A Siracusa il racket... non esiste!

I continui segnali dei signori del "pizzo" in una città che adeguandosi al resto dell’isola, continua a non vedere, a non sentire e a non parlare.
14 ottobre 2003. Una Fiat Tipo posteggiata all’interno di un condominio residenziale nei pressi di Piazza Leonardo da Vinci prende fuoco. Il solerte intervento di due agenti della Polizia evita che l’auto venga totalmente distrutta. Il proprietario, titolare di un’officina meccanica, nega qualsiasi attinenza con eventuali precedenti minacce.
18 ottobre 2003. Un’altra auto, questa volta un’Alfa 75, viene cosparsa di benzina in Via Barresi. L’attentato viene compiuto in piena notte e anche questa volta, alle domande della Polizia, il proprietario nega l’ipotesi del racket. Ci si accontenta di una "probabile" difficoltà nei rapporti interpersonali.
20 ottobre 2003. Tre segnali in una sola notte. A Siracusa in Viale dei Comuni, intorno alle 23,00 va a fuoco un’automobile. Ad Augusta, dopo solo venticinque minuti, accade la stessa cosa. Infine, alle 7,00 del mattino, si ripete l’accaduto in un altro paese della provincia sira- cusana, Floridia. Tra le diverse ipotesi, spicca il vandalismo notturno di qualche giovinastro o di qualche incallito piromane. Rimane qualche labile sospetto collegato all’estorsione.
22 ottobre 2003. Stavolta, il palcoscenico degli "inspiegabili" incendi notturni a Siracusa, si sposta nel centro storico, nei pressi del mercato cittadino. Va a fuoco una Fiat coupè che danneggia "involontariamente" una Toyota Carina posteggiata nelle vicinanze. Finalmente, si parla con più convinzione di "…tracce evidenti di origine dolosa".
26 ottobre 2003. E’ la volta di una roulotte posteggiata in Viale Tica. La scena è nuovamente spostata nella zona nord della città. Anche in questo caso, una vettura parcheggiata nei pressi, subisce notevoli danni. Si ritorna a parlare di casualità accidentale degli eventi. Forse, un corto circuito all’impianto elettrico della roulotte.
29 ottobre 2003. L’incendio appiccato alla porta d’ingresso di un negozio specializzato in gingilli turistici, situato nei pressi di Piazza Pancali, suscita qualche disagio alle probabili ipotesi di spiegazione della dinamica dei fatti. La zona è stata protagonista di una serie a catena di analoghi episodi nelle settimane precedenti. Due ristoranti adiacenti, rispettivamente, La Darsena e La Rambla, hanno avuto modo di risollevare sospetti sulle attività d’estorsione praticate in città. Oltretutto, tra gli attentati ai due ristoranti, ha invaso la scena, un principio d’incendio ad un tabaccaio del posto e addirittura, ad un peschereccio adibito alla pescaturismo, ormeggiato davanti ai due locali. Si fa l’ipotesi del racket.
La cronologia appena descritta sopra, non è che un sunto di quello che accade a Siracusa negli ultimi anni. Abbiamo voluto catalogare soltanto, gli episodi più recenti, per risaltare il fatto che il problema, non è poi così lontano nel tempo, come qualcuno pretende di farci credere. A memoria storica, a chi nel frattempo, ha preferito metterla da parte, vogliamo ricordare l’analisi fatta da Tano Grasso, l’ex Presidente dell’Associazione antiracket, che fu ospite di Siracusa, meno di due anni fa. Durante un incontro svoltosi all’Antico Mercato di Ortigia, che aveva come tema "La criminalità organizzata e le estorsioni", fu evidenziato che a Siracusa, nonostante gli ottimi risultati ottenuti dalle autorità competenti in collaborazione con la società civile e dall’istituzione nel territorio della provincia, di associazioni antiracket a tutela degli esercenti pressati dal "pizzo", molto doveva ancora essere fatto per contrastare un nemico invisibile, che dalla sua, può vantare un’organizzazione operativa decennale.
Esattamente un anno fa, in occasione dell’insediamento a Siracusa del nuovo direttivo dell’Associazione antiracket e antiusura "Salvatore Raiti", il vicepresidente del Forum nazionale, Antonio Maiorca, ribadì le preoccupazioni di Grasso, dichiarando apertamente che in città, un commerciante su due, operava sotto la pressione del racket delle estorsioni. In quella occasione, precisò che la questione non era riconducibile sempre al pagamento del pizzo, ma molte volte si manifestava nell’imporre la lista dei fornitori ai quali rivolgersi per acquistare le merci o più semplicemente, nell’obbligare il commerciante ad assu- mere persone segnalate, anche quando il proprio mercato del lavoro non lo richiedesse.
La conferma della gravità della situazione a Siracusa, è giunta dalla relazione sulla criminalità rilasciata dal Ministero dell’Interno che ha collocato la città aretusea al primo posto tra le città che vivono il problema del racket, in una classifica particolare che di certo non costi- stuisce un vanto farne parte. Non tutti però, la pensano così. In piena sintonia con la tradizionale risposta isolana alle faccende in materia di condizionamenti del malaffare, che qualche decennio fa si traduceva in sintomatiche affermazioni del tipo "la mafia non esiste", qualcuno ha pensato bene di sminuire il velo di sporcizia che attanaglia Siracusa.
A correggere il tiro, ci ha pensato il questore Vincenzo Mauro che tra un’intervista rilasciata ai quotidiani locali e qualche apparizione più adulatrice sul piccolo schermo (vedi l’intervista rilasciata al TG3 Sicilia di qualche settimana fa), ha tenuto a precisare che i dati statistici rilasciati dal dossier del Ministero dell’Interno e le "pulci nell’orec- chio" impunemente messe dall’Associazione antiracket, erano da ritenersi prive di fondamento. Ha aggiunto che avrebbe avviato uno studio approfondito per smentire le dicerie. Ora, mettendo da parte la scontata domanda che indurrebbe a chiederci se quanto detto dal questore ci lasci il dubbio o no, che fino a quel momento non avesse avuto motivi per verificare di persona com’era la situazione, ci permettiamo di porre altri quesiti per avere un’idea più chiara sulla questione.
Dov’è il fantomatico poliziotto di quartiere che menziona il dottor Mauro nelle sue risposte, che avrebbe il compito del controllo nei singoli quartieri? Dove sono le pattuglie della polizia che il questore afferma essere state rafforzate, se la cittadinanza all’occorrenza del bisogno, al telefono si sente rispondere "che le volanti in dotazione sono insufficienti per poter intervenire con tempestività"? (provare per credere).
Vogliamo chiudere, peccando volontariamente di presunzione. Se la gravità della situazione non è poi così "grave", se i fenomeni incendiari che hanno riscaldato le notti siracusane di queste ultime settimane, non sono tutte ricollegabili alle attività d’intimidazione da parte del racket delle estorsioni, perché non deviare le indagini su ipotetiche truffe ai danni delle compagnie assicuratrici?
Ultima ora: domenica 30 novembre, un’esplosione ha turbato la cittadinanza di viale Tunisi (zona nord della città). Sembra che la vittima del messaggio dinamitardo sia stata un supermercato della zona. Attendiamo con ansia l’ennesima giustificazione fantasiosa della dinamica dell’accaduto.
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..a siracusa il racket esiste,tutti quelli che fanno parte dell,antimafia lo sanno e stanno zitti sennò la prossima volta saranno loro le vittime,li vedo tutte le sere le donzelle che lavorano negli uffici dell,antimafia ,anche i loro colleghi...spesso stanno insieme con coloro che stanno dall,altra parte...in questa città chiamata siracusa non esiste legge,regna l,anarchia totale ..ognuno fà quello che vuole,....
amen...
siracusa è una città di merde.. vili ignoranti che si sentono fighetti e raffinati. siti viddani!! porci e vili. luannu i babbi nun’arresta nuddu a sarausa.. falsi e venduti alla mafia e al potere dell’udc e di forza italia.. e anche del movimento per al’autonomia