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Simon Konianski

Diretto da Micha Wald, con Jonathan ZACCAÏ, POPECK e Abraham LEBER (2009)

di Dario Adamo - mercoledì 14 aprile 2010 - 4152 letture

Il povero Simon quasi quasi non ce la fa. Abbandonato dalla ragazza, moderna e procace danzatrice goy, alla difficile età di 35 anni e con un pargolo a carico torna a vivere con il padre, ebreo credente e professante di non poche fissazioni e dalle convinzioni incrollabili. Cerca senza troppi sforzi un lavoro senza mai trovarlo e, quando se ne accorge, strappa suo figlio ai tediosi racconti del nonno sui campi di concentramento nazisti. A un certo punto la parzialmente annunciata scomparsa del padre porterà Simon, suo figlio e una coppia di anziani zii ad avventurarsi in uno strampalato viaggio dal Belgio alla Polonia per realizzare l’ultimo desiderio del defunto: essere seppellito accanto alla prima moglie di cui nessuno sapeva nulla…

Road-movie di formazione ricco di divertenti gag tipicamente yiddish, Simon Konianski è l’ideale continuazione e naturale espansione del cortometraggio Alice et Moi dello stesso regista Micha Wald che nel passaggio al lungo ha la possibilità di approfondire al meglio il tema portante della storia e cioè lo scontro generazionale tra due modi diversi di essere ebreo, quello datato e tradizionalista dei padri, ossessionati dalla shoah, votati alle illuminanti parole dei propri rabbini e intransigenti nei confronti del cambiamento e quello più distaccato e “laico” dei più giovani che cercano di guardare alla realtà di oggi con meno pregiudizi e più pragmatismo, senza dover necessariamente cercare spigolose giustificazioni nella tradizione e nei costumi del proprio “popolo”.

Simon Konianski non è certo un Serious Man alla Coen Brothers, lontano anni luce in quanto a profondità di riflessione e ampiezza di respiro, ma sicuramente non manca di far divertire lo spettatore in maniera leggera e scanzonata. Più vicino, come molti hanno già sottolineato, alla commedia “genere Sundance” stile Little Miss Sunshine si prefigge obiettivi più prossimi ma non per questo deprecabili: partendo dalla realtà quotidiana e più vicina (pare che la famiglia di Wald sia molto simile a quella Konianski del film) dare vita a un racconto a tratti ironico e a tratti grottesco che non manchi di far riflettere su certe tematiche tutte moderne: la precarietà, la famiglia (il rapporto padre-figlio nelle varie declinazioni generazionali), il rapporto conflittuale con la tradizione e, perché no, l’importanza di certe eredità tutte umane


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