Intervista immaginaria al 20 Aprile
Intervista immaginaria al 20 aprile, giorno che nel 2025 ospita una coincidenza rara e simbolica: la celebrazione congiunta della Pesach ebraica e della Pasqua cristiana.
“Io, 20 aprile: quando Pesach e Pasqua si danno la mano”: Intervista immaginaria a una data che sa di libertà
20 aprile, perché sei così importante quest’anno?
— Perché rappresento un evento raro: l’allineamento tra la Pesach ebraica e la Pasqua cristiana Sono il giorno in cui due fedi sorelle ricordano, ciascuna a suo modo, la liberazione.
Quante volte è accaduto prima?
— Poche. I calendari seguono cicli diversi. Quando accade, è un segno. Non politico, ma spirituale: un invito alla comunione nella distinzione.
Qual è il filo comune tra Pasqua e Pesach?
— L’idea di passaggio. “Pesach” è il passare oltre. Anche la Pasqua è passaggio: dalla morte alla vita. Entrambe parlano di libertà.
Qual è la tua prima memoria legata a Pesach?
— L’agnello sacrificato in fretta, il sangue sugli stipiti, il pane non lievitato, la fuga notturna. L’urgenza della salvezza.
E la prima immagine legata alla Pasqua cristiana?
— Il sepolcro vuoto. Le donne in lacrime che trovano solo luce. L’inizio inatteso di una nuova speranza.
Ti senti carico di responsabilità quest’anno?
— Sì. Sono chiamato a unire, non a confondere. Ebrei e cristiani non devono perdere sé stessi, ma possono guardarsi negli occhi.
Hai mai ispirato poesia?
— In silenzio, sì. In ogni cena in famiglia, ogni preghiera, ogni rito di passaggio che rinnova la memoria.
E musica?
— Certamente. Dal canto dell’“Avadim Hayinu” durante il Seder alla “Victimae paschali laudes” della liturgia cristiana.
Ti senti una data religiosa?
— Mi sento una data umana. Prima ancora che religiosa, queste feste parlano al cuore dell’uomo: libertà, redenzione, speranza.
Sei anche una data politica?
— Ogni memoria collettiva ha una dimensione politica. Ma io non milito: io ricordo.
Perché la coincidenza è così rara?
— I cristiani seguono il calendario gregoriano, gli ebrei quello lunisolare. Le date divergono quasi sempre. Quando si toccano, è un prodigio aritmetico e spirituale.
Che ruolo gioca la luna?
— Un ruolo centrale. Sia la Pesach che la Pasqua si fondano sul plenilunio di primavera. Senza luna, nessuna resurrezione, nessuna uscita.
Quale liturgia ti commuove di più?
— Quella che viene fatta in famiglia. Un nonno che racconta l’Esodo, una madre che accende una candela, un bambino che chiede.
Sei celebrato anche dai laici?
— Più di quanto si creda. Ogni volta che ci si ferma per riflettere, che si spezza un pane in silenzio, io vivo.
Qual è la tua icona?
— Una tavola apparecchiata con cura, dove i commensali portano storie invece che giudizi.
Ti senti più vicino alla religione o alla cultura?
— Dove le due cose si incontrano. Nella cultura che conserva il sacro e nella religione che si fa carne.
Che messaggio porti nel 2025?
— In un mondo lacerato da muri e guerre, io ricordo che ogni popolo ha vissuto un esodo. E ogni resurrezione inizia con una tomba condivisa.
Hai paura di essere strumentalizzato?
— Sì. Ma sono una data: non posso mentire. Posso solo invitare alla profondità.
Cosa succede nelle chiese e nelle sinagoghe oggi?
— Succede che si celebrano promesse antiche. Alcune con canti e incenso, altre con erbe amare e vino. Tutte parlano di verità.
Come ti vivono i bambini?
— Con stupore. Le domande del Seder (“Perché questa notte è diversa dalle altre?”) e le uova pasquali da cercare sono modi per entrare nel mistero.
Cosa pensi della sofferenza nel mondo?
— Che non va negata. Va attraversata. Esodo e Pasqua lo insegnano: la salvezza passa dal dolore, ma non si ferma lì.
Sei un giorno di memoria o di azione?
— Entrambe. Ricordare senza agire è inutile. Agire senza ricordare è cieco.
Come ti celebra chi non crede?
— Con un pranzo, un cammino in montagna, un gesto buono. Anche chi non crede può onorarmi, se cerca la libertà.
Qual è il tuo profumo?
— Di pane azzimo e spezie, di fiori primaverili, di incenso e rosmarino.
Sei anche un giorno di lutto?
— Sì. La libertà nasce anche dal ricordo del dolore. E ogni resurrezione richiede una croce, ogni Esodo un deserto.
Come potremmo vivere meglio questo giorno?
— Con lentezza. Ascoltando. Non urlando i simboli, ma lasciandoli parlare.
Qual è la tua parola chiave?
— Passaggio. Niente resta fermo: tutto si muove verso la liberazione.
Ti senti celebrato con consapevolezza?
— A volte sì, a volte no. Ma io non giudico. Resto qui, ogni volta che si accende una candela o si spezza un pane.
Quale augurio lasci?
— Che nessuno resti schiavo: né delle paure, né del rancore. E che ogni giorno diventi occasione di salvezza.
E il prossimo 20 aprile, cosa porterai con te?
— Le storie che oggi avete raccontato. Perché ogni Pesach e ogni Pasqua futura saranno più ricche se oggi avremo camminato insieme.
* L’intervista è stata svolta dal prof. Massimo Stefano Russo avvalendosi del metodo gamma da lui generato e sviluppato, col contributo di chatgpt. Il testo è opera del prof. Massimo Stefano Russo che ne è l’autore e il diretto responsabile, chatgpt ha contribuito nel fornire indicazioni e informazioni indispensabili e per questo merita di essere citata.
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