16° Incontro Nazionale di Emergency

Prima serata dell’abituale appuntamento annuale con lo staff di Emergency al Palazzo della Cultura di Catania.
Molte volte vorresti che queste occasioni fossero i resoconti positivi di un cambiamento di tendenza verso il modo, quasi rassegnato, di vedere il mondo e le sue tragedie. Tragedie che non sono frutto di un passivo pessimismo davanti alle forze della Natura ed alle sue manifestazioni di potenza e devastazione. Ed anche in questo caso, rimarrebbe sempre qualche dubbio sulla reale crudeltà della Natura stessa, decantata dai poeti.
Rimangono, invece, momenti di grande comunità d’intenti, dai quali provare ancora una volta a far ripartire una speranza. E’ la banalità la traccia indelebile che macchia questi appuntamenti annuali con Emergency per le città d’Italia. Una banalità che va a braccetto con la semplicità d’analisi di quello che ci sta accadendo intorno, che accade nonostante ci sforziamo di girarci dall’altra parte, che accade con crudeltà inaudita e sotto i soliti vessilli che impunemente impastano le bocche dei potenti con parole quali pace, democrazia, solidarietà. Che accade come se una volontà generale, anzi globalizzata, abbia deciso di percorrere la strada senza ritorno, frase fatta che sta rubando ogni giorno lo spazio evasivo di un verso di una canzone, della quale non ricordiamo neanche più il titolo.
Siamo davanti ad un mondo che, con accelerazione incalcolabile, schizza verso una tecnologia che va di pari passo a quelle evoluzioni che ci hanno rinchiuso dentro uno schermo di pc a sentenziare un mondo che non ci obbliga ad esporci oltre il dovuto di una citazione famosa, con la quale identificarsi in un contraddittorio anonimato sociale. Un’evoluzione della specie che non ha saputo pronunciare la parola "fine" alla guerra, mentre continua a coniare nuovi attributi da abbinare a delle assurde giustificazioni a tutto questo.
Gino Strada, davanti ad un pubblico numerosissimo all’interno del cortile del Palazzo della Cultura ieri sera a Catania, si è voluto soffermare su queste argomentazioni, trattate migliaia di volte in altre occasioni, ma con il bisogno sempre costante di essere ribadite e supportate da una ferma convinzione di essere dalla parte giusta del mondo. La parte che ci identifica ancora oggi, utopisti, come se esserlo voglia dire in ogni caso essere affetti da una strana patologia inguaribile.
Vogliamo rimanere malati cronici di questo sogno, non siamo certo noi ad aver bisogno di cure psicologiche. Ben altri "cretini", come diplomaticamente li ha definiti lo stesso Strada, avrebbero bisogno di rivedere le proprie vite e le proprie scelte, spesso in maniera devastante, discutibili e che, purtroppo, ricadono su tutta la società mondiale.
Ci si ritrova, invece, a confrontarci con poco meno di una decina di potenti della terra che continuano ad allestire vetrine mediatiche dalle quali annunciare nuovi interventi armati e nuovi nemici da combattere. Mentre il Mediterraneo è sempre più il cimitero di questi tempi "evoluti" e il 35% delle vittime di guerra continuano ad essere bambini, o cuccioli, come più poeticamente li ha definiti Gino Strada. Cuccioli che stiamo assassinando ogni giorno, senza un vero perché, sottovalutando che distruggere il proprio futuro che essi rappresentano, vuol dire anche avviarsi verso un’inevitabile estinzione della razza umana.
Ieri sera è stata anche l’occasione per ascoltare la preziosa testimonianza del Prefetto di Ragusa, Maria Carmela Librizzi, impegnata da gennaio 2016, ogni giorno a far fronte alle emergenze che gli sbarchi a Pozzallo comportano da oltre venti anni. Una donna che ha saputo andare oltre i propri dogmatici doveri istituzionali, affidando la propria umanità e sensibilità alle migliaia di persone che, a lei, hanno affidato la loro vita, forse senza saperlo.
Preziosa, anche, la testimonianza di Jo Jo, un attivista Emergency che opera ad Augusta. Un eritreo che ci ha parlato con la fermezza che può vantare solo chi opera in prima linea, davanti a queste che, sono e rimangono, le vere tragedie dei nostri tempi. Con un italiano forbito e semplicità, ci ha raccontato la sua storia di fuggitivo dalla guerra del suo paese, che qualcun altro gli ha imposto, e del suo arrivo in Italia otto anni fa. Tra paure, violenze, morti, ha saputo trovare un vero motivo di vita, per mettersi a disposizione degli altri. Perché, come lui stesso ha voluto sottolineare, conoscere la storia di un altro essere umano, vuol dire farne parte e capire. Capire ciò che, forse, non si ha voglia neanche più di ascoltare.
E’ quanto ha sottolineato anche Flavio Insinna, l’ultimo ospite intervenuto. Protagonista in prima persona di un’inchiesta documentaristica girata a Polistena, in Calabria, ha evidenziato la condizione di schiavitù che molti lavoratori stranieri devono subire, ricattatati da un lavoro massacrante e sottopagato a garanzia di quel foglio di carta che garantisca la loro permanenza legale nel nostro territorio.
Un particolare ci ha colpito più degli altri, durante il dibattito. Quello che ha messo in luce le reazioni di molti italiani di fronte al fenomeno immigratorio, ossia la paura di una rivalità in campo lavorativo e di diritti sociali riconosciuti dal nostro governo che vedono nel nuovo ospite una sorta di concorrenza, senza alcuna forma di privilegio nei confronti del cittadino italiano.
Una considerazione spesso affrettata e priva di fondamento, a nostro giudizio. Quello che non si considera, forse anche per colpa di una forma mal nascosta di razzismo, è il fatto che la paventata ipotesi che potrebbe vedere il popolo italiano coinvolto in una nuova immigrazione di massa oltre confine, a causa di una situazione sociale di invivibilità nel nostro paese dovuta ad un’incertezza lavorativa ed l’assenza di diritti essenziali, quali la sanità o lo studio, è già una realtà. Nelle nostre città del sud, ma indagini statistiche sulla questione parlano anche di un fenomeno in sviluppo anche al nord, le nuove generazioni stanno ripercorrendo i passi dei nonni, emigranti per il nord Europa in cerca di un diritto alla vita. Lo stesso rivendicato dall’attivista eritreo, scappato da una dittatura imposta dai potenti del mondo, e non più garantito dai nostri governanti che ci stanno trascinando, ogni giorno di più, in un’unitile guerra tra poveri. Sottovalutare questo diritto e non capire, o non voler capire, che debba essere sancito in qualsiasi angolo del mondo, non è soltanto ipocrisia. E’, soprattutto, egoismo.
Il programma dell’evento proseguirà stasera presso il Teatro Massimo Bellini di Catania con la Conferenza multimediale, dal titolo "La valigia: un viaggio verso l’abolizione della guerra", condotta da Cecilia Strada, presidente di Emergency. Saranno ospiti Gino Strada, Renato Accorinti, Sindaco di Messina, Bader Belrhazi, mediatore culturale del Programma Italia di Emergency, Luca Corso, coordinatore medico del Programma Italia di Emergency, Vito Alfieri Fontana, ingegnere ed ex proprietario della Tecnovar e Giovanna Schittino, psicoterapeuta e psicologa. Inizio ore 21,00.
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