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Quisquilie&Pinzellacchere n. 126 - Lo...Renzi il Magnifico

di Franco Novembrini - mercoledì 23 dicembre 2020 - 1753 letture

Le difficoltà di Renzi hanno partono da lontano e, per certi versi, sono sovrapponibili a quelle dell’altro Matteo della politica italiana. Le origini dei due hanno in comune la partecipazione da giovanissimi a due trasmissioni televisive nelle quali un po’ per fortuna e magari qualche aiutino, come si usa fare con i ragazzi che "bucano lo schermo", hanno vinto somme notevoli per i tempi facendo pochissimo sforzo e credendo che quello sia il mondo reale. Questo fenomeno si può riscontrare in altri soggetti che confondono il successo, ottenuto con ogni mezzo, la visibilità con l’intelligenza. La politica poi, specialmente quella di questi ultimi decenni è stata un campo privilegiato per personaggi di tale fatta. Ma veniamo al nostro Matteo.

Arrivato, benché democristiano della peggiore specie, ad essere presidente della Provincia di Firenze con il PD, cioè un partito creato sulla carta, ma erede di un grande partito della sinistra italiana che in nome di una modernità altrettanto fittizia e una sconsiderata lotta "compagnicida’’ fra i suoi dirigenti, anche loro dimentichi delle origini e delle capacità dei loro padri, nel nome di un fallimento più burocratico che militare dell’URSS, hanno cambiato campo tout court divenendo filoamericani e ispirandosi unicamente ai dettami mondiali degli USA. Dopo la Provincia il nostro è divenuto sindaco di Firenze e credendosi appunto Lorenzo il Magnifico, circondato da machiavellici consiglieri, finanzieri d’assalto, generali e giudici compiacenti, ha cominciato ha sproloquiare sulla anzianità dei dirigenti come unico elemento per rottamarli a favore dei "giovani’’ pur avendo avendo come suggeritori e mentori Giorgio Napolitano, Sabino Cassese e per completare l’opera anche un consigliere, tale Berlusconi da Arcore ed ai quali chiedeva lumi nei momenti di difficoltà.

Per la memoria, come politico bisogna ricordare che ha inventato, si fa per dire, la stessa cosa che aveva fatto Comunione e Liberazione una trentina di anni prima con l’annuale raduno di Rimini dove con il pretesto di parlare di temi politici e sociali poi si trattavano sostanziosi affari e spartizioni di pezzi di potere. La sua creatura fu chiamata Leopolda, cioè il nome della vecchia stazione in disuso di Firenze, come sindaco commise anche altre stranezze che gli furono perdonate da una stampa poco attenta e che dimentica facilmente. Una su tutte quella di fare dei buchi su una parete di Palazzo Vecchio di Firenze per scoprire se sotto una parete di dipinta dal Vasari c’era il dipinto di Leonardo della "Battaglia di Anghiari’’, i buchi furono fatti dopo 5 anni ricerche costose e dovevano perlomeno rendere guardinghi sul tipo di cultura del nostro Matteo che si basa unicamente sulle dicerie e sulla ricerca di una visibilità da ottenere e costi altissimi. Poi sentendosi un VW (Veltroni) ottenne dai suoi uomini piazzati nella RAI la possibilità di fare uno stucchevole ed autoincensante documentario su Firenze all’epoca di Lo...renzi il munifico.

Ricordo, fra quelli che aderirono alla prima Leopolda, c’era un giovane segretario del PD di Monza che mi chiese, in quanto toscano, un parere su Renzi. Io mi basai, non conoscendolo, sulla spocchia che metteva nelle sue affermazioni e sulle condanne per tutto ciò che lui considerava vecchio ed un filo di vannamarchismo nel presentare i suoi interventi, dal quale era meglio prendere le distanze. Dopo mesi ebbe ad accorgersene anche lui, il segretario monzese del PD intendo. Ora c’è un dibattito sulla interpretazioni delle uscite ed anche entrate del fiorentino di provincia e del perché e del percome le faccia. Al solito molti cercano il difficile dove non esiste, basterebbe ricordare le sue promesse di dimissioni e di ritiro, come un novello Coriolano, in caso di sconfitta. Inoltre come déjà vu berlusconiano di buttarla in caciara quando si avvicinavano processi per lui o per i suoi, cioè quello che sta accadendo al padre.

Ricordare inoltre il disprezzo che aveva per i partitini del 2-3%, la vicenda dell’Air Force, le figure internazionali dell’assalto ai Rolex, quella di aver avvertito Carlo de Benedetti che avrebbero varato un decreto sulle banche tramutandole in Spa, per valutare la credibilità delle sue minacce. Uno come lui non farà mai una crisi di governo che con la legge elettorale in vigore lo farebbe sparire dalla scena politica e le sue fedeli truppe, vista la malaparata e la consuetudine a cambiare casacca, non lo seguirebbero certamente. O no?


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