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Intervista immaginaria al 20 Aprile

Intervista immaginaria al 20 aprile, giorno che nel 2025 ospita una coincidenza rara e simbolica: la celebrazione congiunta della Pesach ebraica e della Pasqua cristiana.

by Massimo Stefano Russo - Monday 21 April 2025 - 205 letture

“Io, 20 aprile: quando Pesach e Pasqua si danno la mano”: Intervista immaginaria a una data che sa di libertà

20 aprile, perché sei così importante quest’anno?

— Perché rappresento un evento raro: l’allineamento tra la Pesach ebraica e la Pasqua cristiana Sono il giorno in cui due fedi sorelle ricordano, ciascuna a suo modo, la liberazione.

Quante volte è accaduto prima?

— Poche. I calendari seguono cicli diversi. Quando accade, è un segno. Non politico, ma spirituale: un invito alla comunione nella distinzione.

Qual è il filo comune tra Pasqua e Pesach?

— L’idea di passaggio. “Pesach” è il passare oltre. Anche la Pasqua è passaggio: dalla morte alla vita. Entrambe parlano di libertà.

Qual è la tua prima memoria legata a Pesach?

— L’agnello sacrificato in fretta, il sangue sugli stipiti, il pane non lievitato, la fuga notturna. L’urgenza della salvezza.

E la prima immagine legata alla Pasqua cristiana?

— Il sepolcro vuoto. Le donne in lacrime che trovano solo luce. L’inizio inatteso di una nuova speranza.

Ti senti carico di responsabilità quest’anno?

— Sì. Sono chiamato a unire, non a confondere. Ebrei e cristiani non devono perdere sé stessi, ma possono guardarsi negli occhi.

Hai mai ispirato poesia?

— In silenzio, sì. In ogni cena in famiglia, ogni preghiera, ogni rito di passaggio che rinnova la memoria.

E musica?

— Certamente. Dal canto dell’“Avadim Hayinu” durante il Seder alla “Victimae paschali laudes” della liturgia cristiana.

Ti senti una data religiosa?

— Mi sento una data umana. Prima ancora che religiosa, queste feste parlano al cuore dell’uomo: libertà, redenzione, speranza.

Sei anche una data politica?

— Ogni memoria collettiva ha una dimensione politica. Ma io non milito: io ricordo.

Perché la coincidenza è così rara?

— I cristiani seguono il calendario gregoriano, gli ebrei quello lunisolare. Le date divergono quasi sempre. Quando si toccano, è un prodigio aritmetico e spirituale.

Che ruolo gioca la luna?

— Un ruolo centrale. Sia la Pesach che la Pasqua si fondano sul plenilunio di primavera. Senza luna, nessuna resurrezione, nessuna uscita.

Quale liturgia ti commuove di più?

— Quella che viene fatta in famiglia. Un nonno che racconta l’Esodo, una madre che accende una candela, un bambino che chiede.

Sei celebrato anche dai laici?

— Più di quanto si creda. Ogni volta che ci si ferma per riflettere, che si spezza un pane in silenzio, io vivo.

Qual è la tua icona?

— Una tavola apparecchiata con cura, dove i commensali portano storie invece che giudizi.

Ti senti più vicino alla religione o alla cultura?

— Dove le due cose si incontrano. Nella cultura che conserva il sacro e nella religione che si fa carne.

Che messaggio porti nel 2025?

— In un mondo lacerato da muri e guerre, io ricordo che ogni popolo ha vissuto un esodo. E ogni resurrezione inizia con una tomba condivisa.

Hai paura di essere strumentalizzato?

— Sì. Ma sono una data: non posso mentire. Posso solo invitare alla profondità.

Cosa succede nelle chiese e nelle sinagoghe oggi?

— Succede che si celebrano promesse antiche. Alcune con canti e incenso, altre con erbe amare e vino. Tutte parlano di verità.

Come ti vivono i bambini?

— Con stupore. Le domande del Seder (“Perché questa notte è diversa dalle altre?”) e le uova pasquali da cercare sono modi per entrare nel mistero.

Cosa pensi della sofferenza nel mondo?

— Che non va negata. Va attraversata. Esodo e Pasqua lo insegnano: la salvezza passa dal dolore, ma non si ferma lì.

Sei un giorno di memoria o di azione?

— Entrambe. Ricordare senza agire è inutile. Agire senza ricordare è cieco.

Come ti celebra chi non crede?

— Con un pranzo, un cammino in montagna, un gesto buono. Anche chi non crede può onorarmi, se cerca la libertà.

Qual è il tuo profumo?

— Di pane azzimo e spezie, di fiori primaverili, di incenso e rosmarino.

Sei anche un giorno di lutto?

— Sì. La libertà nasce anche dal ricordo del dolore. E ogni resurrezione richiede una croce, ogni Esodo un deserto.

Come potremmo vivere meglio questo giorno?

— Con lentezza. Ascoltando. Non urlando i simboli, ma lasciandoli parlare.

Qual è la tua parola chiave?

— Passaggio. Niente resta fermo: tutto si muove verso la liberazione.

Ti senti celebrato con consapevolezza?

— A volte sì, a volte no. Ma io non giudico. Resto qui, ogni volta che si accende una candela o si spezza un pane.

Quale augurio lasci?

— Che nessuno resti schiavo: né delle paure, né del rancore. E che ogni giorno diventi occasione di salvezza.

E il prossimo 20 aprile, cosa porterai con te?

— Le storie che oggi avete raccontato. Perché ogni Pesach e ogni Pasqua futura saranno più ricche se oggi avremo camminato insieme.


* L’intervista è stata svolta dal prof. Massimo Stefano Russo avvalendosi del metodo gamma da lui generato e sviluppato, col contributo di chatgpt. Il testo è opera del prof. Massimo Stefano Russo che ne è l’autore e il diretto responsabile, chatgpt ha contribuito nel fornire indicazioni e informazioni indispensabili e per questo merita di essere citata.



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