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Milano spaccata in due: Automobilisti insofferenti e ciclisti in continuo pericolo

Il persistere di abitudini che portano alla tragedia è anche frutto di una mentalità socialmente accettata.

di Silvia Zambrini - domenica 27 ottobre 2024 - 477 letture

Una folla di cittadini era riunita giovedì sera [24 ottobre 2024] in via Superga a Milano dove un ciclista ha perso la vita a causa del forte impatto con la portiera aperta di una macchina: in una via tranquilla, per nulla trafficata, in un orario in cui la maggior parte della gente è rientrata a casa. L’emozione era forte come ogni volta che ci si ritrova tra ciclisti in occasioni come questa e si vorrebbe fosse l’ultima.

Incidenti per distrazione purtroppo accadono ma com’è possibile che certe attenzioni, come quella elementare di guardare prima di aprire una portiera, non si siano automatizzate nel tempo?

E viene anche da chiedersi cosa stia succedendo in una città dove una sorta di guerra civile tra automobilisti e ciclisti si intensifica larvatamente. Come spesso in un conflitto tra appartenenti a uno stesso territorio, una delle parti possiede minori strumenti, minori appoggi politici e consenso della pubblica opinione. In questo specifico caso i ciclisti rimangono le prime vittime non fosse altro che per la debolezza e vulnerabilità del proprio mezzo.

Chi usa la bici a Milano conosce quei momenti in cui un’auto in doppia fila compie manovre istintive, un’altra non rallenta agli incroci, schizza da un passo carraio, svolta improvvisamente e tutte quelle situazioni in cui si è consapevoli di non essere visti, e tanto meno previsti. Avverte inoltre l’impazienza dell’automobilista, la sua ostilità verso chi ha "la colpa" di essere più agile, di ricavarsi dei passaggi in mezzo al traffico; al punto che personaggi noti del giornalismo e della politica dichiarano impunemente di amare i ciclisti solo quando vengono investiti. Ciò a conferma di un’ostilità socialmente condivisa, grazie alla quale l’automobilista mantiene atteggiamenti negligenti: indietreggiare o aprire la portiera senza prima guardare, pur trattandosi di abitudini consolidate, vengono considerati delle fatalità.

Il nuovo Codice della Strada attraverso provvedimenti come quello di ridurre gli autovelox ricalca questa mentalità a favore del mezzo pesante; la stessa per cui le ciclabili diventano parcheggi abusivi; per cui il Comune non interviene per il ripristino di pavimentazioni incompatibili con lo scorrere di ruote sottili. Se a livello di categoria i ciclisti godessero di maggiore “simpatia” già si alleggerirebbe un conflitto che coinvolge anche quegli automobilisti attenti nei loro confronti (per fortuna tanti) ma mentalmente esitanti. Il mio pensiero va a Francesco Caputo, ingegnere di 35 anni che per la sua professione si era trasferito a Milano e, terminato l’orario di lavoro, rientrava a casa pedalando su una bici del Comune. E penso anche agli automobilisti cui, la tacita tolleranza verso atteggiamenti noncuranti, ha reso essi stessi vittime di pesanti rimorsi. Diciamo basta a questa assurda guerra civile.

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L’articolo di Silvia Zambrini è diffuso anche da Fana.one.



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