Giovannona Coscialunga e le altre

Dizionario stracult della commedia sexy / Marco Giusti. - 1 ed. - Milano : Bloodbuster, 2019. - 487 p., [11] : ril. ; 24,4 cm. - (I dizionari). - ISBN 978-88-943385-3-9.
Non abbiamo molto amato questo genere. Poche le battute che fanno davvero ridere, una gran quantità di caratteristi - il genere “commedia sexy” ha dato da mangiare a centinaia di comparse, ragazze procaci, disperati, professionisti del cinema nei diversi mestieri della catena produttiva - professionisti e improvvisati, mediocri e disperati, intelligenti e imbroglioni.
- Giovannona coscialunga, disonorata con onore (1972)
Insomma, è il circo del cinema italiano - che solo per caso ha prodotto pellicole (opere) di rilievo, il più delle volte ha vivacchiato attorno allo sfruttamento del mezzo. Soprattutto, guardavamo e guardiamo storto il genere perché questo - più di altri - mostrava l’evidenza della caratteristica più commerciale del cinema, la fragilità e nello stesso tempo il fatto di considerare lo spettatore un pollo da spennare, di bocca buona e fondamentalmente un idiota. Insomma, quello che sarebbe avvenuto di lì a qualche anno con la televisione commerciale di Berlusconi & C. L’antropologia del genere mostra più sfacciatamente, ingenuamente e in maniera più evidente, lo stadio belluino della società italiana, nel passaggio ancora incompiuto tra mondo contadino e mondo cittadino delle periferie. Il primo consumismo, il processo d’imborghesimento di massa che cancellava gli antichi dèi a favore di una disumanità artificiosa dei rapporti e delle etnie. Pasolini molto si divertì appresso a queste pellicole.
Non ci consola pensare che se il cinema italico ha prodotto pellicole di valore è perché ha avuto alla base questa gran produzione di pellicole di B-movie, che hanno fatto girare i capitali e le maestranze in attesa di poter lavorare anche in quelle pochissime pellicole gradite al pubblico internazionale e ai critici di Cannes.
Quelle acutamente catalogate nel Dizionario stracult della commedia sexy, da Marco Giusti, sono opere di frontiera tra il basso e lo strabasso. Giusti cerca di identificare una linea che farebbe nascere molte di queste pellicole da esemplari o da prove filmiche “alte”. È come impostare la questione se sia nato prima l’uovo o la gallina. Quello che ci sembra è che dopo il cinema neorealista, negli anni Sessanta del secolo scorso si sia innescato un processo, generazionale ed economico, che ha amplificato la platea non solo dell’offerta ma anche degli spettatori. Una società, quella italiana, evidentemente, molto stratificata, socialmente ed economicamente. Con tutte quelle contraddizioni sociali che sarebbero di lì a poco scoppiate tra la fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta.
In una società divisa tra due opposti moralismi - quello della chiesa cattolica che si esprimeva con la censura cinematografica in mano alla DC (le celebri censure di Andreotti) e quello dell’altrettanto moralistico e monolitico PCI -, questo filone mostrava che la società italiana era molto più varia e vasta di quanto potessero esaurire i due poli ideologici. Una specie di era d’oro della liberazione dagli opposti ideologismi, una pulsione vitalistica e boccaccesca che ha un suo sordo contenuto anche di ribellione, di disagio nei confronti di quanto di eccessivo e opprimente c’era in quell’eccesso ideologico. Una pulsione goliardica, parodistica (si pensi alla commedia comica di Ciccio e Franco Ingrassia), in cui la pruderie adolescenziale è quasi sempre al centro, il villico è deriso, la donna è oggetto dell’immaginazione più che del desiderio.
All’epoca, ragazzini, seguivamo con disattenzione i “cantarelli” - altro genere di B-movie, legato alla nascente industria della canzone e del divismo italiano -, e abbiamo cominciato a vedere i cinema riempirsi di gente per andare a vedere i B-movie del genere. Poco prima che tutto il cinema si contraesse, dopo la ristrutturazione spartiacque del 1975: la chiusura di molte sale, la trasformazione delle sale restanti in sale a luci rosse.
Chi ha vissuto quelle date limite, nella propria adolescenza, ha un ricordo nostalgico che ha tramandato e si è tramandato nella storia sociale del cinema italiano. Le pellicole del genere sono diventate “cult”. Tanto più che le televisioni “libere” ovvero commerciali successive hanno iniziato proprio svaligiando i magazzini di queste pellicole, per far cassa di spettatori e accedendo a diritti a basso costo. Anche per questa via è avvenuto il salto generazionale per cui un giovane oggi quindicenne o ventenne “sa” chi era Giovannona. Tanto più che alcune (poche) delle dive dell’epoca ha fatto carriera: l’ultima volta in pratica che il cinema italiano ha avuto modo di svolgere un ruolo di ascensore sociale per ragazze che mai avrebbero potuto aspirare altrimenti a sposare industriali o uomini danarosi (sì, stiamo parlando di Edwige Fenech e di quel Montezemolo).
Anche attraverso il genere si è formato una lingua e un bagaglio culturale di battute e riferimenti, una “cultura media” che ha popolato i cervelli e la bocca della nuova classe piccola e medio borghese italiana tra la fine degli anni Settanta fino a oggi.
Per noi, più di Giovannona, può rimanere negli occhi una dolcissima Gloria Guidi. E qui sospiriamo. Perché questo è il cinema: visione, e innamoramento. Il racconto di formazione - ciò che ci ha cresciuti e fatti diventare quel che siamo, oggi, nel bene e nel male - passa anche attraverso le sfaccettature di opere, immagini, discorsi come quelli dei film di questo filone. Per le seghe rimandiamo a un altro genere di limite che porta all’estremo la semplificazione operata dal genere commedia-sexy.
Il Dizionario di Giusti è un’opera decisamente importante e ben piena di notizie. Auguriamo una nuova edizione, che magari scelga tipograficamente la doppia colonna - il testo a colonna intera per questo tipo di opere è decisamente più faticosa per il lettore. E magari un apparato iconografico adeguato (probabilmente per il contenimento dei costi, in questa edizione è assente).
"Io so’ la mejo coscia de Roma e de tutte le femmine so’ la più calla... se l’artre abbruciano... io avvampo" (la frase di lancio del film-cult Giovannona coscialunga, diretto da Sergio Martino nel 1972, uscito nelle sale italiane il 18 aprile 1973).
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