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Giornalisti proni davanti a Draghi-Kim Jong-un

Fanno le fusa come cagnolini da salotto mentre il sindaco di Firenze ha una grande pensata: liberalizzare la vendita dei quotidiani. È in ritardo di 5 anni

di Adriano Todaro - mercoledì 29 dicembre 2021 - 2735 letture

Nelle ultime settimane ci sono stati due episodi che la dicono lunga sul giornalismo italiano e sul modo di fare informazione nel nostro Paese. Due episodi staccati tra loro, con nessuna attinenza. Eppure, nello stesso tempo la cartina di tornasole della nostra codina e disinformata informazione. Non è un gioco di parole, ma quello che è avvenuto negli ultimi tempi.

Cominciamo con il primo episodio, quello degli auguri, in diretta, del presidente del Consiglio Mario Draghi e della sua, non troppo velata, auto-nominazione al soglio del Quirinale. Come sempre avviene, il presidente del Consiglio riunisce, sotto Natale, i giornalisti accreditati e non solo fa gli auguri, ma comunica lo stato dell’arte del governo, cosa ha fatto, cosa deve fare ancora, gli impegni e i provvedimenti prossimi futuri. È stato così anche per Mario Draghi, ma con una differenza sostanziale. Mario Draghi, unico caso, è stato applaudito prima ancora di parlare, all’inizio e, poi, alla fine. Una figurazione plastica che rimanda alla Corea del nord o all’Unione Sovietica dove i delegati si nascondevano dietro occhiali neri e si facevano un sonnellino mentre l’oratore di turno parlava per 3 o 4 ore illustrando i grandi traguardi del piano quinquennale sull’agricoltura.

Qua i giornalisti non dormivano. Se ne stavano tranquilli ad ascoltare il Verbo draghiano. Soprattutto non disturbavano, con domande impertinenti, il novello Kim Jong-un. Un sonnolento pacifico momento di pace collettivo. Non era necessario agitarsi, porre domande ficcanti, contestare le cifre affermate da Kim-Draghi. Domandare, semmai, molto gentilmente per quale motivo s’intesta i soldi del Pnrr quando non è stato lui a portarli a casa. Sempre gentilmente domandare cosa intende fare per contrastare i morti che avvengono giornalmente nei posti di lavoro. E, con grazia, chiedere cosa intende fare Santo Kim Draghi per contrastare l’evasione fiscale. Ci rendiamo conto, però, che queste sono cosette da nulla. Non è certo alta politica. E non è alta politica perché quelli citati sono i problemi della povera gente non della Casta. Alla fine, come detto, altro rumoroso e immenso applauso da parte dei giornalisti. E poi, tutti a magnare.

Si dice che il giornalismo dovrebbe essere il cane da guardia della democrazia. Questi sono solo barboncini da salotto che fanno le fusa al potente di turno.

E veniamo all’altro episodio. Si fanno, continuamente, convegni pensosi sulla crisi dei giornali, sul fatto che si vendono sempre meno quotidiani, che la tecnologia uccide posti di lavoro e professionalità. Specialisti pensosi da tutto il mondo, periodicamente, tentano di trovare una soluzione a tutto questo. Ebbene, tutta fatica sprecata. Sarebbe bastato andare a Firenze o, meglio, chiedere al sindaco di Firenze, Dario Nardella come fare per risolvere il problema della diffusione dei quotidiani che, ricordiamolo, nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani e che ora si sono ridotti al 29,1% (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso dicasi per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%).

E cosa ha affermato questo renziano da riporto? Ha fatto una dichiarazione shock cui nessuno aveva mai pensato, nessun studioso si era mai cimentato. Si pensava ai grandi sistemi e, invece, ecco che la soluzione era a portata di mano, era semplice e candida come il giglio fiorentino. Nardella, una mattina si alza, e dichiara tutto computo: «Chi scende di casa deve trovare il quotidiano davanti. Anche al bar, al tabaccaio, ovunque. La liberalizzazione della vendita dei quotidiani sarebbe un grande apporto a tutta la filiera». Ovvìa, converrete anche voi che il Nardella pensiero ci aiuta moltissimo. A parte qualche problema con i termini nardelliani usati, per il resto è una grande trovata. Pensate: voi una mattina scendete “di casa” e vi trovate il “quotidiano davanti”. Badate: non dietro o di lato, ma proprio davanti. Non è meraviglioso? E anche la filiera applaude convinta.

La Federazione dei giornalai ha fatto notare che la liberalizzazione della vendita dei quotidiani esiste dal 2017 e non ha portato a una copia in più nella diffusione. Anzi, come visto, si acquistano sempre meno quotidiani. Negli ultimi dieci anni, in compenso, sono state chiuse 20 mila edicole. Nel primo semestre del 2020, a livello nazionale, hanno chiuso 1.410 edicole che salgono a 2.027 se si includono anche i punti non esclusivi.

In Italia non occorre nessuna licenza per vendere giornali in un bar o un tabaccaio. Però bar e tabaccai sono restii a farlo. Perché? Perché vendere giornali non è remunerativo, soprattutto se si vendono poche copie. Se dalla vendita di un quotidiano il bar/tabaccaio ricava solo pochi centesimi, non conviene di certo. La distribuzione delle copie invendute, infatti, e la tentata vendita non sono in alcun modo retribuite dagli editori.

Nardella queste cose le conosce? Non sarebbe meglio prima di parlare pensare, informarsi? In caso contrario si fa solo la figura da bischero. In senso buono, s’intende.


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