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Quel problema con l’intelligenza

Non far sapere al contadino quant’è buono il formaggio con le pere...

di Sergej - sabato 1 aprile 2023 - 1931 letture

La notizia viene sintetizzata in maniera chiara da Il Post:

OpenAI, l’organizzazione statunitense che possiede ChatGPT, il chatbot che grazie all’intelligenza artificiale risponde a frasi scritte o pronunciate dagli utenti, ha sospeso il servizio in Italia, rendendo irraggiungibile il sito che ospita il chatbot. La decisione è stata presa dopo l’avvio di un’istruttoria da parte del Garante per la protezione dei dati personali, chiamato anche Garante della Privacy, dovuta a una presunta raccolta illecita dei dati personali da parte del chatbot.

È sempre abbastanza singolare questa difficoltà che ha l’Italia e hanno gli italiani riguardo all’intelligenza. Una cosa di lunga durata. Si pensi alle esaltazioni, sempre postume e sempre eccessive, riguardo ai "grandi genii". Da Leonardo agli altri. In forma sciovinistica e nazionalistica, per cui tutte - ma proprio tutte - le più grandi invenzioni hanno la partecipazione di un qualche genio italiano. Una cosa che ci accomuna con tutti i Paesi nazionalistici, dall’Unione sovietica (per la quale tutte le tecnologie erano sempre state inventate da un qualche ingegnere sovietico) alla Francia (Leonardo era francese, naturalmente) alla Spagna (Colombo era spagnolo...). Allegramente, sapendo che il nostro essere "italiani" è cosa abbastanza recente, ma noi mettiamo nel calderone romani, latini e buona parte dei greci, e immigrati di tutti i tipi nella lunga sequela di dominazioni che abbiamo conosciuto.

E come si ha per esagerazione l’esaltazione (postuma), si ha il disprezzo sommo per tutti i contemporanei. Nemo profeta in patria, è il detto opportuno, sfoderato per uccidere meglio chi sembra possa farti ombra. Nell’Italia oligarchica si andava avanti per raccomandazione: si diventava intelligente e si era ammessi come intelligenti se entravi nella simpatia di un qualche notabile (Italia liberale) o gerarca (Italia fascista) o ecclesiastico (Italia democristiana e comunista, le due parrocchie del tempo). Erano e sono "gli intelligentoni" quelli da disprezzare perché osano andare oltre la gente comune e padana; sono grandi intelligenze, furbissimi, coloro che attraverso l’imbroglio e la corruzione dominano per via di cosca. Falcone parlava di "menti finissime" e intelligentissime. Con disprezzo e sprezzatura si parla di "ferraglia" per riferirsi ai server della propria azienda, o a "intelligentoni" per chi sviluppa codice. I nostri imprenditori che non investono una sola lira per la ricerca e un’intera classe dirigente che non sa neppure accendere un computer o utilizzare il mouse, o il politico di turno che viene ripreso assopito sul tablet frizzato su Youporn nell’aula del Parlamento.

E così, in questo rimpallo continuo tra estremo disprezzo e ammirazione per il losco, l’Italia perde 100 mila giovani l’anno di menti - giovani, appunto, in qualche modo intelligenti - che emigrano verso altri Paesi alla ricerca di lavoro, anche grazie al meccanismo delle gabbie salariali europee oltre che per i meccanismi da sempre esistenti per cui la periferia alimenta il centro - e l’Italia è periferia, sa di esserlo. Quando la barca sta per affondare si mettono in salvo i propri figli: l’hanno fatto i russi quando crollò l’Unione Sovietica, lo sta facendo la nostra borghesia qui in Italia. Altri Paesi riempiono treni e barconi. Perché noi italiani dovremmo essere differenti? Non ci accorgiamo che razza di mondo stiamo costruendo?

La sottrazione ormai da mezzo secolo a questa parte di intelligenze un qualche effetto a livello globale, sull’Italia, dovrebbe ormai sentirsi. Dicono che c’è una perdita di QI evidente tra le generazioni degli anni Sessanta e quelle attuali. Come nel film cult statunitense, diventiamo un Paese sempre più idiota in cui gli idioti promuovono ai posti di comando sempre più idioti. Ma naturalmente la nostra sapienza di lungo corso ci fa disprezzare misure così artificiali e anglosassoni come il QI (o anche i test Invalsi). "Noi" "sappiamo" e sentiamo di essere più intelligenti di qualsiasi forma di misurazione artificiale e arbitraria. perché noi siamo specialisti: sappiamo che qualsiasi test può essere manipolato, che qualsiasi esame è solo una gara non tra "chi sa" e chi "non sa", ma tra chi sfrutta al meglio la propria intelligenza: anche nel barare - soprattutto nel barare - e farla franca.

Mentre al governo politico del Paese si succedono le sperimentazioni più diverse: dai tecnici intelligentissimi ai marpioni più infami e pluricondannati. Esaltati (Monti? competentissimo. Draghi? intelligenza finissima) e poi subito affossati, in questa convulsa vita politica italiana che negli ultimi decenni ha provato tutte le coalizioni possibili - fare politica ha a che fare con il sesso, si provano tutte le posizioni senza remore e senza preclusioni mentali, ci si mette d’accordo e ci si stupisce di essere usati e buttati via quando non serve più (lo stupore dell’intelligentissimo Violante sugli accordi disattesi da Berlusconi) -.

L’intelligenza in Italia (e non solo) è dunque una strana cosa. Sono intelligenti i missili, ma solo quando vengono esaltati dalla propaganda "nostra" - ci si ricorda del martellante lavoro svolto dai nostri giornalisti all’epoca della Guerra del Golfo, tutti unanimi e in gara a chi si mostrava più compiacente con il padrone americano. E ora (in realtà da diversi decenni) con l’AI, l’intelligenza artificiale. Che evidentemente non alberga in Italia, e non ne deve albergare - neppure questa - perché si sa, mai far sapere al contadino quanto è buono il formaggio con le pere. E nel caso, si trova un cavillo per fottere comunque il contadino.


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