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Guccione, Iudice e Morales, testimoni del Mar Mediterraneo

Tre artisti dentro un filo conduttore unico. Saranno visitabili fino al 6 maggio, presso il Museo Diocesano di Caltagirone.

di Piero Buscemi - martedì 1 maggio 2018 - 9471 letture

Il mare è sempre stato una via di comunicazione. Una caratteristica che imparavamo sui libri di scuola, quando la fantasia diventata realtà sfogliando quei libri di storia che ci raccontavano i viaggi e le migrazioni di popoli dentro quel Mediterraneo che scoprivamo solo in estate, durante quegli stacchi mensili da un nuovo ritorno sui banchi di scuola.

A volte erano i libri di geografia a colpirci lo sguardo sognante, imbarcati su navi puniche o galeoni spagnoli, percorrendo miglia di acqua salata verso un ignoto che apparteneva a tutta l’umanità, senza troppe stupide rivendicazioni che trasformassero il mare in un moderno muro d’acqua, troppo spesso usato per dividere.

I libri di storia e quelli di geografia li abbiamo lasciati ammuffire nei nostri ricordi, oltre che nelle nostre personali cassapanche, dove custodiamo una vita che sognammo diversa. La scuola moderna li ha quasi ormai banditi del tutto. Un altro latrocinio culturale perpetuato nei confronti delle nuove generazioni. Un altro effimero trucco per svuotare le menti e scardinare alla nascita qualsiasi sogno puerile.

In nostro aiuto continuano a venirci incontro gli artisti. Le memorie storiche di un mondo che sente il bisogno di dimenticare e rifugiarsi nell’oblio. Quello che troppi cercano di spiegarci, da pulpiti d’arroganza e spesso solo mera ignoranza del nostro essere per natura popoli di migranti. A qualsiasi latitudine. A qualsiasi longitudine.

Abbiamo avuto questa occasione di riappropriarci del nostro essere umani, disposti ad uno scambio etnico con il resto del mondo. Nuovamente affamati di culture che non ci appartengono, senza raggiri né malcelati scopi umanitari, tradotti in viaggi sessuali da consumare in angoli del mondo, martoriati dalla nostra cupidigia e contraddizione.

E’ stato sufficiente entrare al Museo Diocesano di Caltagirone. Già l’ingresso in questo tempio della creatività artistica dei nostri avi merita la visita in questo salto nel passato. Una location ospitata all’interno del Complesso Monumentale dei Frati Minori Conventuali, situata accanto alla Chiesa di San Francesco d’Assisi, a Caltagirone.

Si viene accolti da una gigantografia che raffigura una spiaggia moderna di uno dei tanti litorali siciliani. La nostra guida ci comunica che la spiaggia che ci richiama da quella immagine, è la Macchitella, a Gela. E’ avvicinandosi all’immagine che si rimane spiazzati da una perfezione cromatica che avevamo attribuito ad un ottimo fotografo. Ed invece, è il frutto di perfetti colpi di pennello e della scelta dei colori, così veri e abbinati con dovizia. Un quadro fotografico di uno stralcio di vita quotidiana, ricercata dai milioni di turisti che si apprestano ad invadere la nostra isola anche nell’imminente estate. L’artista è Giovanni Iudice e l’opera fa parte dell’esposizione dal titolo "Il Rumore del Mare".

Ed ecco il mare, tornare protagonista. Via di comunicazione ed oggi, di fuga. Di sfruttamento e di nuove tratte di schiavi che si animano sulle tele dell’artista gelese. Occhi smarriti di popoli che diventano uno solo. Uomini seduti sulle banchine dei porti ad aspettare un lasciapassare per un diritto alla vita, negato sin dalla nascita.

Il mare, poi, è l’anima della produzione artistica di Piero Guccione. Il secondo artista che scorre su quelle quiete onde che si sciolgono nei suoi cieli, sui quali affidare i pensieri a svuotare le menti da dottrine di sapienti e costruttori di futuro, nel quale non riusciamo più a riconoscerci. Il nome della sua personale esposizione, "Armonia dell’Infinito", lo collega direttamente alle aspettative dei visitatori che, da decenni, sanno cosa li aspetterà sulle tele sognanti appese alle pareti.

E il mare, con i suoi frutti ed esseri viventi a monopolizzare il terzo tassello di questa triade artistica, prendendo il nome di "Armonia Mediterranea". Quei pesci che si colorano e prendono vita dalla ceramica modellata dalle mani di Nicolò Morales, che sembra sbizzarrirsi nella scelta delle cromie con le quali colorare i suoi pesci, a volte solo piccoli particolari di un’anatomia ittica, che sembra uscire dalle pareti, come trofei da esporre nel proprio orgoglio privato di pretenziosi domini dell’uomo sulla natura in ogni sua forma.

Come abbiamo premesso, tre artisti e tre modi di manifestare il mare. Iudice a raccontarci un moderno contatto con la terra ferma ed i suoi protagonisti a condividere un destino unico. Guccione a confermarci una simbiosi con gli unici due dominatori di un futuro azzurro che, dentro di noi, non sappiamo rinnegare. Morales ad esprimere una bellezza, apparentemente artefatta, quasi irreale, dove la varietà dei colori ci consegna un messaggio univoco che unisce l’umanità intera, oltre che questi tre artisti: è proprio la varietà delle cromature del mondo che ci fa comprendere che non esiste in natura un’unica tinta nella quale identificarsi.

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