Un anno di Covid a Milano
Trasformazioni urbane acustiche tra ondate di contagio.
Un anno fa in questi giorni un’atmosfera insolita quanto spettrale avvolgeva le strade di Milano. Esiste un silenzio che imprime senso di quiete come può essere quello notturno, poi ce n’è uno cupo, rispettoso, come durante certe cerimonie funebri o celebrative e altri ancora. Quello di inizio lockdown era un silenzio di paura e incredulità verso una situazione senza precedenti, normalmente associata a luoghi lontani e condizioni di vita diverse dalla nostra.
Per reagire allo stato di allarme e all’obbligo di stare a casa si organizzavano concerti alle finestre e sui balconi, tra musiche registrate e strumenti dal vivo, in un alternarsi di silenzi tombali, melodie sovrapposte e sirene di auto ambulanze.
Il livellamento dell’ambiente acustico è l’equilibrio che si viene a creare quando certi suoni diventano distinguibili grazie alla diminuzione di un rumore sovrastante. Al rumore che attualmente sovrasta le città italiane contribuiscono in larga parte le attività di consumo, tempo libero, intrattenimento, che hanno come presupposto l’assembramento, il raduno di folle spontanee e altre situazioni che sfuggono al contenimento acustico. É normale che il Covid, quale virus che si trasmette attraverso i contatti, abbia ridotto complessivamente il rumore della socializzazione.
Alcuni descrivevano la Milano di inizio lockdown come una città acusticamente pulita. E infatti in strade quasi deserte si sentivano il vociare, il camminare, la pedalata e altri impatti che prima non emergevano. Ma il silenzio dettato dal terrore è uno stato temporaneo e non il risultato di un naturale livellamento del paesaggio sonoro attraverso la maturazione di una coscienza condivisa.
Con l’uscita dalla prima ondata a giugno 2020 si assiste a un ridimensionamento generale del paesaggio urbano acustico. In una ormai consolidata realtà che affligge il mondo intero ancora non si parla di vaccini e diminuisce la fiducia nei confronti dei provvedimenti restrittivi. Viene meno anche il senso di novità e con esso i concerti alle finestre, i tricolori e gli striscioni con messaggi di incoraggiamento. Le vie si rianimano di pedoni, ciclisti, monopattinisti ma anche persone ferme all’uscita delle scuole, davanti ai fast food: si tratta di assembramenti secondari, ugualmente pericolosi per il contagio, meno rumorosi rispetto alla movida, più disinvolti rispetto ai raduni clandestini in anfratti e giardini del primo lockdown.
- Milano - Piazza dei Mercanti durante il primo lockdown
Il periodo tra le due ondate, nonostante lo shock dei mesi che lo hanno preceduto e la preoccupazione per quelli a seguire, si presenta più leggero anche per la comparsa di nuove aree per i cittadini: l’assenza di attività commerciali se non indispensabili "ripulisce" il centro di Milano da capannoni e strutture mobili espositive. Al loro posto vengono disposte delle panchine. Altre aree attigue a bar e ristoranti vengono arredate per accogliere i clienti mantenendo il distanziamento e la parvenza è quella di una città più raccolta, in cui ci si incontra e si conversa. Il livellamento del paesaggio sonoro è in questo periodo al culmine, considerando anche che si è in estate, periodo in cui l’ambiente acustico è più percepibile in ogni particolare per via del clima asciutto. L’assenza di colonne sonore che fuoriescono da bar e negozi fa riemergere i calpestii, lo spostamento di semplici oggetti e tutti quegli impatti col tempo sommersi dalla massa sonora sovrastante. Il rumore della socializzazione rimane contenuto perché il distanziamento umano continua ad essere alla base della prevenzione.
Al livellamento ambientale acustico di una Milano più umana contribuisce la diminuzione di veicoli in circolazione anche se gli urti e i segnali da guida nervosa, come già durante la prima ondata, spiccano su uno sfondo acustico più tenue. Ciò a parte sembrerebbe che lo stato di pandemia stia creando una nuova coscienza del rumore, anche per via delle mascherine che impongono di parlare più forte per farsi ascoltare. Non a caso, sempre in questo periodo sorgono nuovi spazi di coworking, locali con sale di conversazione e altri che scelgono di distinguersi in tal senso attraverso il logo FANA (free acoustic neutral area).
Nel settembre 2020, la messa in atto di nuove misure restrittive a seguito di una nuova ondata di contagi, pone definitivamente fine all’aspetto scenografico del primo lockdown mentre un malcontento diffuso inizia esso stesso ad esibirsi, con manifestazioni di protesta da parte delle categorie più penalizzate (imprenditori, esercenti, artisti).
Il rumore della socializzazione si mantiene moderato perché dopo le 19 le attività sono chiuse. Dunque il livellamento acustico permane ma aumenta un rumore dell’incoscienza: se durante la prima ondata i cittadini obbedivano in massa restando a casa, ora sembrano essersi assuefatti alla situazione pur nella sua gravità. Fuori c’è il via vai di pedoni, ciclisti e veicoli elettrici. Gli automobilisti, insofferenti verso questa nuova mobilità disinvolta e imprevedibile, contribuiscono a rendere le strade acusticamente animate oltre che pericolose.
La disobbedienza si esprime anche attraverso movide abusive e feste sui tetti: diversamente dagli assembramenti secondari all’uscita di altri luoghi questi sono raduni organizzati, acusticamente invasivi, secondo un messaggio di spavalderia e fatalismo. Tuttavia, accanto a queste realtà se ne sono create altre più responsabili: nei cortili dove il vicinato si riunisce portando ognuno la propria sedia, nelle aree cani che in questi mesi sono diventate punti di riferimento (non soltanto per chi ha il cane).
Diverse sono le forme di aggregazione spontanea che hanno preso vita nel corso del 2020 e che continuano, in uno sfondo acusticamente pulito, nel rispetto del distanziamento anti contagio, secondo una socialità di quartiere che nella metropoli da tempo si andava perdendo.
In generale il paesaggio sonoro tra inizio marzo 2020 e 2021 ha subito dei cambiamenti con la diminuzione dei rumori della socializzazione; ancora non si può dire se ciò sia la conseguenza delle restrizioni imposte ai luoghi del commercio o se nel frattempo sia realmente maturata una consapevolezza per cui, una volta finalmente usciti dalla pandemia, si preferiranno ambienti più tranquilli.
La socializzazione di per sé non è acusticamente invasiva. Invasivo è lo sfondo che si viene a creare attorno a persone che condividono uno spazio, con la sonorizzazione selvaggia degli ambienti, con i comportamenti che degenerano. Certe situazioni nate dall’emergenza nel 2020 hanno dettato nuove forme di socialità, più discrete, non per questo meno assidue come gli stessi assembramenti secondari che, pur nell’incoscienza, hanno dimostrato che si può stare in gruppo senza disturbare chi abita vicino.
Di sicuro la ripresa delle attività farà aumentare nuovamente il rumore della socializzazione e se questo, pur risalendo, non raggiungesse i livelli precedenti, sarebbe comunque un passo avanti verso un ambiente acustico più equilibrato.
Vedi anche: Seconda estate di Covid a Milano.
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