Franco Condorelli effervescente e visionario

Una lettura del catalogo delle opere appena pubblicato dalla casa editrice Duetredue
Franco Condorelli, pittore visionario. La vita e le opere / a cura di Franco Amore ; con la collaborazione di Salvo Condorelli e Aurelio Menta ; Introduzione di Corrado Peligra. - Carlentini : Duetredue Edizioni, 2024.
Il bel catalogo delle opere di Franco Condorelli era un libro necessario da tempo, da molto prima rispetto a quel 9 febbraio 2021 quando l’artista lentinese si è spento all’età di 73 anni appena compiuti (era nato il 3 febbraio 1948 proprio a Lentini).
Lui stesso – così ci raccontano le diverse voci presenti nell’apparato testuale del volume – avrebbe desiderato un libro che raccogliesse la sua produzione più importante: l’aveva pensato, iniziato a progettare, ma mai realizzato.
In quest’opera corposa e stratificata più di 250 pagine sono dedicate alla ricostruzione, per tematiche, della funambolica attività artistica di Condorelli: 19 sezioni (da Gli albori alla finale Variazioni, passando per quello che non è un mero elenco ma un vero e proprio percorso e che annovera Frog e l’astrattismo, Le chimere, I mostri, toccando i generi sommi del Classicismo, Surrealismo, I miti per giungere al grande capitolo di La città turrita, la città fantastica cadenzato con La natura morta e i ricettari, per approdare a una produzione cardine come quella de I paesaggi e le pietre o quella per cui forse è più noto al grande pubblico l’artista Condorelli, cioè Lentini e i suoi quartieri, così come I ritratti, Gli antichi mestieri, I paladini di Francia, fino a lambire la produzione compatta e intensissima quanto mai altre de Le cinque stagioni e gli studi sulla mano, per chiudere poi con un resoconto antologico delle Varie, Le serigrafie e Le fotocomposizioni) più una Appendice fotografica e una Biografia conclusiva.
- Copertina di Condorelli pittore visionario, la vita e le opere
La porzione iniziale invece dà conto di un ventaglio variegato di letture sulla produzione pittorica dell’artista, e dà ragione di alcune scelte strutturali del testo.
Il curatore, Franco Amore, nella prefazione individua gli elementi chiarificatori di una scelta netta fin dal titolo: impensabile come repertorio complessivo delle realizzazioni di Condorelli (innumerevoli e probabilmente pur con tutto ciò disperse per la maggior parte), il libro è un pegno d’affetto e ammirazione verso l’amico, ed è testimonianza verso la comunità dell’artista, che era visionario non già e non solo per lo stile, ma per la poliedricità del linguaggio.
Sulla stessa frequenza intellettuale si muove la dotta introduzione di Corrado Peligra, che offre già un’interpretazione dell’intero percorso creativo del pittore lentinese nel segno del neutro tra “nuda realtà” e “nuda pittura” (p. 17): la visione e la realizzazione hanno il loro punto d’unione nella capacità di Condorelli di plasmare e immaginare in modo personalissimo, e con ciò affascinare l’osservatore, ponendolo in bilico tra il riconoscimento totale della realtà (che non avviene se non per simulacri trasfigurati) e la percezione di un universo totalmente altro (che non è dato, perché sempre rimane l’ancoraggio con il vero fattuale). L’arte di Condorelli è quindi specchio di un’interiorità che rivisita e modella la realtà per farne materia incandescente e soggettiva testimonianza del processo creativo.
Seguono ricordi di amici e colleghi che si soffermano sulle comuni esperienze nella Lentini degli anni Sessanta e Settanta del Novecento (cui lo stesso Peligra fa cenno, avendovi preso parte) e che delineano i contorni più ampi della cosiddetta “Scuola di Lentini” inserendo il pittore nel gruppo di giovani studenti dell’epoca che animarono per circa un decennio i fervori culturali della città: Gesualdo Bilinceri, Giuseppe Bordonaro, Armando Tinnirello su tutti (ma altri vengono ricordati a vario titolo). Quindi Silvano Nigro e Riccardo Insolia, lo stesso Pippo Bordonaro, Alfredo Sgroi e Salvo Fiamma ripercorrono le memorie di gioventù, il comune percorso iniziale tra mostre, diffusione delle opere tra i collezionisti locali, necessità economiche e scelte lavorative di più ampio respiro, e ricostruiscono le sfaccettature del carattere, dei modi affabili e gentili ma riservati di Condorelli, le sue abitudini quotidiane nei luoghi in cui ha creato le sue opere e vissuto.
Chi scrive queste righe ha avuto modo di inquadrare in un suo contributo per il volume il rapporto mai dismesso ed anzi di scambio continuo tra la produzione pittorica dell’artista lentinese e la sua scrittura narrativa, teatrale e di riflessione filosofica, raccolta nel volume Effervescenze metafisiche, individuando anche una specifica linea genetica tra alcune opere di Alberto Savinio e diversi dipinti di Condorelli, e descrivendo anche quella che può essere intesa come una “tentazione della scultura” nell’opera di un artista che non ha praticato quella modalità espressiva.
Segue una nutrita sezione di Contributi sparsi che raccoglie scritti vari e d’occasione dedicati al maestro: Gianni Cannone ed Emanuele Gentile con i resoconti di un premio dedicato ricevuto dall’artista nel 2012 e di una mostra del 2016, rispettivamente; alcuni scritti, molto densi e dotti, ancora di Corrado Peligra, Silvano Nigro, Enrico Iachello per una mostra del 1981 con a seguire un brano dello stesso Franco Condorelli; una poesia di Giovanni Arena ispirata al ciclo di cui si diceva in precedenza, Le cinque stagioni; ed uno scritto, appassionato e progettuale, di Giorgio Franco, pubblicato nell’immediatezza della morte del pittore e teso fin da subito a mostrare l’importanza di una ricostruzione che non fosse incentrata solo sui paesaggi lentinesi ma che guardasse in prospettiva alle diverse fasi, tecniche e stilistiche, della variegata produzione.
È il catalogo però a farla da padrone, ben al di là della temperatura e del tenore dei singoli, lodevoli contributi critici e biografici presentati nel testo. L’estrema varietà dei risultati pittorici, sempre di altissimo livello, difficilmente è coercibile nelle tematiche di cui si diceva per il resoconto delle sezioni. Ne spicca, prorompente, un sussultare immaginativo che va molto oltre il tentativo di inquadrare e catalogare i dipinti, le stagioni, le cifre; perché quel che risulta è una preponderanza di un occhio totale, immaginifico e disinibito, che nella figurazione ha sempre inteso rispecchiare una visione interiore altrettanto effervescente e vulcanica quanto disillusa e tagliente verso la realtà che guardava.
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