Sei all'interno di >> :.: Primo Piano | Guerre Globali |

Il vero volto della diplomazia

Aspetti positivi e negativi di incontri che, da segreti, diventano pubblici, per certi versi allettanti.

di Silvia Zambrini - mercoledì 9 aprile 2025 - 435 letture

La negoziazione nel senso classico della diplomazia presume che le parti siano più ansiose di accordarsi che di contrastarsi” (Dean Acheson, Segretario di Stato degli USA sotto la presidenza Truman dal 1949 al 1953).


Le procedure di trattativa tra Capi di Stato per arrivare ad un accordo includono richieste, proposte e altre cose meno distinte come la volontà di arrivare velocemente a una conclusione (specie in caso di guerra). Ora succede di assistere a questi colloqui da sempre riservati. A ciò contribuiscono i nuovi media che permettono a ognuno di esprimersi pubblicamente abituando la platea a sentire di tutto senza troppi formalismi.

Da una parte la ridondanza porta a uno scadimento dell’informazione stessa, a distogliere l’attenzione da ciò che è davvero importante attraverso una spettacolarizzazione dei dettagli più grotteschi. Dall’altra, assistere a certe interazioni tra alti vertici di Stato, con tanto di toni aggressivi e battute infelici, permette di comprendere la vera essenza di questi incontri: si tratta pur sempre di contrattazioni, così come in caso di normali intese commerciali, giuridiche, condominiali; in senso più ampio di scambi tra le parti di cui si conoscono i benefici ma non i costi (come per gli accordi tra forze politiche avverse, o per il rilascio di connazionali prigionieri all’estero). E, non meno, si tratta di circostanze, andamenti di sondaggi, questioni interne a partiti e movimenti per cui diventa pacifista anche chi rappresenta la destra più intollerante, xenofoba; per cui intellettuali e progressisti si schierano a favore del riarmo per una guerra “giusta”.

Ma anche la messa in piazza di queste contraddizioni, a parte l’imbarazzo, ha una funzione: di dimostrare che, nonostante l’aspetto “positivo” della guerra in termini di diritto alla difesa o alla democrazia (anche laddove non è mai esistita), motivazioni economiche e di consenso si antepongono a quella di cessare il fuoco.

Conoscere da vicino queste trame in ogni particolare di linguaggio e aspetti di comunicazione non focalizzata, permette di cogliere quei segnali di incertezza, di ostilità evidente per cui il compromesso già si presenta debole, suscettibile di ripensamenti che ne ritarderanno l’attuazione o che faranno interrompere un procedimento in corso (cosa che può scatenare aggressioni ancora più gravi). O anche di spiccata propensione a concludere il negoziato in senso “classico”, attraverso collaborazione reciproca, evitando il più possibile le divergenze.

La gente ha il diritto di comprendere cosa succede dietro quelle facciate di meeting gioiosi, sale da pranzo, first lady in visita presso scuole e ospedali mentre i mariti decidono sulla sorte dei civili, quali le vere intenzioni e interessi di chi conduce queste trattative. Deve poter valutare i benefici di certe decisioni in termini di sopravvivenza prima di ogni altra cosa. Senza troppi spettacoli a sostegno della pace per mezzo di orchestre e gruppi che riuniscono artisti di Stati da anni in conflitto perché questi eventi distraggono da quello che è il vero costo della pace: danaro, terre rare, giacimenti, dazi.

Senza troppe aspettative ma nemmeno incognite verso quella che, alla fine, rimane un’operazione di compravendita bilaterale, analizzando così la vera essenza dello scambio diplomatico: un’essenza spesso greve, mossa da propositi di dubbio altruismo ma pur sempre preferibile alla guerra, “giusta” o sbagliata che sia.


Questo articolo è stato diffuso anche da Fana.one.


I tag per questo articolo: |

- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -