Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia

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Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia / di Emanuele Gentile

Hélène Tuzet e il mondo dei viaggiatori in Sicilia

Per conoscere meglio il mondo del Grand Tour in riferimento alla Sicilia, la consultazione dei libri pubblicati da Hélène Tuzet è d’obbligo; e per due ordini di motivi: la completezza dell’analisi del fenomeno e la felice descrizione della Sicilia a cavallo fra Illuminismo e Romanticismo. Infatti, queste opere letterarie sono da considerarsi autentici livres de chevet indicando procedure metodologiche di ricerca inappuntabili ed esaustive.

I libri in questione sono La Sicile au XVIII siècle vue par les voyageurs étrangers del 1955[1] e Voyageurs français en Sicile au temps du Romantisme (1802-1848) del 1945[2]. La mole di informazioni presenti è tale che il loro utilizzo in seno alla presente Tesi va sviluppato in maniera da renderle compatibili con l’oggetto della medesima. In fin dei conti noi vogliamo capire cosa accomuna e non Alexis de Toqueville con gli altri viaggiatori, sia essi antecedenti o coevi.

Premetto di esser conscio che gli iniziatori del Grand Tour in Sicilia sono stati il prussiano Barone di Riedesel e l’inglese Patrick Brydone, tuttavia preferisco trattare esclusivamente dei viaggiatori francesi con l’intento di sviluppare una lavoro meno dispersivo.

Un precursore

Padre Labat

Un precursore assoluto è Padre Labat che la Tuzet definisce monaco e filibustiere.  Solo nel secolo scorso abbiamo avuto contezza di questa particolare figura di viaggiatore grazie ad una raccolta di brani tratti dai suoi Viaggi in Spagna e in Italia, pubblicata nel 1927 da A.T. Serstevens.

Jean Baptiste Labat nasce nel 1663 e dopo diciannove anni diventa monaco benedettino. Tuttavia non è proprio incline ad una predicazione metropolita ed inizia subito a viaggiare nei Carabi. In quei luoghi si fa notare non per conversioni effettuate, ma per un insieme di attività economiche e turbolente al tempo stesso. Dopo dodici anni di intense avventure caraibiche ritorna in Europa e nel 1705 intraprende il suo primo viaggio in Italia, mentre è in Sicilia nel 1711. Dopo il 1716 rientra definitivamente in Francia e trascorre gli ultimi anni della sua vita all’insegna della tranquillità. In contrasto con gli anni più giovanili. Proprio in questi anni di pace assoluta inizia a pubblicare libri a ricordo dei suoi viaggi.

E’ un viaggiatore particolare nel senso che sviluppa il suo senso di osservazione in base a precisi immagini che vengono rielaborate con un’innata vena romanzesca, ma non falsificando la realtà.

Infatti, comprende subito la realtà siciliana rimanendo basito dal fatto che gli assassinii rimangono impuniti oppure dalla facilità con cui i doganieri si lasciano corrompere od ancora dalle pesanti colpe degli ordini monacensi. Al tempo stesso è un incredibile descrittore di cibi, la Tuzet indica come fotografa la Melogena, oppure di persone. In pochi e felici tratti riesce a sviluppare un’immagine quasi fotografica della realtà che lo circonda. Interessante, inoltre, la sua descrizione delle Chiese di Messina utilizzate quasi fossero centri di socialità aperti alle esigenza della città.

Un viaggiatore, in sintesi, per nulla disposto ad un’elaborazione pittoresca e grottesca della Sicilia, ma, anzi, capace di sentire i sentimenti della nostra Terra e elaborarli con felice prosa.[3]

Il Settecento

Roland de la Platiere

Capo girondino, Roland de la Platiere nasce nel 1732 a Villefrance vicino Lione. Appena diciannovenne lascia la casa paterna ed inizia a girovagare per tutta la Francia lavorando, fra gli altri, a Nantes e Rouen. Nel corso della Rivoluzione Francese, e cioè dodici anni dopo il suo viaggio in Sicilia, ricopre il ruolo di ispettore al Commercio e delle Manifatture nella circoscrizione di Lione, viene eletto alla Municipalità ed in seguito diviene deputato alla Costituente al fine di rendere nota la pesante situazione lavorativa di quella città ove ventimila persone non hanno un lavoro.

Tra il 1776 e il 1778, Roland de la Platiere effettua un lungo viaggio di studi che doveva avere come termine il matrimonio con Manon Jeanne Philipon. Proprio la corrispondenza fra il de la Platiere e la sua futura moglie costituì la base del suo diario di viaggio avente come titolo Lettere scritte dalla Svizzera, dall’Italia, dalla Sicilia e da Malta pubblicato in Amsterdam nel 1780. Alla Sicilia è dedicato una parte del secondo volume e tutto il terzo.

Il viaggio siciliano si svolge massimamente lungo le coste e si accentra sui porti. Dall’analisi dei suoi scritti sulla Sicilia possiamo cogliere alcune note caratteristiche della sua indole. Infatti, nelle lettere alla sua amata si dilettava nella composizione di versi in italiano, ma è anche un gaudente in quanto a de la Platiere piace il buon vivere. Si interessa di tutto e di tutti; e non perde nessuna occasione per analizzare un dettaglio o tratteggiare una persona che ha incontrato.

Tuttavia, il suo spirito di osservazione non si limita a cose leggere, ma anche alla descrizione di attività lavorative. Gli alveari del siracusano, oppure la fabbricazione della seta nei dintorni di Catania. Ogni aspetto della vita quotidiana trova nel viaggiatore francese un occhio ben più che predisposto alla raccolta di impressioni e alla sua analisi.

Il senso del suo viaggio lo si comprende appieno allorquando scrive un’invocazione durante una tempesta dove rende a se stesso un particolare omaggio in virtù di tutto quello che ha sopportato e degli aspetti discordanti del proprio essere. Senza dubbio una personalità davvero complessa.[4]

Gli artisti: Vivant Denon e l’abate di Saint-Non

Con Vivant Denon e l’abate di Saint-Non la magniloquenza settecentesca è al massimo dello splendore. I due notissimi artisti francesi hanno espresso con una vita avventurosa e piena di eventi, la grandezza di quel secolo così facondo per le sorti del genere umano. Denon e l’abate di Saint-Non si sono lasciati travolgere da un tourbillon di viaggi, esperienze e fatti che ne hanno reso attori di primo rango e codificatori di alcuni tratti caratteristici.

Analizzare la biografia di queste due forti personalità è davvero avere il polso di quel secolo. Vivant Denon porta in scena a ventidue anni una piece teatrale intitolata Julie o il Buon Padre! Ma allo stesso tempo diventa incisore per madame di Pompadour ed è incaricato di missione in Svezia e Russia. Pubblica libri sulle sue impressioni di viaggio in Egitto ed è disegnatore di prima vaglia. Non da meno l’abate di Saint-Non. E’ consulente di Diritto al Parlamento. A Roma stringe amicizia con importanti pittori coevi. Pubblica libri di acquerelli che ottengono grandissimo successo in Francia. Intrattiene una corrispondenza piuttosto aspra con Rousseau. A Napoli si offre ostaggio al posto dell’amico pittore Robert. Destina metà del suo beneficio ecclesiastico di 8.000 lire all’Assemblea Nazionale. In breve, due personalità che hanno vissuto il loro secolo in ogni suo aspetto e testimoni attendibili di esso.

Proprio il diario che Denon andava redigendo sul suo viaggio in Sicilia e che inviava a puntate all’abate di Saint-Non, marca la nascita del c.d. Viaggio Pittoresco. Che cosa si intende per Viaggio Pittoresco? Essenzialmente un diario di viaggio ove la parte visiva (cioè le illustrazioni) hanno un peso molto importante rispetto alla parte testuale. In quel periodo abbiamo altri che sviluppano diari pittorici dei viaggi che fanno. Mi riferisco a Despres o a Chatelet. Anche se con fortune ben inferiori ai succitati maestri.

Quale Sicilia traspare dalle illustrazioni di Denon e dell’abate di Saint-Non? E’ la Sicilia dell’arte e dei paesaggi. Quel particolare tipo di Sicilia che avrebbe stregato i viaggiatori in visita alla nostra terra. Paesaggi e luoghi mozzafiato. Location che hanno fatto la fortuna della nostra terra. Le rovine di Segesta, la Conca d’Oro, Pantalica, Agrigento, l’Etna e la lista p davvero senza fine. E con alcune innovazioni gustose come quelle di sviluppare su illustrazioni di rovine immagini ricavate dalle leggende greche oppure ambientando situazioni di vita quotidiana. Non solo questo… Illustrazioni della vita di ogni giorno descrivendo luoghi reali e presenti dove rappresentare ciò che succede nel presente. La vita nelle città, le arti e i mestieri, i mezzi di trasporto, le coltivazioni. Un altro aspetto sono le feste, uno degli aspetti che più hanno contribuito a creare quell’alone di leggenda attorno alla Sicilia. Feste pagane oppure religiose. Feste in città o in campagna.

L’immagine come miglior modo di trasferire in altri paesi europei la vera realtà della Sicilia. Modalità per rendere la Sicilia molto più vicina in senso geografico poiché raggiungerla e visitarla comportava spesso parecchio tempo e fatiche non di poco conto.[5]

Jean Houel

Senza dubbio il viaggiatore francese ad esser rimasto più a lungo nella nostra terra. Infatti, restò in Sicilia per ben 4 anni, mentre i suoi diari furono il frutto di un’elaborazione durata 6 anni! Jean Houel nasce nel 1735 a Rouen da una famiglia di artisti. Nel 1769 parte per Roma con una licenza di ammissione per l’Accademia di Francia. Invaghitosi dell’Italia cerca qualsiasi pretesto per far durare la sua permanenza in Italia. Dopo sette anni finalmente giunge in Sicilia grazie ad una gratifica del governo di 300 lire torinesi. Da quel momento in poi la Sicilia diventa una terra che non ha misteri.

Il titolo esatto del suo diario di viaggio è lungo, ma bisogna citarlo in quanto è uno straordinario compendio del significato del viaggio: Viaggio pittoresco nelle isole di Sicilia, Malta e Lipari, dove si parla delle antichità che ancora vi si trovano, dei principali fenomeni della natura, dei costumi degli abitanti e di alcune usanze. Di importanza evidente una frase della prefazione: “Descriverò, come viaggiatore, il governo, gli usi e i costumi della Sicilia; come artista presenterò nelle stampe tutti i monumenti che mi sono sembrati interessati e rari”. E si tratta di un’opera davvero imponente in quanto alla Sicilia vi sono dedicati ben 4 tomi.

Sintetizzare la Sicilia di Jean Houel è impresa ardua poiché nel corso di quattro anni egli è riuscito a fotografare come mai prima d’ora, e forse dopo, la nostra terra. Si occupa di storie di stregoni e tradizioni pagane molto presenti nella Sicilia di allora. Si divaga a descrivere dal punto di vista pittorico una terra di pastori e paesaggi infiniti. E’ un vero viaggiatore pieno di curiosità tanto da addentrasi in una grotta pericolosa a Sciacca, ma è anche generoso e predisposto a forte sensibilità quando si tratta di descrivere la condizione delle popolazioni. Ma tutto entra nel suo raggio di osservazione: l’acqua di cui la Sicilia è terra faconda, le antichità, la fatica degli uomini che lavorano, le feste e parecchio altro. Di particolare pregio le sue minuziose descrizione delle incisioni che andava avvicinando ed osservando.

Jean Houel rimane il miglior esempio di come ottime capacità testuali possano convivere con un innato senso alle arti figurative. Senza dubbio uno dei migliori viaggiatori francesi per qualità e quantità di frutti. La Sicilia ha avuto in questo vero artista un vero e proprio ambasciatore capace di far diventare la Sicilia una metà d’obbligo per i viaggiatori che avessero voluto visitare l’Italia o l’area del Mediterraneo.[6]

Deodat Dolomieu

E’ grazie ad un libro datato 1921 che abbiamo notizie di questo insigne viaggiatore francese. Deodat Dolomieu nasce nel 1750 da una nobile famiglia del Delfinato. Si arruola giovanissimo nell’esercito francese dove inizia studi di geologia. Grazie a questa particolare specialità, Dolomieu viaggia in tutta l’area del Mediterraneo e nel 1781 è in Sicilia.

Nota biografia di particolare importanza è quella afferente alla sua prigionia che ebbe luogo prima a Taranto e poi a Messina nel 1799. Dopo due anni ritornò in Francia e fu in grado di iniziare un corso di mineralogia. Questa cattività provocò un’enorme nomea in Francia e le più alte cariche francesi del periodo si mossero fortemente per ottenerne la liberazione. Fu un esperienza che marcò profondamente Dolomieu per la rudezza, in primis psicologia, della sua prigionia. Dolomieu era una persona intelligente e mite. Tratti che sono immediatamente percettibili osservando il ritratto che Angelica Kauffmann gli fece a Roma.

Dolomieu essendo un geologo non si interessò mai della condizione dell’uomo in Sicilia, ma di tutto ciò che lo collegava alla sua professione. Infatti, la passione per il conoscere lo avrebbe portato a visionare qualsiasi tipo di paesaggio siciliano e i suoi presupposti geologici. Visita naturalmente l’Etna, fa osservazioni di carattere fisico, si addentra in caverne ed affratti. Tuttavia, al tempo stesso, denota una saggezza che colpisce chi gli sta vicino e lo fa considerare un filosofo.

Dopo la prigionia e alcune delusioni, avanza in lui l’amaro sentire del fallimento della filosofia e dell’impossibilità di essere realmente felice. Riconosceva i limiti della ragione e la realtà circondante assumeva una colorazione diversa.[7]

L’Ottocento

Hélène Tuzet passa ad analizzare i viaggiatori che nel periodo del Romanticismo arrivarono in Sicilia e per agevolare la loro conoscenza li divide per gruppi.

Il primo gruppo è quello degli Eredi dei Filosofi. Si tratta di un gruppo che segue lo spirito di conoscenza che pervadeva il classico viaggiatore del periodo illuminista. Maggiori rappresentanti di questa vague sono: Creuze de Lesser, Tourbillon, Auguste de Sayve, Louis Simond e Giraudeau.

I loro resoconti dei viaggi intrapresi in Sicilia non apportano nulla di nuovo in quanto spesso ricalcano i classici del genere. Quindi, manifesta superiorità della Francia, arretratezza generalizzata della Sicilia, bellezza dei monumenti e dei paesaggi, descrizione pittoresca delle tradizioni popolari e così via discorrendo.

Il solo che sembra eccellere nel succitato gruppo è Auguste de Sayve autore di un Voyage en Sicile fait en 1820 et 1821 par Auguste de Sayve ritenuto uno dei migliori diari di viaggio pubblicati da viaggiatori francesi sulla Sicilia. A dir il vero non tutta la pubblicazione si occupa degli appunti da viaggio. Infatti buona parte è occupata dalla descrizione della realtà siciliana come strutture di governo, tradizioni, religione, uomini celebri, scienza e così via discorrendo. Tuttavia si tratta di un prezioso contributo alla conoscenza di una Sicilia meno prevedibile e più realista.

Nel corso dell’opera Auguste de Sayve mette in mostra una notevole capacità descrittiva, vuole affermare il principio della sua indipendenza, se la prende contro i giudizi affrettati espressi, ad esempio, dal Tourbillon. L’autore, altresì, denota una notevole preparazione scientifica, preferisce non comparire, spesso si riferisce a Jean Houel in quanto entrambi maestri nel descrivere la realtà visitata senza apportarvi giudizi moralisti o personali.[8]

Più rappresentativo il gruppo dei Neo-Classici che si ricollegavano ad una adorazione quasi maniacale alla civiltà greco-romana e al culto dell’antichità. Per paradosso il loro amore per l’antico era confermato nella quotidiana pratica politica da un accesso spirito conservatore. A questo gruppo appartengono: le Marquis de Foresta, le Comte de Forbin, le Baron de Nervo e le Vicomte de Marcellus.

Le Marquis de Foresta ha realizzato una sola opera letteraria Lettres sur la Sicile pubblicata in due poderosi volumi in 8°. Hanno un difetto, mi riferisco alle lettere, sono informate di uno scrupolo letterario che nuoce alla spontaneità e qualche volta alla veridicità dell’osservazione. Un caso ante litteram alla Dumas padre? Il nostro Marchese avrebbe speso tutta la sua in viaggi e capita in Sicilia nel 1805, mentre, è opportuno ricordarlo, le sue impressioni sul viaggio sono pubblicate ben sedici anni dopo.

E’ una persona fortemente influenzata dagli autori classici e afferma liberamente che è interessato esclusivamente alla Sicilia di quell’epoca, ossia alla Sicilia dell’età greca e romana. Nel corso del suo diario di viaggio esprime tutta la sua avversione nei confronti della Rivoluzione Francese e di simpatia per la Chiesa Cattolica. Di notevole interesse le sue descrizioni di Siracusa e in generale delle vestigia classiche. Si perde volentieri in analisi sulla storia delle città che visita. E’ sicuramente un fedele seguace di Chateaubriand in quando sviluppa il suo periodare mettendo in evidenza il fulgido passato della Sicilia e il suo presente senza gloria.[9]

Di tutt’altro rilievo Le Comte de Frobin in quanto ci si trova innanzi a un viaggiatore di prima grandezza. I suoi scritti sulla Sicilia sono un capolavoro di descrizione misurata che alla fine ci impedisce di comprendere le reazioni intime del medesimo alla vista di un paesaggio o di un monumento. Anche lui fa riferimento a Chateaubriand e spesso viaggia seguendo le sue orme. Mi riferisco al classico itinerario Grecia, Asia Minore, Palestina ed Egitto.

Arriva in Sicilia nel 1820 assieme a un giovane pittore M. Clériau e ad un architetto M. Van Cléemputte, mentre i suoi Souvenirs de la Sicile vengono pubblicati nel 1823. Il suo contributo alla conoscenza della nostra terra inizia con una descrizione geografica e storica della Sicilia. Si nota una certa ritrosia nel ripercorrere la vacua prolissità descrittiva dei suoi predecessori per attenersi ad una visione più naturale ed immediata della sua osservazione. Notevoli le sue descrizioni della Riviera dei Ciclopi e di Messina. Ma non c’è solo questo… Infatti, il nostro Conte è maestro di descrizione monumentale e paesaggistico coniugando tutto questo a citazioni dotte afferenti a scrittori greci e latini. Una citazione a parte meritano le sue descrizioni delle tipiche manifestazioni siciliane ove emerge la sua ottima valenza di scrittore e romanziere.

Due gli aspetti da non sottovalutare: il suo tentativo di non far affiorare la sua indole di pittore e la capacità di sincronizzare testo e descrizione pittorica dei luoghi. Proprio questi due aspetti lo rendono sicuramente uno dei più attendibili visitatori francesi.[10]

Meno interessanti le Baron de Nervo e le Vicomte de Marcellus. Questi due viaggiatori francesi, infatti, sono piuttosto superficiali e non hanno nulla del rigore formativo e descrittivo del Foresta e del Forbin. Si accontentano di descrivere frettolosamente senza profondità ed interesse ad andare oltre al mero impatto visuale con un fatto, un paesaggio, un monumento o una persona incontrata durante il loro viaggio nella nostra terra. Definiamoli solo “cronisti di passaggio[11]

Decisamente particolari i Romantici, un gruppo a se stante e poco omogeneo rappresentato da personalità interessate a descrivere, anche alla lontana, specificità dell’animo siciliano. Per loro non sono di interesse le rovine, i monumenti o i paesaggi, ma, piuttosto, il reale in tutte le sue coloriture. Solo il picaresco, l’oleografico suscita interesse. A questo gruppo appartengono Paul de Julvécourt, Charles Didier, Alexandre Dumas Pére e Paul de Musset.

Paul de Julvécourt nasce nel 1807 e dedica buona parte della sua vita a parecchi viaggi in tutta Europa. Nonostante ciò i suoi resoconti di viaggio sono un caleidoscopio parecchio confuso di impressioni di viaggio, poesie, traduzioni di poemi popolari ed altro materiale testuale. Ama quasi esclusivamente i luoghi di alta montagna e si dice deluso per non aver incontrato in Calabria i briganti. Qualche annotazione felice sono presenti allorquando descrive alcuni tratti della famiglia italiana e non apprezza la stagnazione economica nello Stato Pontificio. Per il resto annotazioni di normale amministrazione.[12]

Il viaggio di Charles Didier inizia nel 1827 e per lungo tempo ha sofferto di una semi oscurità che ha nuociuto alla sua fama tanto da spingere Gorge Sand ad una annotazione ironica sul suo talento. E’ una amante del buon vivere e da ardente liberale si fa interprete dell’anelito di libertà dell’Italia. Didier è in contatto con molti elementi di spicco del mondo letterario francese e non lesina osservazioni sulla situazione italiana. Di rimarco nei suoi articoli sull’Italia pittoresca, la descrizione dell’Etna più l’usuale rosario costituito da Segesta, Monte Erice e Agrigento. Il suo contributo davvero rilevante è l’aver posto in risalto le città non proprio centrali nel Grand Tour, mi riferisco a Ragusa, Enna, Mazara e Modica.[13]

Con Alexandre Dumas Pére entriamo in un campo minato. Dumas ha scritto due opere letterarie sul suo viaggio in Sicilia: Sperorare (del 1841) e Capitaine Arena (del 1842); e non si sa ancora se il noto scrittore francese abbia soggiornato nella nostra terra. In questa sede non ci occupiamo di questa querelle, ma il problema persiste. Ciò che ci rimane è una alluvione di annotazioni e descrizioni sulla Sicilia che non ha eguali. Qui siamo davvero nel parossismo descrittivo.

Si passa dal Festino in onore di Santa Rosalia alla veglia funebre di un bambino che presto diventa soggetto di commedia grottesca. Discetta sullo scirocco e sulle catacombe dei cappuccini. Si perde in lunghe descrizioni sulla cucina siciliana o su erranti che raccontano delle gesta di Orlando il Furioso. Passa da Agrigento e cerca di affascinare il lettore con la storia di un paniere pieno di pesce… Scene di pesca nello Stretto di Messina si alternano a visite speleologiche in tutta la Sicilia. La lista è davvero senza fine e tutto ciò lascia interdetti i lettori.

Nel dubbio sulla veridicità dei fatti riportati, anche Marco Polo deve difendersi da analoga accusa, bisogna liberamente affermare che Dumas Pére è stato un grande ambasciatore della Sicilia nel mondo. L’effluvio di notizie che egli riporta può essere definito come un mega spot pubblicitario senza eguali[14].

Fratello di Afred, Paul de Musset non ha il suo genio. Solo l’allegrezza, la verve e la fantasia lo accomunano al fratello più importante. E’ in Italia, e quindi Sicilia, nel 1843, mentre i suoi scritti sul viaggio compiuto sono pubblicati nel 1845. E’ un descrittore allegro, ma superficiale in quanto non è minimamente interessato ai monumenti e alla sua storia. Le sue annotazioni di viaggio sono semplici note di bordo scritte per divertire il lettore. Nulla di più. Solo le descrizioni degli abitanti delle varie città siciliane sono degne di note anche se alcune di esse dovrebbero essere ricevuto con il beneficio del dubbio.[15]

Il Grand Tour dell’età romantica finisce con gli Indipendenti. E’ un gruppo che non si riconosce in nessuna precedente esperienza di viaggio e compie il viaggio in Sicilia solo per interesse personale. L’età dell’oro del Grand Tour è davvero giunta al termine. Ciò lo si può notare anche dalla pochezza dei resoconti di viaggio di questi Indipendenti, più o meno semplici resoconti senza una ratio specifica.

Il primo di questo gruppo è Renouard de Bussierre che parte per la Sicilia assieme al fratello nel 1836. Dai suoi appunti di viaggio sembra che sia pervaso di spirito religioso e cerca in ogni aspetto del viaggio il lato meditativo ed ecumenico. Infatti, mette in evidenza il senso di fratellanza che pervade il popolo siciliano che si aiuta sempre e comunque. Avversa spesso lo modo con cui viene governata la Sicilia. Un viaggiatore attento e moderato.[16]

Marmot è un militare che a 64 anni intraprende un viaggio ufficiale e piuttosto essenziale in Sicilia. Si interessa di Cagliostro e delle guerre fra Atene e Siracusa. C’è, tuttavia, un dettaglio curioso, ci tramanda una descrizione molto valida del Festino di Santa Rosalia. Non dimentichiamoci che è un militare! Altri punti di interesse sono la nobiltà siciliana, gli ordini monastici e le Università. Pur avendo avuto poco tempo per visitare la Sicilia, Marmot ci regala alcuni interessanti squarci della nostra terra.[17]

Nel 1843 giunge in Sicilia Félix Bourquelot nato a Provins nel 1815. E’ una persona calma e  di idee liberali. Questo suo background politico gli fa prendere posizione contro la miseria del popolo siciliano e non cerca mai il classico ritratto pittoresco della Sicilia. Ironizza sull’eccesso di religiosità, ma dimostra capacità descrittiva di non poco conto in riferimento alle feste religiose. Termina il suo Voyage en Sicile edito nel 1848 con alcune divagazioni, in senso hegeliano, sull’arte dove accusa l’arte gotica di non essere arte cristiana. Manca in lui la capacità di analisi psicologica, ma essendo un positivista…[18]



[1] Hélène Tuzet, La Sicile au XVIII siecle vue par les voyageurs etranger,s Strasbourg, Editions P.H. Heitz, 1955

[2] Hélène Tuzet, Voyageurs Français en Sicile au temps du Romantisme (1802-1848), Paris, Boivin et Cie, 1945

[3] cfr. H. Tuzet in La Sicile au XVIII siecle vue par les voyageurs etrangers op. cit. pag. 29-34

[4] cfr. ibidem pag. 69-74

[5] cfr. ibidem pag. 75-85

[6] cfr. ibidem pag. 86-98

[7] cfr. ibidem pag. 99-109

[8] cfr. H. Tuzet in Voyageurs Français en Sicile au temps du Romantisme (1802-1848) op. cit. pag. 55-93

[9] cfr. ibidem pag. 94-105

[10] cfr. ibidem pag. 105-122

[11] cfr. ibidem pag. 122-136

[12] cfr. ibidem pag. 138-143

[13] cfr. ibidem pag. 144-150

[14] cfr. ibidem pag. 150-184

[15] cfr. ibidem pag. 184-188

[16] cfr. ibidem pag. 189-198

[17] cfr. ibidem pag. 198-202

[18] cfr. ibidem pag. 202 e 205

 

 

Contesto

Alexis de Tocqueville: scheda autore

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