E’ morto il poeta Guido Ceronetti

All’età di 91 anni, ci lascia una delle figure più significative della cultura italiana.
Abbiamo avuto l’onore di ospitarlo nelle pagine della nostra rubrica "La poesia della settimana", pubblicata nel 2016 per Zerobook con il titolo Accanto a un bicchiere di vino. Una delle figure più poliedriche della cultura italiana. Ha spaziato tra la poesia, la letteratura, il giornalismo e la traduzione. E’ stato anche attore. Tra le sue ultime opere, ricordiamo Messia (Adelphi, 2017).
Vogliamo ricordarlo con la poesia scelta, e poi inserita, nell’antologia Accanto a un bicchiere di vino, La ballata dell’angelo ferito, uno degli esempi della poetica dissacrante e ironica di Guido Ceronetti, nella quale con sensibile umanità, ha voluto dire la sua sulla vicenda di Eluana Englaro.
La ballata dell’angelo ferito
Urlate urlate urlate urlate.
Non voglio lacrime. Urlate.
Idolo e vittima di opachi riti
Nutrita a forza in corpo che giace
Io Eluana grido per non darvi pace
Diciassette di coma che m’impietra
Gli anni di stupro mio che non ha fine.
Una marea di sangue repentina
Angelica mi venne e fu menzogna
Resto attaccata alla loro vergogna
Ero troppo felice? Mi ha ghermita
Triste fato una notte e non finita.
Gloria a te Medicina che mi hai rinata
Da naso a stomaco una sonda ficcata
Priva di morte e orfana di vita
Ho bussato alla porta del Gran Prete
Benedetto: Santità fammi morire!
Il papa è immerso in teologica fumata
Mi ha detto da una finestra un Cardinale
Bevi il tuo calice finché sia secco
Ti saluta Sua Santità con tanto affetto
Ho bussato alla porta del Dalai Lama.
Tu il Riverito dai gioghi tibetani
Tu che il male conosci e l’oppressura
Accendimi Nirvana e i tubi oscura
Ma gli occhi abbassa muto il Dalai Lama
Ho bussato alla porta del Tribunale
E il Giudice mi ha detto sei prosciolta
La legge oggi ti libera ma tu domani
Andrai tra di altri giudici le mani.
Iniquità che predichi io gemo senza gola
Bandiera persa qui nel gelo sola
Ho bussato alla porta del Signore
Se tu ci sei e vedi non mi abbandonare
Chiamami in cielo o dove mai ti pare
Soffia questa candela d’innocente
Ma il Signore non dice e non fa niente
Ho bussato alla porta del padre mio
Lui sì risponde! Figlia ti so capire
Dolcissimo io vorrei darti morire
Ma c’è una bieca Italia di congiura
Che mi sentenzia che non è natura
E il mio papà piangeva da fontana
Me tra ganasce di sorte puttana.
Cittadini, di tanta inferta offesa
Venga alla vostra bocca il sale amaro.
Pensate a me Eluana Englaro
Guido Ceronetti nasce a Torino nel 1927, lo stesso anno in cui Heidegger pubblica Essere e tempo. Silenzio, corpo, essere, tempo, viaggio: sono coordinate in cui si muove la sua poetica, perché è essenzialmente poeta. In quel suo corpo magro, negli occhi azzurri dove abita l’infinito. Impossibile stendere una biografia senza averlo visto, senza conoscere la timidezza che lo accompagna come un bastone da passeggio, la ritrosia ad ogni forma di scavo che non sia d’anima, la purezza delle sue rare, pubbliche apparizioni. Si nasconde dietro una marionetta o una fotografia, come un bimbo dietro il grembiule della madre.
Le opere più significative: Viaggio in Italia (1983), Il silenzio dei corpi (1994), Tutte le poesie. Il Viaggio in Italia è la cifra degli scrittori romantici di ogni epoca, un bagaglio di natura e cultura cui affidare gli odori acri del mezzogiorno, le "nebbie di anice" del nord, l’essenzialità della Toscana, la convivialità generosa della Romagna, la Roma barocca. Quasi un rito iniziatico per i cultori del bello. Guido Ceronetti ne compone un paesaggio differente, intimo, interiore, dove la «pioggia s’invena», tanto fa parte della psiche. È un viaggio sentimentale e lucido dove le brutture del moderno si sposano con lampi improvvisi di poesia inconsapevole, spesso scritta da chi poeta non è.
Il silenzio dei corpi è l’opera filosofica, in cui il pensiero si fa altro da sé e spazia all’interno e all’esterno alla ricerca del senso delle cose. Senso che è scavo, ruga, scoperta, luce, malattia, dolore, dialogo, assolo, carne che si decompone o esulta, corpo.
Tutte le poesie. È quasi impossibile parlare di poesia senza essere poeti. Quella di Ceronetti permea tutta la sua scrittura, poeti in qualche modo si nasce. Il poeta è colui che invece di masticare la realtà la tranghiottisce senza denti, fa del cibo un simbolo, una nuvola, un dolore, un ricordo.
All’inizio o alla fine dei suoi lavori poetici ci sono pagine in cui egli spiega il tempo, lo spazio, il modo in cui opera, ed è bello immaginarlo scrivere in piedi davanti a una finestra, mentre sorseggia il tè verde, all’alba come un soldato in guerra. Perché la sua è una vera e propria battaglia contro il brutto, contro il volgare, contro gli “operati d’anima” e il verso poetico è medicamento alla bruttura e all’insignificanza.
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