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"Il volo della fenice": remake di John Moore

Il coraggio e l’intraprendenza dell’uomo dinanzi ad una situazione disperata.

di calogero - mercoledì 27 aprile 2005 - 5324 letture

Nell’originale del 1966 “Il volo della fenice”, diretto da Robert “Quella sporca dozzina” Aldrich, ad interpretare i superstiti del disastro aero - un bimotore precipitato nel Sahara - c’erano i nomi di Ernest Borgnine, Peter Finch e James Stewart.

Oggi, nel remake omonimo prodotto dal figlio di Aldrich - William - e diretto professionalmente da John Moore (“Behin enemy lines - Dietro le linee nemiche”), bisogna “accontentarsi” di nomi come quelli di Dennis Quaid (che comunque “invecchiando” migliora!), Giovanni Ribisi, Mirando Otto, Tyrese Gibson per il ruolo dei sopravvissuti al disastro aereo che li vede costretti - con poca acqua e cibo - nel deserto del Gobi e senza alcuna possibilità di essere raggiunti dalle squadre di soccorso.

Anche per loro la sola speranza di salvezza consiste nel fare l’impossibile: costruire un nuovo aeroplano utilizzando i rottami del loro velivolo. Classico film d’azione sul tema “gruppo ‘d’uomini in situazione di estrema difficoltà” (genere sempre fortunato sul grande schermo!), il moderno “Il volo della Fenice” si rivela un discreto prodotto d’intrattenimento che grazie ad interpreti in parte, una regia fluida e tesa, set naturali mozzafiato (il deserto della Namibia) ed una fotografia patinata (Brendan Veronica Guerin Galvin) ma d’effetto ci appassiona e coinvolge facendoci iriflettere su quanto straordinario sia l’essere umano quando nei momenti peggiori della sia esistenza è costretto a dare il meglio di sé.


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