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Il torto del recensore

Il torto del soldato, di Erri De Luca. - Feltrinelli, 2012.

di Sergej - lunedì 27 agosto 2012 - 4534 letture

3675282 Qui da noi, da Girodivite, facciamo una fatica immane a parlare di Erri De Luca. Per noi è centralissimo, la sua scrittura inconfondibile è percepita da noi tutti tanto forte e potente, che non riusciamo proprio a parlare dei libri di Erri. Per noi, si dovrebbe ricopiare ogni singola parola, ogni singola virgola - e solo allora, in questo lavoro da amanuensi, potremmo “parlare” di Erri De Luca, attraverso la sua scrittura, e rimandando esattamente e totalmente la sua scrittura senza perderne una virgola e neppure uno spazio tra singole parole. E una volta dato il testo, non c’è bisogno di dire altro, ogni altra parola, ogni altro respiro è superfluo. Perché la scrittura di Erri De Luca è tale che è impossibile (almeno per noi) parlarne.

Non ne perdiamo uno, dei libri di Erri de Luca - e lui ne pubblica ormai un paio l’anno almeno - esili e densi - come virgole appunto -. Quando ne esce un volumetto nuovo ci avvertiamo gli uni con gli altri, a voce: E’ uscito un altro... Più spesso, non è neppure necessario avvertirci: sappiamo già. E così, in questo nostro rapporto tutto speciale, da malati di Erri De Luca, dovremmo ogni tanto ricordare a qualcuno dei nostri lettori di Girodivite, che noi di Girodivite riteniamo imprescindibile dall’essere qui, in questa storia e comunità di esseri viventi, di viventi in questo pianeta, leggere Erri de Luca. E nello stesso tempo pensiamo questo: che un lettore di Girodivite non può che essere anche lettore di Erri De Luca, non può essere diversamente - e non perché Girodivite equagli o si avvicini alla scrittura di Erri de Luca, ma semplicemente perché esiste un’etica, un rigore che crediamo che sia proprio di Girodivite, e che non permetta a un lettore che non abbia la stessa etica, lo stesso rigore interiore di avvicinarsi a Girodivite.

Per noi di Girodivite non si tratta di “amare” Erri De Luca. Erri De Luca non si fa “amare”. E’ qualcosa che attraversa il rispetto, e va su territori deserti, aridi, su montagne in cui non ci sono distrazioni ma si è soli, ognuno con se stesso e con al verità del proprio corpo, l’essenzialità della parola che non ha più - non deve avere più - infingimenti. Erri De Luca è scrittore dello scarto: la parola torna essenziale (poetica), torna a dire o dice qualcosa in più rispetto a prima.

Ecco, dovremmo parlare dell’ultimo draft di Erri De Luca, Il torto del soldato. Al centro è una storia trifronte: lo scrittore, una ragazza (che è figlia, perno di un discorso sull’arte e sul suo significato, donna adulta), un “soldato”. Erri de Luca affronta uno dei più ardui scogli della storia novecentesca, la storia del nazismo. Con delicatezza e senza nessuna sottrazione, nessuno sconto. E, attraverso il nazista protagonista della seconda parte della storia, una riflessione indiretta su tutti gli sconfitti della storia. Tutti coloro che non cambiano. A cui la storia non insegna nulla semplicemente perché la storia non ha mai insegnato nulla e non ha mai cambiato nessuno. Anche un terrorista degli anni Settanta è uno sconfitto della storia. Un politico degli anni dell’impegno e dei grandi partiti di massa. Un sindacalista che ha creduto nella lotta di fabbrica. Un giornalista che ha lottato contro la mafia. Ognuno di noi, che ha attraversato gli ultimi decenni di storia e che vive oggi in questa storia diversa, che non è la nostra storia. Laicamente, tutti nella stessa valle, assassini e vittime, tutti vittime delle proprie ossessioni. Dovremmo provare a discutere dei mille significati che il testo di Erri De Luca pone o richiama in tutti noi. Ciò che in tutti noi mette in discussione. Non possiamo farlo, non lo facciamo neppure questa volta. E non è per noi un segno di resa quello di rimandare il lettore al testo. Dire: và a leggerti il libro di Erri De Luca. O, riprendendo il filo di quel che dicevamo prima, senza neppure il bisogno di dare questa indicazione.


Risvolto di copertina:

Un vecchio criminale di guerra vive con sua figlia, divisa tra la repulsione e il dovere di accudire. Lui è convinto di avere per unico torto la sconfitta. Lei non vuole sapere i capi d’accusa perché il torto di suo padre non è per lei riducibile a circostanza, momento della storia. Insieme vanno a un appuntamento prescritto dalla kabbalà ebraica, che fa coincidere la parola fine con la parola vendetta. Pretesto sono le pagine impugnate da uno sconosciuto in una locanda.


Una recensione:

“Il torto del soldato è la sconfitta. La vittoria giustifica tutto”.

La scrittura di Erri De Luca ha un ritmo spezzato, come le onde corte che si infrangono sugli scogli della sua Ischia. E’ un ritmo che, all’inizio, mi affatica sempre un po’. Poi, dopo poche pagine, entro in risonanza, divento onda, divento scoglio, e il suo ritmo si fa mio. Così, quando il libro finisce, mi rimane sulla pelle qualcosa che ha il sapore della nostalgia: di quelle onde e di quegli scogli. Persino dei ricci di mare che si fanno parole e pungono di nero.

Il torto del soldato è tante storie, ma soprattutto la storia di due solitudini. Anzi tre.

Lui è un uomo maturo, esperto di letteratura yiddish. Un taciturno, che affida le sue sensazioni alla parola scritta o alle mani con cui scala, anzi sente le montagne. “Uno che passa il suo giorno a frugare rocce a quattro zampe ha un mucchio di tempo per contarsi storie.”

Lei, viennese, ha “un naso forte, speziato di lentiggini” è figlia di un criminale di guerra, di cui pensava essere la nipote. Da giovane lavorava come modella di nudo all’Accademia delle Belle Arti, dove faceva dell’immobilità assoluta e del silenzio il suo scudo contro la vita. Nell’infanzia trascorsa a Ischia, aveva un unico amico. L’uomo che incontra oggi in una locanda sulle Dolomiti sembra essere “il seguito immaginato tante volte del ragazzo sordomuto che m’insegnò a galleggiare senza peso e poi a nuotare”.

Ma tra loro due c’è un ostacolo: il padre di lei, un criminale di guerra, ora appassionato di kabbalà. Vive nell’ossessione di essere riconosciuto, e fa della frase “Il torto del soldato è la sconfitta, la vittoria giustifica tutto” il suo mantra salvifico.

Tra i tre personaggi, al tavolo della locanda, scatta qualcosa. Un qualcosa che ha l’odore dei sogni e degli incubi di ognuno. Poi un fatto inaspettato, travestito da automobile bianca, sgorga dalle loro ossessioni e chiude in parte il cerchio. Perché, secondo la kabbalà, la parola fine corrisponde alla parola vendetta.

fonte: http://notizie.bol.it/2012/05/30/erri-de-luca-il-torto-del-soldato/


Il libro:

Il torto del soldato / Erri De Luca. - Feltrinelli, 2012. - 96 p, 11 euro. - (I narratori). - ISBN 9788807019036.


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