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69° Mostra del Cinema di Venezia: L’intervallo

Regia di Leonardo Di Costanzo. (Ita/Svi, 2012, drammatico, 90 min.) Con Francesca Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster.

di Orazio Leotta - giovedì 6 settembre 2012 - 5287 letture

* Le difficoltà di essere adolescenti nella periferia violenta di una metropoli contemporanea.

Due adolescenti, lui diciassettenne, lei quindicenne, sono rinchiusi in un vecchio edificio alla periferia di Napoli. Veronica perché ha osato frequentare un coetaneo di un clan rivale, Salvatore invece ha il compito di sorvegliarla. L’iniziale diffidenza e ostilità dei due, che loro malgrado sono costretti a un isolamento forzato, ben presto si tramuta in complicità: Veronica è più diretta, ribelle, scalpita e non accetta siffatta situazione, Salvatore è più accomodante, tende a mediare, mette tranquillità, dà fiducia.

Entrambi Alessio Gallo e Francesca Riso, i due protagonisti.jpg sono passati troppo in fretta dall’infanzia alla maturità, è come se non avessero vissuto quell’età intermedia, adolescenziale, ove si sogna, si immagina il proprio futuro. Il loro incontro, che si tramuterà in confidenze, giochi, tentativi di fughe e ritorni, può essere considerato un “intervallo”, una pausa, come trait-union tra un’infanzia interrotta troppo presto e una forzata maturità resasi necessaria per affrontare una realtà che non hanno voluto e che in fondo hanno solo ereditato. La camorra non viene mai esplicitamente citata, ma emerge l’ineluttabilità della vittoria finale di un certo “sistema” criminoso, che gli umani non possono sconfiggere, ma solo adeguarsi e quasi si confida in un evento soprannaturale, che provenga dall’esterno (..il gioco del “terremoto” sulla terrazza) che possa fare giustizia, piazza pulita, per poi ricominciare da zero.

La produzione ha avuto coraggio nel finanziare un film come “L’Intervallo”: attori giovani ed esordienti, ambientazione in un fatiscente edificio abbandonato (l’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi nei pressi dell’aeroporto), recitato per lo più in stretto dialetto napoletano. Ma la sceneggiatura era di quelle importanti e chi ha investito ha avuto ragione. Il regista, Leonardo Di Costanzo, il regista.jpg noto documentarista, si cimenta per la prima volta in un film di finzione: sul set ha dovuto lavorare di sottrazione, eliminando parti della sceneggiatura, belle, ma superflue, lasciando l’essenziale.

Ottima la fotografia di Luca Bigazzi, colonna sonora assente, perché sono sufficienti le parole e gli sguardi dei giovani protagonisti, d’altronde Di Costanzo, proveniente dal documentario, è abituato a raccogliere le voci, a sapere ascoltare. “Intervallo” come possibilità alternativa: se non si può materialmente fuggire, ci può essere una via di fuga alternativa, quella interiore, un break che ridà i giusti ritmi all’adolescenza, in un mondo che altri stanno cercando di distruggere. Tra gli sceneggiatori anche Maurizio Bracci, David di Donatello per “Gomorra”, sceneggiatore anche di “Reality” di Matteo Garrone.

* …succede che gli uccelli che vivono in gabbia, anche se gli apri la porta non fuggono.
 I cardellini, a volte, dalla rabbia si scagliano contro le sbarre.
 Ma pure loro, se gli apri la griglia, non scappano.
 Se ne stanno lì, in un angolo, a guardare.
 Forse sono tentati di volare via, ma non trovano il coraggio.
 Mio padre mi ha spiegato che tra gli uccelli piccoli il pettirosso è quello più coraggioso, non ha paura di niente.
 A volte lo senti che canta di notte, ma solo quando è in amore.
 Allora può succedere che anche un orecchio esperto scambia un canto di sfida per un canto d’amore…


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