Incendi boschivi 2017

Una questione di stile, riflessione di Nicola Paolino...
Per chi ha vissuto o vive nell’ambito dell’economia montana era fin troppo facile prevedere che ad una siccità così forte e prolungata avrebbe fatto seguito un’estate fatta di estesi e dannosi incendi boschivi.
Per un’approssimazione metodologica, la più vicina alla realtà, è necessario ripartire dalla conoscenza. E “chi non ha fatto nessuna inchiesta” - come giustamente diceva Mao – “non ha diritto di parola”.
L’incendio boschivo è stato la prima tecnica di coltura agraria, utilizzata dall’uomo nella lotta per la riproduzione della propria specie. Quella coltura, anticamente, veniva utilizzata per ampliare le zone di pascolo.
Poi, quando la popolazione ha iniziato ad essere stanziale e ad aumentare consistentemente di numero la divisione del lavoro ha cominciato a differenziarsi. Tra i numerosi cambiamenti, anche l’uso degli incendi ha subito una sua evoluzione.
Quando poi è intervenuta la divisione del lavoro tra chi allevava per produrre carne e latte e tra chi produceva ortaggi e frutta cominciò a manifestarsi violentemente la contraddizione tra questi due modi di produzione.
Giuseppe Lanocita, detto Pino, per tutta la vita allievo antidogmatico di Marx ed Engels, è stato tra i maggiori studiosi italiani di diritto amministrativo e della questione agraria nel Mezzogiorno; nell’ambito delle sue accurate ricerche, egli scoprì che a Polla, nel Vallo di Diano (SA), su un cippo millenario c’era scritto: “i coltivatori ringraziano l’imperatore romano per aver difeso i coltivatori dagli allevatori” (Il latifondo delle masserie).
Antropizzazione ed economia boschiva
Fino a quando l’economia montana e collinare dava un reddito minimo per la sopravvivenza delle popolazioni interne e collinari c’era una difesa collettiva diffusa di quei territori. Gli incendi, come tecnica, si ridussero drasticamente.
La messa a coltura di terre scarsamente redditizie, insieme a tutte le necessarie opere di livellamento e dei muretti a secco, costituiva un lavoro sociale di presidio permanente.
La tenuta della terra a monte era più salda e i terreni di pianura erano più protetti dai fenomeni alluvionali.
Nella fase dell’industrializzazione e poi dei servizi, che hanno favorito lo spopolamento delle zone interne, hanno avuto un effetto estremamente negativo perché quei territori sono stati abbandonati lentamente a se stessi.
A poco e niente sono serviti i finanziamenti pubblici e la stessa costituzione delle Comunità Montane che, comunque, hanno avuto una funzione di presidio e di pressione sul Parlamento e sulle Regioni.
Il caos determinato dalla farsa dello scioglimento delle Province ha completato l’opera di smantellamento dell’azione di prevenzione e di spegnimento degli incendi.
Il Corpo Forestale dello Stato, che pure aveva svolto storicamente una funzione rilevante nell’economia montana e collinare, non è completamente esente da responsabilità.
Prima che politici miopi e ignoranti dei processi in atto scompaginassero o sciogliessero queste istituzioni i punti di riferimento erano più chiari. E lo erano le stesse responsabilità sociali e individuali. La catena del fuoco si era saldata e comprendeva la gestione opaca di società private dotate di mezzi aerei, malavita organizzata, pezzi di allevatori che agivano da briganti e pezzi dello Stato collusi.
Nella storia della Repubblica Italiana, in tutti i momenti di carcerazione di pezzi da novanta di camorristi e mafiosi, l’incendio è stato usato anche come mezzo terroristico e come monito. Il lavoro di inchiesta, sociale e territoriale, deve tornare ad essere non uno strumento qualsiasi ma lo strumento di conoscenza per la trasformazione dello stato di cose presente.
Anche considerato che le scelte neoliberiste delle classi dominanti hanno quasi dimezzato la partecipazione popolare alla vita politica. Con grave danno della stessa democrazia costituzionale."
Salerno, lì 13 luglio 2017 - riflessione di Nicola Paolino
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