Quando la camera da letto si trasforma in un inferno

Sempre più difficile difendere uno dei più naturali diritti, ovvero quello di dormire serenamente in casa propria. Ce ne parla Giorgio Campolongo, ingegnere e tra i maggiori esperti in acustica applicata.
- Giorgio Campolongo
Tra i molti problemi creati dal rumore (del traffico stradale, nell’ambiente di lavoro, nella aule scolastiche, ecc.) il rumore del vicinato ha la priorità su tutti gli altri. Al 95% dei casi avviene di notte, coinvolge tutto ciò che accade il giorno dopo (lavoro, studio, problemi economici, rapporti familiari ecc.). Un mio cliente, insonne a causa dei vicini, era angosciato da un possibile calo di attenzione quando al mattino doveva manovrare una gru. Da lì i litigi con la moglie e l’insonnia anche del figlio che al mattino si addormentava in classe: per un bambino la tensione tra i genitori è un ulteriore “rumore”. Alla fine il divorzio. Considero questo malessere una vera e propria metastasi che corrode il tessuto sociale. In tanti anni ho avuto due mila casi, per fortuna non tutti così gravi ma alcune volte si trattava di persone che sono state licenziate, che hanno interrotto le loro attività, che a causa della lunga sofferenza per il rumore hanno cambiato carattere (prima aperto e comunicativo e poi chiuso e asociale) e che hanno anche dovuto andarsene e svendere la casa perché il disagio era un fatto risaputo.
Il Covid, con i lunghi lockdown ha imposto stili di vita diversi, dalla DAD allo smartworking, che in parte si manterranno nel tempo. Come si traduce tutto ciò a livello acustico e quali effetti potrà avere nel tempo?
Con le persone che passano più tempo in casa sono aumentati coloro che disturbano e di conseguenza i disturbati. Il fatto che gli appartamenti di recente si siano attrezzati per difendersi dal rumore che viene da fuori certo non aiuta. Il Superbonus stesso è sicuramente un’opportunità, con anche un piccolo difetto: il cappotto termico attraverso muri e finestre migliori isola acusticamente ma, il rumore del vicino (che è lo stesso di prima), ora risalta su quello proveniente da fuori. Un suggerimento che do agli Acustici durante i corsi, quando vanno a fare sopralluoghi in casa dei disturbati è guardare bene le finestre: se si tratta di vetri pesantissimi, difficili da aprire e chiudere, doppi infissi o cose strane, significa che la persona ha fatto fare l’isolamento acustico perché non sopportava il rumore del traffico e questo alcune volte è segno di particolare intolleranza al rumore intrusivo.
Chissà quante volte la gente si chiede cosa stia succedendo al piano di sopra, quando la smetteranno... quando rincominceranno... Intanto le ore del sonno si riducono. Come potersi difendere da questa situazione?
L’art. 844 del Codice Civile riguarda tutte le immissioni negli appartamenti (rumori, odori, polveri, calore, vibrazioni). Quelle da rumore riguardano il 90% dei casi: si parla di controversie che finiscono in tribunale, ma che non tutti possono permettersi (spese per avvocati, sopralluoghi con i tecnici del suono, ecc.). A livello amministrativo il problema può essere risolto attraverso il Comune e la ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente), oppure nel condominio se riguarda l’ascensore, la centrale termica e l’autoclave: l’amministratore in questi casi si rivolge direttamente alle ditte della manutenzione dell’impianto. Se però si tratta di un’attività commerciale come bar o ristorante aperti fino a tarda notte, in cui il rumore è dovuto alle voci dei clienti, alla musica, allo spostamento di sedie, stoviglie ecc., l’amministratore non c’entra e si finisce in una causa legale che può durare alcuni mesi o anche qualche anno. Il criterio giudiziario della “normale tollerabilità” del rumore è di non più di 3 dB oltre il “rumore di fondo” (ossia rumore dell’ambiente quando non c’è il disturbo). Normative tecniche specifiche sul rumore che entra nelle case, causato da altre persone, ancora non ce ne sono. Ora è notizia che uscirà una Norma sul rumore intrusivo nelle abitazioni UNI/ST 11844:2022 come annunciato lo scorso 28 Gennaio e la cui bozza è già stata diffusa. Ma questa normativa non aiuterà il Giudice e il suo Tecnico (CTU, Consulente Tecnico d’Ufficio) perché non indica in modo corretto né la metodologia da seguire per le misurazioni del rumore, né il criterio di valutazione della tollerabilità.
Difendersi dal rumore è un lusso! Com’è possibile rendere le procedure più accessibili?
Se fossi Ministro, nonché Legislatore e Giudice, per venire incontro a chi vive questo disagio non cambierei più che tanto le leggi sull’inquinamento acustico (art. 844 del Codice Civile) quanto il Codice di Procedura Civile per l’accertamento tecnico del disagio. Il problema è che tutti gli accertamenti giudiziari devono avvenire nel contraddittorio tra le parti, cioè con la partecipazione sia della persona disturbata sia del responsabile del rumore. Non ci rendiamo conto della stupidaggine collettiva nella quale viviamo! Per circa la metà dei casi il rumore del vicinato non è prodotto da un impianto o da un macchinario che si può accendere e spegnere facilmente bensì dalle mani (trascinamento delle sedie), dai piedi (calpestio), dalla bocca (se i vicini cantano, litigano, parlano concitatamente). E in questi casi avviene che, quando finalmente il Consulente Tecnico del Giudice fa il suo sopralluogo, nessuno più cammina con passo da soldato, sbatte i tacchi, trascina sedie o altro. Nessuno più litiga o ascolta musica ad alto volume perché «quando arriva il CTU il rumore non c’è più» (vecchio ritornello tra gli Acustici, di cui io sono stato l’Autore nel 1997). Diverso sarebbe in ambito Penale in cui il Sostituto Procuratore (o Pubblico Ministero) rappresenta la comunità, la cittadinanza come nel caso dei residenti che si rivoltano contro lo svolgersi di movida o di concerti Rock all’aperto: nessuno in questi casi viene avvertito con anticipo di un sopralluogo acustico o intervento di polizia. Ma nei nostri casi di controversia giudiziaria per le immissioni di rumore del vicino siamo in ambito Civile, il contenzioso riguarda due persone, due famiglie. Le due parti hanno l’obbligo/diritto di assistere alle operazioni peritali attraverso CTU: se una sola di queste si svolge senza che entrambe ne siano a conoscenza, tutto il procedimento giudiziario è annullato. Personalmente definisco questo difetto un buco nell’ordinamento ...un’espressione che agli avvocati certo non piace perché significa che il loro ruolo è inutile.
Durante i lockdown camminando all’aperto c’era un silenzio anomalo. Quali sono stati gli effetti acustici nelle abitazioni?
A un aumento della quiete urbana, con il minor traffico di veicoli e la chiusura delle attività commerciali, è corrisposto un minor “rumore di fondo” all’interno delle abitazioni e quindi la sensazione dell’aumento di quello prodotto dall’interno del condominio; inoltre, con più gente in casa, a tutte le ore, il contrasto col silenzio esterno si faceva sentire ancor di più. Sono cresciute le lamentele ma non altrettanto le cause condominiali perché la pandemia è stata ed è tuttora una batosta economica per le famiglie: tutte le cause (non solo per il rumore) sono diminuite.
Com’è possibile che il livello di sensibilità collettiva al rumore sia rimasto minimo nonostante siano ormai anni che si parla di inquinamento acustico?
Confrontandoci con gli altri paesi l’Italia è l’ultimo tra i primi: abbastanza avanzato da poter essere comparato con la Germania, US, UK, Canada, Australia poiché viviamo alla stessa maniera, usiamo gli stessi prodotti, automobili; abbiamo gli stessi criteri di istruzione, giustizia ecc. Ma siamo anche primi tra gli ultimi: il nostro modo di costruire le case è pessimo a livello di isolamento acustico. Per quanto riguarda il parametro principale, ovvero il calpestio del piano di sopra, il limite massimo prescritto dal D.P.C.M. 5/12/97 (attuativo della legge 447/95 sull’inquinamento acustico) è 63 dB, oltre il quale dovrebbe essere negata l’agibilità (..ex abitabilità). In Germania, con la DIN 4109 (Isolamento acustico nell’edilizia residenziale) perfettamente confrontabile con il nostro D.P.C.M., il limite è 54 dB: ricordiamoci che in termini energetici 9 dB in meno vuol dire metà della metà e ancora metà rispetto a noi. Le nostre case sono molto più trasmissive per quanto riguarda tutti i rumori del vicinato.
Oltre al calpestio e lo spostamento di mobili come incide il volume di TV e tecnologie sonore specie dopo una certa ora?
I limiti di dB stabiliti dall’art. 12 legge 447 del 95 consideravano un aumento non superiore a 3 dB durante gli spot televisivi. Dato che nessun magistrato interveniva, con “Assoacustici” (di cui allora ero Presidente) abbiamo fatto a nostro carico un rilievo attraverso nastro di registrazione di cui ancora si disponeva nel ’96. Tutti i canali erano completamente fuori limite. Abbiamo mandato il tutto al Garante della Pubblicità che, seppure con i suoi tempi, è intervenuto. Resta che, il modello di comunicazione durante i programmi è quello di voce urlata ormai quasi sempre: un modello che viene imitato nelle situazioni di collettività con bambini che emettono suoni acutissimi (come mai in passato), conversazioni tra adulti in cui prevale chi parla più forte e interrompe (come dai talk show televisivi). E la situazione continua a peggiorare.
Più volte si è parlato di una sensibilità al rumore che non riesce a trasformarsi in fastidio condiviso come invece è avvenuto per il fumo passivo. Forse non si ritiene il rumore una patologia sufficientemente grave?
La minaccia della malattia non è poi così incisiva se solo pensiamo a quanti hanno evitato di sottoporsi al vaccino anticovid. L’odore del fumo ora lo avverte anche chi ha trascorso anni in ambienti impregnati di nicotina, mentre del rumore ci si accorge solo quando il singolo, insonne ormai da tempo, vede andare in frantumi il proprio equilibrio psicofisico, i propri impegni, le relazioni professionali, umane. Manca ancora quella sensibilità condivisa che porterebbe al rispetto reciproco come nel caso del fumo passivo. Un primo passo sarebbe quello di limitare il sonoro di televisioni, apparecchi iPad ecc., specie dove ci sono bambini che si abituano da subito a questo volume esagerato. A scuola urlano anche gli insegnanti per non parlare delle mense in cui, a causa delle superfici piastrellate, che devono essere facilmente lavabili, la riverberazione crea un frastuono incontenibile. La scuola dovrebbe essere esemplare dal punto di vista strutturale e comportamentale per imparare a comunicare e ascoltare fin da piccoli.
Dunque lo stato di pandemia, con una riduzione del rumore esterno e un aumento negli appartamenti, non ha fatto altro che acuire la conflittualità tra chi il disagio lo crea e chi lo subisce nell’ambito di uno stesso stabile, ponendo in evidenza la non praticabilità di procedure che richiedono più interventi da parte dei periti acustici. La novità è che, con le nuove tecnologie, il danneggiato stesso potrebbe effettuare rilievi acustici in modo da rendere più agevole l’introduzione di un giudizio in ambito legale. La tecnologia particolare consiste in un semplice smartphone che registra il rumore del vicino; un software lo traduce poi in un grafico che consente al Tecnico di redigere una perizia per introdurre il giudizio e ottenere la nomina del CTU che controllerà la veridicità delle prove tecniche fornite dalle parti. Gran parte dei problemi logistici (intervento del Tecnico) e temporali (col Tecnico che arriva quando il rumore “casualmente” non c’è), verrebbero così superati. L’impegno profuso dall’Ing. Campolongo in questa direzione ha già permesso di risolvere diversi problemi.
L’intervista è pubblicata anche sul sito Fana.one.
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