L’anniversario della morte di Berlinguer
Tutti fummo uniti dal senso di colpa. In quel momento la sua morte ci ricordò chi avremmo voluto essere e per quale obiettivo - collettivo, di lotta e di redenzione sociale - avremmo dovuto lottare.
Berliguer Enrico (Sassari, 25 maggio 1922 – Padova, 11 giugno 1984)
In quei mesi il PCI era profondamente isolato. Il Paese era refrattario, nelle sue forze dominanti (Confindustria e Fiat, giornali tutti - tranne solo il tiepido L’Unità e il bastian contrario Manifesto) a volere una qualsiasi riforma - non solo quelle che riguardavano la vita economica, ma anche la vita civile: e difatti l’Italia non si è più spostata di molto da quella situazione fino ad oggi (al di là di retoriche e infingimenti); all’interno del PCI non tutti erano d’accordo con la linea dura di Berlinguer contro il padronato e l’ottusità degli “imprenditori”: e i “miglioristi” erano solo quelli che più chiaramente esprimevano il loro disaccordo. La sfida di Berlinguer in quei mesi fu anche una sfida interna contro una parte del Sindacato e una parte del PCI, oltre che contro il resto della “sinistra”. La morte di Berlinguer colse tutti di sorpresa. Temo - anche - che alcuni all’interno del PCI tirarono un sospiro di sollievo.
Tutti fummo uniti dal senso di colpa. In quel momento la sua morte ci ricordò chi avremmo voluto essere e per quale obiettivo - collettivo, di lotta e di redenzione sociale - avremmo dovuto lottare. Non si muore mai senza motivo, Berlinguer è morto perché un intero popolo lo volle - per i più diversi motivi, a volte non necessariamente nobili motivi. Per questo lo vogliamo ancora ricordare.
Questo è quello che ricordo oggi di quell’11 giugno 1984.
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