intero il suo autore.

“Gran Torino” ultimo lavoro cinematografico di Eastwood, è soprattutto l’ultimo film che interpreterà come attore, come più volte dichiarato. Ed è proprio questo aspetto, questa volontà, annunciata e poi ribadita dal settantenne Eastwood a fare di “Gran Torino” un film diverso dagli altri, a conferirgli un valore determinato. A causa di ciò e per tutti gli elementi che si sviluppano e riempiono questo film, il pregio di “Gran Torino” risiede nel suo valore estrinseco.

“Gran Torino” investe e rivolta in pieno il mito di Eastwood, il reduce di Corea tormentato dal sangue versato è davvero una summa di tutti i suoi personaggi più importanti, e quello che intraprende e porta a compimento l’attore-regista con questo film è quasi una processo catartico concernente la sua carriera e il ruolo che l’immaginario collettivo gli ha conferito. La trasfigurazione dal mito del vecchio ispettore Callaghan è cominciata diversi anni fa e trova la sua completa realizzazione in questa opera, rappresentata dal modo in cui si sviluppa e si evolve il personaggio di Kowalski, che affronta lo scontro finale non con uno scudo di ferro sotto il giubbotto né armato fino ai denti ma, provato da una vita di rimorsi e orrori indimenticabili, affronta i teppisti votato al sacrificio, davvero in pace con se stesso. Il vero valore non è nel sacrificio di Kowalski, ma è nel percorso che determina questo sacrificio.

Senza quest’aspetto il film avrebbe la debole consistenza dell’apologo, sarebbe un film di “formazione” portato avanti spesso con eccesso didascalico. Attraverso le numerose autocitazioni presenti nel film, Eastwood ammicca allo spettatore ma al tempo stesso dimostra di aver saputo imbrigliare il suo mito e padroneggiarlo, ne è così capace e sicuro da concedersi persino l’estrema vanità di una scena di pianto.

Nella rincorsa iniziata già da tempo verso un processo di palingenesi dall’Eastwood reazionario e violento, è indubbio l’importante ruolo svolto dagli sceneggiatori dei suoi lavori precedenti, in quest’ottica una delle prove migliori viene data proprio da Nick Schenk, al suo esordio cinematografico, che scrive una sceneggiatura volutamente e sapientemente (nel suo intento eversivo) modulata tra archetipi e stereotipi. “Gran Torino” mascherando elegantemente le tentazioni di autoesaltazione, celebra e porta a completa realizzazione il percorso di una grande carriera. Magnifico Eastwood!


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