Feltri sospeso per sei mesi, ma continuerà a firmare

Sanzionato il direttore del "Giornale", ma tutto resterà come prima. Una situazione grottesca con un direttore recidivo che ha utilizzato uno "spione" radiato a suo tempo dell’Ordine.
Vittorio Feltri, direttore de il Giornale, e precedentemente di Libero, è stato sospeso per 6 mesi dall’Ordine dei Giornalisti. La sospensione è avvenuta il 25 marzo scorso dopo un dibattito all’Ordine lombardo durato otto ore e che ha visto spaccato l’organo di disciplina con una votazione finale 5 a 3.
In pratica sono andati a sentenza tre procedimenti disciplinari nei confronti del direttore de il Giornale. Si tratta della nota vicenda relativa a Dino Boffo, direttore di Avvenire il quotidiano di proprietà della Cei, la Conferenza episcopale italiana, della collaborazione continuativa di Renato Farina ai quotidiani il Giornale e Libero, sebbene la radiazione dall’Ordine dei giornalisti e di un articolo su Gianfranco Fini pubblicato da Feltri il 14 settembre 2009.
Per quest’ultimo caso, il Consiglio dell’Ordine della Lombardia ha assolto Feltri perché ha ritenuto che lo stesso abbia “agito nell’ambito del diritto di cronaca e di critica”. Negli altri due casi, invece, lo ha ritenuto colpevole. E su questi due casi è opportuno chiarire come sono andate le cose.
Alla fine di agosto 2009 Feltri accusa il direttore dell’Avvenire di non avere tutte le carte in regola per criticare il presidente del Consiglio in quanto era stato lui stesso condannato per molestie sessuali. Secondo l’Ordine di Milano Feltri ha pubblicato una serie di articoli “in cui ha attribuito falsamente al Tribunale di Terni informazioni non vere relative al collega Dino Boffo, violando gli artt. 2 e 48 della Legge istitutiva dell’Ordine, la n. 69 del 1963 e la Carta dei doveri del giornalista che prevede la pubblicazione di notizie vere e verificate, il dovere dell’attendibilità della fonte e la rettifica tempestiva in caso di notizie pubblicate inesatte”. Il comportamento di Feltri – sottolinea l’Ordine – “ha violato non solo la dignità e l’onore del collega Boffo, ma ha anche compromesso il rapporto di fiducia tra stampa e lettori”.
Dunque la motivazione della censura è molto chiara. Subito dopo l’uscita degli articoli di accusa a Dino Boffo, la “Società Pannunzio per la libertà d’informazione” di Milano presenta un esposto all’Ordine dei Giornalisti in quanto Feltri – secondo loro – non solo ha diffamato una persona, ma soprattutto ha leso il diritto dei lettori a non essere turlupinati con un’informazione falsa. Feltri, quel 28 agosto 2009, aveva compiuto una falsificazione facendo credere ai propri lettori che le informazioni date fossero della procura di Terni, mentre era solo un testo anonimo di origine peraltro molto sospetta e alla fine rivelatosi falso.
Vittorio Feltri, con calma, si accorge dell’ “errore” e il 4 dicembre 2009 scrive che Boffo è “giornalista prestigioso e apprezzato”, che ha tenuto “atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione”. Fa il classico salto della quaglia perché solo poco prima, il 2 settembre 2009, aveva scritto: “Però il molestatore (Boffo-Ndr) per favore, la smetta di negare e di strillare che Il Giornale si è costruito in casa un dossier bugiardo. Finora qui di bugiardo c’è solo lui”. Nell’articolo di pentimento, Feltri scrive anche che “la ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali… Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tanto meno si parla di omosessuale attenzionato”.
Insomma, tipico killeraggio mediatico. Si lancia il sasso e si ritira la mano. L’Ordine dei Giornalisti non ha però, evidentemente, creduto a Feltri e lo ha sospeso per 6 mesi anche se con un voto a maggioranza.
Qua però è necessario anche sottolineare come Vittorio Feltri sia recidivo. Il 29 settembre 2000, Feltri pubblica su Libero, il quotidiano che dirige in quel momento, otto fotografie ricavate da un sito di pedofili russi con scene di violenza su bambini che l’Ordine ritiene contrarie al buon costume perché illustrano “particolari raccapriccianti e impressionanti”. Si apre un’istruttoria e Feltri rinuncia a comparire. Alla fine arriva il pronunciamento: radiazione. Le carte, così come previsto dalla legge, vanno sia al Tribunale penale di Monza e sia all’Ordine dei giornalisti nazionale. Quest’ultimo, a maggioranza, trasforma la radiazione in censura. Libero esce con “Feltri assolto”. Non è così ed, infatti, una nota dell’Ordine nazionale spiega che “il direttore di Libero è stato condannato”. In Tribunale Feltri patteggia una pena di due mesi di reclusione per la pubblicazione delle foto di bambini violentati poi commutata in pena pecuniaria. Inoltre Feltri deve risarcire anche il presidente dell’Ordine lombardo per diffamazione.
Quindi è recidivo. Eppure tutto procede come sempre. Ora ha sei mesi di sospensione, ma niente paura perché continuerà a dirigere il Giornale. Questo perché Feltri potrà chiedere al Consiglio nazionale dell’Ordine di sospendere la sanzione in attesa del giudizio d’appello amministrativo. Tenendo conto che il Consiglio nazionale, tornerà operativo per le elezioni dell’Ordine, a fine giugno, c’è da ritenere che non cambierà nulla. Intanto la sentenza sarà sospesa sotto il profilo dell’esecutività fino alla presentazione del ricorso, cioè per 30 giorni dalla notifica.
Per l’altra questione che attiene direttamente alla deontologia professionale, quella relativa alla collaborazione continuativa di Renato Farina, c’è da rilevare che la “Società Pannunzio” non ha fatto un esposto, ma ha chiesto all’Ordine un parere-giudizio sulla legittimità che l’ex spia dei servizi segreti, radiato dall’Ordine, abbia scritto ben 270 articoli sia su Libero che sul Giornale. Su questo è necessario chiarire che nessuno può proibire a chiunque di scrivere su un giornale (sempre, ovviamente, che il direttore sia consenziente). Non c’entra nulla essere iscritto o meno all’Ordine perché è norma costituzionale garantita dall’articolo 21. Qua la situazione è diversa. Roberto Farina, oggi senatore del Pdl, nome in codice “Betulla”, era retribuito dai servizi segreti per depistare alcune vicende (Betulla-Pio Pompa-Sisde). E’ stato rinviato a giudizio per l’inchiesta sul rapimento dell’ex imam di Milano, Abu Omar. Il 16 febbraio 2007 si è dichiarato colpevole e ha patteggiato la pena di sei mesi di reclusione commutata, poi, in 6.800 euro di multa.
In realtà la radiazione di Farina viene vanificata dal fatto che Feltri lo utilizza non come commentatore, ma come inviato e come scrive la “Società Pannunzio” Farina “non si limita all’impegno legittimo di commentatore, ma lavora da resocontista nei convegni”. Inoltre gli aderenti alla “Pannunzio” fanno notare “il conflitto d’interessi (sappiamo non compete all’Ordine ma che è rivelatore di quanto sia inquinata la stampa italiana), che grottescamente ha visto protagonista proprio Farina che ha presentato un’interrogazione parlamentare sul caso Boffo di cui egli stesso era commentatore e figura di spicco sul Giornale”.
La sospensione di Vittorio Feltri ha portato a tutta una serie di comunicati da parte di esponenti della destra. Sono tutti indignati su come è stato trattato Feltri, non su quello che ha scritto nei confronti di Boffo. Il ciellino Roberto Formigoni parla di “barbarie”, l’onorevole Giorgio Stracquadanio, quello del “Predellino” afferma “che se non siamo all’intimidazione mafiosa, poco ci manca”, l’ex aderente alla P2, Fabrizio Cicchitto ritiene che la sospensione “è gravissima e grottesca” a dimostrazione di come l’Italia “sia piena di piccoli Vishinkij faziosi e biliosi”, Gianfranco Rotondi ci fa sapere che è “allibito” come “giornalista e non come ministro”, l’onorevole Osvaldo Napoli ritiene la sospensione “pagina vergognosa contro la libertà d’informazione”, Daniele Capezzone esprime solidarietà piena a Feltri “un autentico fuoriclasse del giornalismo e della scena civile italiana. E’ il Montanelli dei nostri tempi…”.
Anche Mario Borghezio, fine intellettuale della Lega, ha voluto dire la sua. La sospensione, per lui, “è una vergogna nazionale. Viva la libertà”. E poi anche il vicepresidente dei deputati Pdl, Carmelo Briguglio (“in una democrazia degna di tale nome anche Feltri ha il diritto di scrivere e di non essere interdetto…”) e il ministro Ignazio La Russa (“Non conosco gli atti del processo ma stupisce il tempismo alla vigilia delle elezioni… Ho molto stima per Feltri…”.
Bene. Anzi, male. Rimane solo qualcosa da dire sull’Ordine dei Giornalisti. La decisione della sospensione è stata molto soft anche perché tutti sappiamo che Feltri continuerà a scrivere e firmare il giornale. Questo episodio, però, porterà acqua ai detrattori di questa istituzione che rimane, per molti versi, l’unico baluardo per l’applicazione della deontologia dei giornalisti. Senza più l’Ordine, saranno solo gli editori a decidere. Ma certo così non serve a nulla. Penso a quanti giornalisti fanno il loro dovere, non speculano, rispettano la dignità delle persone, si comportano bene. Penso ai grandi nomi che comunque facciano danni sono sempre, in un modo o nell’altro, “perdonati”. Penso a Beppe Alfano ammazzato per gli articoli che il suo giornale pagava 5 mila lire. Penso a Giuseppe Fava e al fatto che al suo funerale nessun membro dell’Ordine o della Federazione della stampa era presente. Un Ordine com’è oggi non serve, è anacronistico. E’ necessario modificarlo fin dalle fondamenta. Solo così sarà possibile non avere nello stesso elenco giornalisti onesti, spioni e calunniatori di professione.
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