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Di una vita in magistratura e non solo: La stanza numero 30

La stanza numero 30 / Ilda Boccassini. - Milano : Feltrinelli, 2021. - (Serie bianca). - ISBN 978-88-07-17403-2

di Massimo Stefano Russo - giovedì 14 ottobre 2021 - 3670 letture

Lavorare in magistratura impone uno studio costante e continuo. I magistrati - non a caso - hanno un rapporto intenso con la scrittura e in pensione si ritrovano, spesso e volentieri, a dare alle stampe saggi e opere di narrativa, dove ritornano sulle proprie esperienze; libri con tanto di dedica, da autografare. Non sfugge a queste sollecitazioni, nel dialogo tra pubblico e privato, La stanza numero 30 di Ilda Boccassini. Una scrittura intensa e appassionata, ma che in molte pagine imbarazza. Molti si precipiteranno a leggere il capitolo 4 titolato Giovanni che sta per Giovanni Falcone, per sapere di un’infatuazione, di un innamoramento, a distanza di anni ripreso, nel sentire il bisogno di dichiararlo, enunciarlo, renderlo pubblico.

Gli amori, le avventure amorose, raccontati nel divagare della mente, facilmente, si traducono in intrighi succulenti che eccitano le papille gustative, deste ad assaporarle.

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Ilda Boccassini - La stanza numero 30

Non sono le pagine migliori di queste “cronache di una vita”. Perché a distanza d’anni “Maria Goretti in Fantozzi”, il soprannome dato alla dott. Boccassini da un simpatico collega in cui lei da napoletana verace, si riconosce, apprezzandolo con sferzante ironia, si appassiona a voler rendere pubblica una storia d’amore a lungo custodita e trattenuta nel proprio cuore? Avrebbe fatto meglio a mantenerla sul piano del tutto personale e privato? Il lettore si sente come investito dall’animosità del parlante e si trova a disagio perché la scrittura trasfigura il senso delle parole che solo nel contesto dell’oralità hanno un posto adeguato e il giusto senso. La discrezione affettiva, da virtù che certifica il valore dei sentimenti, appartiene ormai a mentalità non più al passo con i tempi.

La dott. Boccassini ha dedicato la propria vita, con riconosciuta professionalità, al servizio della giustizia nel nome dello Stato e delle sue istituzioni; un impegno profuso in varie forme nella lotta contro il crimine che ha investito la politica e la magistratura. Da donna si è fatta forza della propria identità e ha saputo lottare con spirito di servizio e rigore contro l’illegalità diffusa e invisibile. In molte pagine emerge soprattutto la personalità battagliera e grintosa, ma si scopre anche tutta la fragilità dell’essere umano di fronte all’inaspettato, nel dover fare i conti con la malattia che intacca gli affetti più cari e anche il proprio corpo. L’essere donna mette in campo sensibilità e forme estetiche diverse. Una testimonianza che ci fa capire le difficoltà relazionali che intaccano le interazioni amicali e professionali, quando si è investiti di autorità istituzionale.

Nell’intreccio tra pubblico e privato si rischia il dominio di quest’ultimo nell’affermazione del frivolo che strizza l’occhio a situazioni paradossali, in un esercizio di ricamo estraniante, eccentrico, stravagante. Si finisce sopra le righe ed eccitati dagli impulsi della memoria incontrollata si perde la sobrietà, la capacità analitica di raccontare i fatti, gli eventi importanti che risultano dispersi e il lettore fatica a comprendere. A mancare spesso è il senso del narrato sentimentale che si appella al trascorso per ritrovarsi accreditati nel divenire del tempo della vita realmente vissuta. La densità dei dettagli nel confidarsi suscita curiosità ed espone sempre al pettegolezzo e ai suo rischi.

Le pagine finali sollevano il problema delle cariche e delle attività gestionali in magistratura, spesso concordati per interesse o calcolo, a discapito del merito individuale e delle opportunità istituzionali, per rimanere scottati e delusi. Ci sono libri che si scrivono, nel ritenere necessario raccontare il proprio vissuto e condividere un’esperienza di vita intensamente vissuta, ma è difficile nel quadro di una vita dipingere tutta un’epoca, restituendo il valore dell’autobiografia, al seguito di umanissime passioni.


Sinossi editoriale

«È stata la mia vita e spetta solo a me decidere cosa farne.» Per tanti simbolo di giustizia e modello di donna, per altri nemico politico. Il magistrato racconta per la prima volta la sua storia: dalle indagini sulle stragi mafiose del 1992 ai processi con imputato Silvio Berlusconi, un racconto che rivela molto degli ultimi trent’anni di storia italiana. Un libro sincero e coraggioso, che non fa sconti a nessuno.

Arrivata nel 1979 alla Procura di Milano, Ilda Boccassini capisce da subito che la vita non sarà facile. Troppe donne, tuona l’allora procuratore. E il «Corriere della Sera» il giorno stesso scrive che «il lavoro inquirente poco si adatta alle donne: maternità e preoccupazioni familiari male si conciliano con un lavoro duro, stressante e anche pericoloso». Inizia così un corpo a corpo di Ilda "la rossa" dentro e fuori la Procura che durerà fino al giorno della pensione, nel 2019. Il lavoro duro ma entusiasmante del primo periodo, i successi con Giovanni Falcone nell’indagine Duomo Connection, che per la prima volta svela all’Italia l’esistenza della mafia a Milano. E poi il giorno in cui tutto finisce e tutto comincia: il 23 maggio 1992, lo squarcio sull’autostrada per Capaci. Si parte allora per la Sicilia, a indagare su quelle morti, sconsigliata da tutti, perseguitata dal senso di colpa per i figli lasciati a Milano, ma è necessario provare a capire e a dare giustizia. Il ritorno a Milano è già Seconda Repubblica e sarà segnato dai processi a Berlusconi, Imi-Sir, Lodo Mondadori, Toghe sporche. E con quei processi l’inizio di una campagna d’odio durata decenni, fino ai processi degli anni Duemila per il caso Ruby. In queste pagine gli avvenimenti si ripercorrono da uno straordinario punto di vista, quello di una donna libera dentro e fuori la Procura, con la forza di pochi e la fragilità di tutti.



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