Il Giudice burocrate
Lo Stato italiano ha praticamente abdicato al ruolo di fornitore di giustizia pubblica, ma i correttivi sono spaventosi
Il codice di Hammurabi, una delle prime leggi scritte della Storia, ha un prologo in cui Hammurabi si vanta di essere stato scelto per distruggere il male, in modo che il potente non opprimesse il debole. Dunque, sin dall’inizio dei tempi, è stato avvertito il bisogno di codificare delle regole allo scopo precipuo di proteggere il debole dai soprusi di chi, altrimenti, avrebbe avuto gli strumenti e il potere per farsi comunque ragione.
La Legge richiedeva però l’intervento di uomini saggi, probi e indipendenti che la interpretassero, per garantire che non andasse perduto proprio il senso della regola e per impedire che la Legge divenisse l’ennesimo strumento nelle mani dei potenti per schiacciare l’individuo sotto interpretazioni o procedure spietate. I romani coniarono per questo il più eccelso dei brocardi: ‘summum ius summa iniuria’.
Tutto questo sembra oggi dimenticato nelle aule della giustizia civile italiana, con il graduale svilimento della altissima funzione dell’esercizio della giurisdizione. Quale cattivo maestro ha insegnato ai magistrati di ultima generazione ad appiattirsi sul precedente o a rispettare ‘la linea dell’ufficio’? Chi ha insegnato loro a dimenticare che la giustizia è giustizia del caso concreto? Vi risponderanno che c’è un’esigenza di uniformità a scopo di certezza del diritto; ma questo vale per le pronunce della Cassazione, che ha un ruolo di c.d. nomofilachia a livello nazionale.
Per il resto, non si vede perché sia importante che il singolo Tribunale decida tutte le questioni simili allo stesso modo, quando nel circondario confinante si fa magari l’opposto (lo stesso vale nel giudizio amministrativo; basti pensare al TAR Catania e al TAR Palermo). Sicuramente è comodo, sicuramente è agevolato il copia-incolla, ma non è modo di garantire giustizia.De iure condendo, andrebbe piuttosto proibito al Giudice di richiamare, nella propria sentenza, il precedente di un Giudice di pari grado.
Né si comprende perché l’interpretazione letterale prevalga ormai su quella costituzionale, che rimette sempre l’Uomo al centro. Ci si chiede allora a cosa serva un Giudice, nell’era dell’intelligenza artificiale, se si tratta soltanto di fornire input a un algoritmo. Ricordo vecchi magistrati che prima si facevano un’idea su ‘chi ha ragione e in che misura’, e poi rivestivano il tutto con la Legge, che diveniva Logos e calzava al caso concreto come un abito sartoriale e non come un grossolano sacco, buono per tutti e soprattutto buono per far presto.
E’ vero che lo Stato italiano ha praticamente abdicato al ruolo di fornitore di giustizia pubblica, ma i correttivi sono spaventosi. Anche gli avvocati civilisti si ritrovano, per ragioni di opportunità, ad essere sempre meno creativi e sempre più abbarbicati al precedente, obbligati anche ad esprimersi in modo sintetico e a vedere ‘puniti’ i loro clienti se la questione è ormai ‘pacifica’ (ma pacifica per chi?); una volta gli avvocati contribuivano a crearlo, il diritto, premiati da sentenze coraggiose e magari isolate di pretori di provincia, che però hanno fatto la storia della nostra costituzione materiale. E guai se siete così poveri da non potervi permettere la Giustizia: al patrocinio a spese dello Stato accede solo chi supera il vaglio di fondatezza; il ricco e potente ha invece il diritto di ‘provarci’, e tante volte gli va pure bene, in questa lotteria. Tutto ciò poco interessa al Giudice burocrate del XXI secolo, a cui hanno semplicemente ordinato di smaltire tonnellate di cartacce, con buona pace di Hammurabi.
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