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Un giorno sul treno a vapore, di memoria in memoria

La prima cosa che noti al binario 2 della stazione di Siena è un sorriso infantile sulle faccia di tutti. Emozionati e irrequieti, turisti tedeschi, famiglie toscane con pargoli a seguito, giornalisti francesi, solitarie viaggiatrici inglesi, guardano la locomotiva nera che sbuffa nero fumo con occhi da bambini..

di Lorenzo Misuraca - mercoledì 1 febbraio 2006 - 10467 letture

La prima cosa che noti al binario 2 della stazione di Siena è un sorriso infantile sulle faccia di tutti. Emozionati e irrequieti, turisti tedeschi, famiglie toscane con pargoli a seguito, giornalisti francesi, solitarie viaggiatrici inglesi, guardano la locomotiva nera che sbuffa nero fumo con occhi da bambini. Non è la solita gita domenicale, né il solito tour per turisti frettolosi. Appena le numerose porte dei vagoni verde oliva si aprono e la gente comincia a salire, ti avvolge una sensazione da viaggio nel tempo. Il treno a vapore è l’ultimo della stagione organizzato dall’associazione “Treno natura” di Siena, creata da un gruppo di volontari. Lo scopo è far rivivere le antiche locomotrici e le littorine diesel degli anni ’50 insieme a percorsi ferroviari ormai chiusi al traffico ordinario ma di stupefacente bellezza. È il caso dei “viaggi” verso il monte Amiata, attraverso la Val d’Orcia, fino al parco dell’Uccellina, o a Marradi nel Mugello per la festa della castagna. Oggi ci dirigiamo ad Asciano, al centro delle crete senesi, colline che si estendono per chilometri e chilometri incontrando qua e là solo qualche podere e rari filari di cipressi. La macchina a vapore è una 640 del 1911. la chiamano la “cento porte”, perché essendo stata costruita per uso militare le truppe dovevano poter scendere dai vagoni nel minor tempo possibile, ognuno dalla propria cabina. Il treno parte e appena usciti da Siena ci accorgiamo che il rumore dei pistoni e delle ruote non è lo stesso dei treni moderni: bisogna chiudere gli occhi e immaginare un vecchio western per ricordare un suono simile. Nella cabina di testa i volontari e le volontarie scambiano due chiacchiere. Gli uomini sono tutti ex-ferrovieri, le donne le loro mogli. Due giornalisti belgi cercano qualcuno cui fare delle domande in francese per il loro articolo. I vecchietti in divisa si guardano come a dire “figuriamoci, non so neanche l’inglese..”. Per fortuna arriva Annalisa, che sa il francese, una ragazza che lavora part-time all’organizzazione delle gite sul treno natura e per il resto viene alle iniziative da volontaria. L’organizzazione dei giri turistici sui treni antichi di Siena è così: si fa tutto in casa, ci si arrangia visto che soldi non ce n’è, ma alle piccole mancanze si rimedia con un’accoglienza e un calore umano difficili da trovare altrove. Basta farsi un giro tra le carrozze. i viaggiatori, a proprio agio, scambiano parole ed esperienze. Ogni carrozza ha una sua atmosfera, a seconda dell’umanità che la “abita” per qualche ora, e sembra che abbia persino un proprio odore.

Franco Cini, macchinista in pensione, spiega che la ragione che ha mosso i volontari a mettere un’iniziativa del genere, veniva soprattutto dall’urgenza di non lasciare all’incuria irrimediabile le antiche locomotive e i tratti ferroviari dimessi. Seppur si tratti di gente semplice, i ferrovieri sanno che abbandonare quei pezzi di Italia visti dal treno, quel modo di cercare il paese così lontano dalle autostrade a quattro corsie, significherebbe cancellare una parte importante di memoria storica. Certo viaggiare su un treno a vapore ha i suoi inconvenienti. Dai finestrini aperti entra il fumo nero della locomotiva e il forte odoro di zolfo impregna incurante i vestiti da festa delle ragazzine. I sedili sono di legno, belli ma duri. Se si andasse a lavoro, poi, sarebbe una gran seccatura doversi fermare a metà viaggio per fare rifornimento d’acqua. Invece i turisti scendono di buon grado dalle vetture alla stazione di Monte Antico e approfittano della pausa per immortalare i macchinisti che sistemano il carbone o farsi una foto ricordo vicino al “mostro” che sputa fumo bianco e nero. Il treno riparte e fende i boschi ai piedi del monte Amiata. Dalle radure che scorrono ai lati si vedono fagiani svolazzare e qualche raro capriolo infilarsi tra i cespugli. Passiamo per la stazione di Trequanda, la più piccola d’Italia, e una coppia sta pranzando ad un tavolo apparecchiato tra le erbacce. Arriviamo ad Asciano, tappa del percorso odierno. Ogni volta che un viaggiatore sale su questi treni antichi a Siena sa che nel luogo in cui arriva c’è sempre qualcos’altro che lo aspetta. La festa del paese, una sfilata di sbendieratori, un’escursione per parchi, una visita ai piccoli ma interessanti musei di provincia, e così via. Gli organizzatori del Treno Natura hanno capito sin da subito che al turista bisognava offrire un viaggio nel territorio, piuttosto che un viaggio attraverso il territorio. Si creano così relazioni fertili in campo economico e sociale tra macchinisti, artigiani, ristoratori, amministrazioni locali e musei. Ad Asciano troviamo il mercatino delle crete: nel corso centrale decine di bancarelle zeppe di ceramiche, statuette di legno, cuscinetti profumati di lavanda, oggetti di antiquariato, vecchi fumetti, ecc.. “Ci doveva essere anche la banda del paese - dice Giancarlo Palazzi, instancabile coordinatore del Treno Natura - ma oggi so’ tutte a San Quirico , per la festa delle bande”. Si approfitta per mangiare cucina toscana in un ristorante convenzionato, si smaltisce l’abbuffata passeggiando tra le bancarelle e, per la gioia dei bambini, si sale su un calesse portato da due cavalli per un breve giro tra le strade del paese. Il pomeriggio avanza, arriva l’ora di risalire sulla “cento porte” e tornare a Siena. Il Palazzi (come lo chiamano gli amici), che abita ad Asciano, approfitta per rimanere a casa. Accompagna le trecento persone al treno e dalla banchina della minuscola stazione saluta tutti, dal macchinista all’ultimo turista tedesco affacciato all’ultimo finestrino che scorre via velocemente. Al ritorno l’atmosfera sul treno è più tranquilla. Qualcuno ne approfitta per sonnecchiare e magari sogna una di quelle signore incappellate d’inizio secolo che saluta sorridente col fazzoletto in mano.


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