Miliardari senza gloria?
Alcune note a margine di: Marco Morini, TRUMP & CO. Miliardari al potere nella crisi del neoliberismo (Castelvecchi 2017); Irene Doda, L’utopia dei miliardari. Analisi e critica del lungotermismo (Tlon 2024).
Chi l’ha detto che i libri, specialmente quelli di politica, invecchiano? Dopo la rielezione di Mr Trump alla Casa Bianca ho ripreso in mano il lungimirante saggio di Marco Morini (Scienza Politica, Roma La Sapienza), che avevo relegato in qualche scaffale della libreria, e l’ho riaperto alla prima pagina, dove Fabrizio Tonello (Scienza Politica, Padova) scriveva nella sua colta prefazione che il fenomeno dei miliardari in politica era ancora poco studiato al momento... Peccato ci sia chi crede che i libri abbiano una data di scadenza: credo (temo) che il libro di Morini sarà attuale ancora a lungo.
- Copertina di Trump & Co., di Marco Morini
Sono passati sette anni dall’incipit accorato di quel libro: “L’elezione di Donald Trump è un cataclisma per la politica americana, per la storia politica statunitense” (p. 11). Populista, razzista, sessista, il neoeletto rappresentava per Morini una novità dirompente in USA, per quanto preceduto da altri miliardari sulla scena internazionale – Thaksin, Perot, Berlusconi… – e il giovane e promettente studioso ne delineava con cura e lucidità il profilo, la storia personale, gli obiettivi, sottolineando che ovunque nel mondo la ricchezza veniva distribuita in modo sempre più diseguale.
Mi pare che ben pochi degli attuali governanti si ispirino ai princìpi che Socrate espone nella Repubblica di Platone che vanno dalla parità dei sessi alla condivisione della proprietà privata, alla riformulazione della famiglia e all’obbligo, per i “guardiani” dello stato, a non avere nessun guadagno tranne il mantenimento puro e semplice a spese dei cittadini.
Il più vecchio e il più ricco presidente di sempre non solo ha governato per tutto il primo mandato; non solo ha contestato i voti alle elezioni successive, sostenendo la rivolta di Capitol Hill contro il suo legittimo erede alla White House; ma è stato ora ri-votato da un numero impressionante di elettori ed elettrici, evidentemente convinti/e di un suo magico superpotere che si articolerebbe nel cancellare la crisi economica, nel far terminare le guerre, nel rendere l’America great again.
- Copertina di L’utopia dei miliardari, di Irene Doda
Di miliardari si occupa anche Irene Doda (giornalista freelance), che nel suo recente pamphlet affronta vari punti cruciali della politica internazionali: dal cosiddetto “lungotermismo” alla filantropia, dal cambiamento climatico all’esplorazione spaziale. Proiettarsi nel futuro lontano, anzi lontanissimo (longtermism), è il nuovo hobby dei miliardari, anzi la loro “utopia”. Una parola che mi fa rabbrividire se applicata alla parte potente del mondo, visto che nella tradizione letteraria le utopie sono quelle che hanno sempre immaginato mondi dove regnano l’uguaglianza, la parità di genere, il superamento dei conflitti e delle ingiustizie, ecc. In letteratura, quelle messe in atto dai regimi sono chiamate distopie. E tali mi sembrano questi mondi post-apocalittici in cui i potenti sognano di rifugiarsi, conservando i loro cervelli congelati o affidando la propria personalità, conoscenza, memoria a supporti alternativi al corpo fisico.
Anche Roberto Barbolini, nel suo più ironico Apocalisse a rate (FuoriAsse 2024), affronta problemi analoghi, a partire dal titolo; ma Doda studia piuttosto il progetto egemonico di quella dottrina neoliberista mondiale che, non contenta di aver assoggettato il globo (globalizzandolo, appunto), si rivolge alla colonizzazione dello Spazio e anche del tempo. Il “bene dell’umanità futura” è l’alibi di lobbies che utilizzano una tecnologia non certamente neutrale, illudendo la massa che l’industria si sia convertita a una svolta onestamente green e che “se le persone desiderano partire per il pianeta rosso possono sottoscrivere un prestito e poi lavorare per ripagarlo”, come recita un post di Musk del 2021 (p. 54).
A proposito di quest’ultimo signore, concludo con una citazione dal libro di Doda: “Abbiamo inquinato, dicono i Bezos e i Musk del mondo, abbiamo lavorato contro i sindacati e le organizzazioni dei nostri dipendenti, abbiamo contribuito al consumo del suolo, al riscaldamento globale, alla desertificazione –ma abbiamo un piano per farvi sopravvivere tra un milione di anni, fidatevi di noi” (p. 55).
Del resto, anche l’altra filosofia dei miliardari, l’accelerazionismo, ha molti aspetti critici. È portata avanti da chi sostiene che “uno sviluppo rapido dell’intelligenza artificiale aiuterebbe a risolvere i problemi del mondo” (p. 80), ma questo ovviamente apre a nuove controversie sociali, legali, etiche. Per fortuna non devo scegliere, non essendo miliardaria né rischiando di diventarlo. L’unica certezza che ho è che questi personaggi non hanno alcuna gloria, che dico, alcuna dignità.
E per favore, non chiamiamole utopie.
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