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Morto in carcere "Don Tano"

Breve intervista a Giovanni Impastato rilasciataci dopo la notizia della morte di Badalamenti: "Pietà umana e tante verità che non sapremo mai…". Al boss fu inflitto un unico ergastolo, come mandante dell’omicidio di Giuseppe Impastato (fratello di Giovanni)) che attraverso Radio Out denunciava i "traffici" del capomafia.

di Cesare Piccitto - domenica 26 febbraio 2006 - 6994 letture

Gaetano Badalamenti era detenuto nel carcere di Feirton negli Stati Uniti dove stava scontando una condanna a 45 anni per traffico di droga nell’ambito dell’inchiesta ’Pizza Connection’. Da tempo malato, mancava dall’Italia da circa vent’anni. Due i grandi processi in cui era imputato in Italia: il primo a Perugia, insieme a Giulio Andreotti, per l’omicidio del giornalista di Op Mino Pecorelli, dove era stato assolto in Cassazione; il secondo, il processo di Palermo per l’omicidio di Peppino Impastato, esponente di Democrazia Proletaria, ’suicidato’ il 9 maggio del 1978, giorno in cui le Br fecero trovare a Roma il corpo di Aldo Moro. Per l’uccisione del giovane, Badalamenti venne condannato all’ergastolo. Il boss, 81 anni, affetto da tempo da un male incurabile, era detenuto dal 1984 negli Stati Uniti, dove doveva scontare una condanna a 45 anni (ridotti a 30, ne aveva scontati fino ad oggi 19).

L’intervista:

Signor Impastato dov’era quando ha saputo la notizia?

Mi trovavo a Bologna in una scuola, dove parlavo ai ragazzi di "cultura della legalità", progetto che porto avanti in tutta Italia. Mi è arrivata una telefonata da un giornalista che mi informava dell’accaduto.

Quali le sue sensazioni subito dopo aver saputo della morte di Badalamenti?

Immediata pietà umana. Non si può gioire della morte di una persona. Secondariamente un senso di insoddisfazione per tutte quelle "verità" che Badalamenti fino all’ultimo si è rifiutato di portare alla luce. Per quanto riguarda il processo sull’omicidio di mio fratello l’iter giudiziario si era già concluso, anche se troppo lentamente. Con la morte di "Don Tano", l’ultimo depositario di informazioni su "cosa nostra" che non potremmo avere più da nessun altro , si chiude un capitolo fondamentale della storia della mafia.

Come cittadino di Cinisi, nei suoi concittadini ha notato reazioni o totale indifferenza per quello che un tempo era il "temuto boss" della cittadina?

Quasi nessuna reazione. Se ne parla ma con molta indifferenza.

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