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L’ombra della guerra

Guido Crainz, L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia, Donzelli, 2007

di Pina La Villa - mercoledì 4 giugno 2008 - 4405 letture

Guido Crainz, L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia, Donzelli, 2007

Guido Crainz ci racconta l’Italia del 1945, tra guerra e dopoguerra, partendo stavolta dal Sud, ma in una visione d’insieme (come poche volte accade nei libri di storia su questo periodo). Più esatto sarebbe dire che la storia ce la fa raccontare da altri, scegliendo però con cura i narratori e i luoghi specifici del loro narrazione. Non manca nessuno, dei grandi testimoni di quel periodo, iniziando dai poeti: Quasimodo, Alfonso Gatto, G.Ungaretti, Tonino Guerra. E’ la guerra totale che attraverso i loro versi conosciamo in tutta la sua devastazione, che è materiale e umana.

Ma anche le guerre così finiscono, e sembra finire prima nel Sud liberato dagli Alleati, che nella ricostruzione di Crainz diventa la terra di nessuno di cui ci testimonia da un lato la letteratura (Cristo si è fermato a Eboli, di C. Levi, Rocco Scotellaro, Moravia) dall’altro i documenti ufficiali (Strategie Air Force, ordinanza della Wehrmacht del 18-9-1943) altre ricostruzioni storiografiche (Gabriella Gribaudi, Guerra totale, Bollati Boringhieri, 2005), nonché le firme del giornalismo italiano dell’epoca (Arrigo Benedetti)

Il Sud che vede il ritorno dei soldati dopo una guerra perduta in una terra ulteriormente impoverita, afflitta dalla fame, dal mercato nero, dai furti, dalle ingiustizie:

"Il calzolaio solleva il volto dalla scarpa e mi guarda. ’Briganti?’, domanda con meraviglia: ’qui, signore, non ci sono briganti [...]Signore’ mormora, ’non è colpa nostra, il brigante non è cattivo’. E serra un occhio, come d’intesa. Dopo, diventa loquace, racconta che i primi briganti apparvero subito dopo il passaggio della guerra e tiene a spiegarmi che il maggior numero di grassazioni si sono avute più a sud, verso potenza, verso Matera. La guerra, conclude, insegna alla gente che è facile menare le mani" (Arrigo Benedetti, Piccolo dopoguerra del sud. Qualcuno scrive sui muri, in "Risorgimento liberale", 28 novembre 1944)

E’ L’Italia “liberata prima della liberazione” con la Napoli milionaria di De Filippo ma anche di Malaparte, o Tor di Nona a Roma raccontata da Gadda. Quella Roma che appare agli alleati come “una bocca spalancata di quasi tre milioni di persone”. Ma è anche la Roma che rinasce, per esempio nelle riviste «Il ritrovo» , promossa da Elena Croce e Giuliana Benzoni, Nina Ruffini, Margherita Caetani, Lidia Storoni Mazzolani, Federico Caffé, e «Mercurio», diretta da Alba de Cespedes.

I tedeschi e i fascisti diventano autori di massacri di massa . La lotta partigiana si diffonde allora nel Nord lungo il terribile 1944-45. Quali sono i rapporti fra la parte liberata e la parte che è ancora in guerra? Analisi, strategie, sensi di colpa, mentre gli antifascisti fanno arrabbiare Cesare Pavese perché “sanno tutto, superano tutto, ma quando discutono litigano soltanto”. (Taccuino 1942-43).

Descritta così l’ Italia devastata dalla guerra e da un dopoguerra che appare a volte peggiore, gli ultimi capitoli del libro sono dedicati alla “guerra inespiabile” e al difficile ritorno alla normalità. Scriveva Guido de Ruggiero: "Si ha la sensazione che oggi in Italia piuttosto che una democrazia in divenire vi sia una dittatura in sfacelo".

Gli uccisi dopo la liberazione, secondo la Pubblica sicurezza, sono 9.364. Per lo più sono torturatori e collaborazionisti. Ma a volte no. E’ l’ombra della guerra.


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