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Benvenuti nella Grande Narrazione. Storia di imbonitori e imboniti

Si racconta di Fiat, e de "L’anno zero del capitalismo italiano" di Massimo Giannini...

di Sergej - martedì 1 aprile 2014 - 3000 letture

"E il 6 maggio a Detroit vi racconteremo quello che Fca farà nei prossimi anni", ha detto il presidente di Fiat, John Elkann, nel discorso di apertura dell’assemblea per l’approvazione del bilancio, ricordando che il 2014 è iniziato "con una bella notizia: l’acquisto di tutta la Chrysler da parte di Fiat". Marchionne: "E’ il coronamento di un grande progetto industriale avviato nel 2009" -

Fonte: RaiNew24

Ok, abbiamo perso la Fiat. Ma qui non voglio soffermarmi su tutto quello che significa o può significare. Voglio soffermarmi su un’altra cosa. Il termine "racconteremo". Elkann non "dice". Elkann e i suoi "raccontano". E’ un termine tipico del marketing, che è progressivamente entrato nella parlata quotidiana del nuovo ceto economico. Tutto ha inizio attorno agli anni Novanta, quando si cominciò a parlare anche in Italia dell’attenzione del nuovo marketing, quello che ripartiva dopo l’ennesima "bolla" scoppiata negli Stati Uniti, dello "storytellering" e del fatto che le imprese non erano solo aziende, ma dovevano avere una "mission", e oltre a una "mission" avere uno spirito, un mito narrativo. E’ quello che si vende. Non il prodotto, ma ciò che emoziona attraverso il prodotto. Steve Jobs non vendeva elettrodomestici (nel suo caso, computer e telefonini) ma "narrava una storia" e vendeva "emozioni". Non il prodotto, ma "il marchio" che accompagnava il prodotto.

Allo stesso modo come si può vendere lavatrici, metterci il marchio Alfa Romeo e venderle negli Stati Uniti come automobili. L’importante è la "narrazione". Ciò che "si cunta".

In altri tempi Elkann, o chi per lui, avrebbe detto: "A Detroit vi diremo...". Tra il dire e il fare è subentrato il racconto. Sarà un problema che ancora nel linguaggio comune non si dice "racconto la verità", ma "racconto frottole". "Dico la verità", "racconto panzane".

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Massimo Giannini - L’anno zero del capitalismo italiano - copertina

C’è un libricino facile da leggersi e di immediata reperibilità nelle edicole. Di Massimo Giannini, giornalista economico de La Repubblica, è uscito "L’anno zero del capitalismo italiano" (coedizione Laterza e Gruppo editoriale L’Espresso/Repubblica). In pochi capitoletti si dice cosa è successo nel giro degli ultimi tre anni. Il crollo del "capitalismo" familiare e protetto italiano, la "caduta degli dèi". Settore per settore, grande azienda per grande azienda. Un modo come un altro per fare un po’ il riassunto delle puntate precedenti. Cosa è successo a Monte dei Paschi, Finmeccanica, ENI, Fiat (ops! volevo dire FCA), Alitalia (Giannini va giù duro contro Berlusconi). Un quadro a tinte fosche, sconfortante.

Qui non ci saranno storie o narrazioni che ci potranno salvare. Né ci salveranno certamente i rampolli di questa classe borghese che parla di "prodotto e offerta politica" come se fossero cocomeri, fa proiezioni di slides come un tempo facevano gli imbonitori con la massa di analfabeti e plebaglia considerati appunto pubblico televisivo.

Benvenuti nella Grande Narrazione, "pensate" come siete fortunati! "piuttosto" (ecco un altro termine sgrammaticato e spuntato come un fungo malefico in questi ultimi anni) avete pagato l’abbonamento all’ora d’aria? Ancora no? "Pensate" avete ancora tempo...

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"Scusi, può ripetere la domanda? Stavo guardando un tumblr porno sul mio telefonino..."

Sulle teorie e pratiche dello storytellering in campo economico e nel marketing, si può partire da qui... Il sito "Nuovoeutile" è curato dall’ottima Annamaria Testa.


Aggiornamenti a questo articolo

3 aprile 2014: Nel frattempo Dagospia ha vergato una nota in cui parla del libro di Giannini, rilevando giustamente come l’analisi di Giannini eviti accuratamente di parlare di Debenedetti, padrone del giornale per il quale Giannini lavora. Ma del resto, aggiungo, non parla neppure l’Ilva di Taranto né delle mille fabbriche che hanno ucciso migliaia di persone in Italia negli ultimi quarant’anni. Ma anche questo campo, quello ambientale, esula dal campo d’interesse di molti...


Sinossi: il libro di Giannini

Sinossi - Oggi che i profitti delle multinazionali tornano a salire, il nostro Paese resta impantanato nella recessione. I poteri della grande industria svaniscono, sacrificati al mito dell’italianità (Alitalia), svenduti alla concorrenza estera (Telecom), decapitati da inchieste e arresti (Eni e Finmeccanica) o salpati direttamente oltreoceano (Fiat). Non va meglio ai poteri storti dell’alta finanza, che negli scandali Montepaschi e Fonsai hanno saputo aggirare anche la vigilanza di Consob e di Bankitalia. In questo stato di decomposizione, l’opinione pubblica ha trovato il capro espiatorio nella casta politica. In realtà stiamo vivendo l’eclissi di un’intera filiera del potere, che nel pubblico come nel privato non ha saputo né voluto affrontare il cambiamento e cavalcare la modernità.

L’autore - Massimo Giannini, già editorialista e redattore capo della sezione politica, è vicedirettore de “la Repubblica”, di cui dal 2007 dirige il supplemento del lunedì “Affari e Finanza”. Si occupa principalmente di politica ed economia. È autore, tra altro, di Ciampi. Sette anni di un tecnico al Quirinale (Einaudi 2006), Lo Statista. Il ventennio berlusconiano tra fascismo e populismo (Baldini Castoldi Dalai 2008) e Innovare per crescere. Strategie e scelte politiche (con M. Franzini e L. Zamparelli, Egea 2012).

Fonte: La pagina di Repubblica sul libro di Giannini



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