Ucraina, esperienza e speranza

Nel settembre di due anni fa ho avuto la possibilità di visitare alcuni campi profughi ucraini al confine con la Romania, per distribuire viveri, coperte, e altro ancora e questa è la mia esperienza.

di Francesco Valenti - martedì 25 marzo 2025 - 393 letture

Da qualche giorno si parla di una probabile pace tra Ucraina e Russia, certo una pace imperfetta, ma meglio una pace imperfetta che una guerra. Sono passati tre anni da quando le truppe russe invasero l’Ucraina, centinaia di miglia di persone furono costrette a lasciare le loro case, i loro affetti, amici parenti, i loro ricordi e andare altrove. In altre sedi ho sempre detto che la guerra è una delle peggiori cose che l’uomo possa fare, non ci sono vinti o vincitori, solo distruzione, disumanità, la guerra è la negazione dell’umanesimo, da qualunque punto si voglia affrontare la questione.

I profughi ucraini si riversarono nei paesi limitrofi, Polonia, Romania, Ungheria e da li, chi poteva, in Germania, Italia, Francia...

In qualità di ambasciatore prima e poi trustee (garante) dopo, insieme ad altri colleghi soci del Kiwanis International (il Kiwanis è una delle più grandi organizzazioni di volontariato mondiale, con sede in Indianapolis, che si occupa di aiutare di bambini in qualunque parte del mondo) decidemmo da subito di fare qualcosa. Ci siamo attivati coinvolgendo i nostri soci, soprattutto europei, e abbiamo raccolto circa ottocento mila euro, per acquistare beni di prima necessità da inviare nei campi profughi. Nel settembre di due anni fa ho avuto la possibilità di visitarne alcuni, al confine con la Romania, per distribuire viveri, coperte, e altro ancora e questa è la mia esperienza.

Il nostro viaggio inizia a Iasi, in Romania dove ci diamo appuntamento con dei colleghi del Belgio, Austria e Lussemburgo, per poi proseguire con un piccolo van preso a noleggio in direzione di Vicovu de Sus dove è allestito un campo profughi. Dal Lussemburgo intanto sono partiti tre tir carichi di aiuti che verranno scaricati a Vicovu de Jos in un grande capannone messoci gentilmente e gratuitamente a disposizione dal titolare della fabbrica di calzature Marelbo, che si offre anche, sempre gratuitamente di metterci a disposizione la sua rete logistica di distribuzione fatta da piccoli furgoncini, che si muovono più agilmente lungo le strade sterrate al confine con l’Ucraina.

Raggiungiamo il giorno dopo il primo campo allestito in un villaggio nei pressi di Vicovu de Sus. Centinaia di tende occupano una piccola collina, qui fa già freddo. Gli alberi hanno perso il loro fogliame autunnale rossiccio e giallo e i rami si stagliano contro il cielo plumbeo. Il giorno prima ha piovuto il terreno è fangoso. Arriviamo al campo profughi e con il responsabile della Croce Rossa concordiamo la distribuzione. Gli ucraini si mettono pazientemente in fila. Doniamo pasta, olio, pannolini per bambini, latte in polvere e latte condensato, confezioni di acqua, bottiglie di salsa, coperte, scarpe e inoltre alcuni gruppi elettrogeni. Osservo le facce delle persone, ringraziano accennano un sorriso. Molti hanno la faccia spenta, triste. Solo i bambini ridono, per loro cioccolatini e caramelle messi a disposizione dei nostri amici svizzeri. Con un interprete cerco di instaurare un approccio di dialogo, chiedo cosa facevano, cosa fanno adesso, cosa pensano di fare. Le risposte sono sempre le stesse “non lo sappiamo, io ho parenti in Germania spero di andare li e poi si vedrà, abbiamo perso tutto, non sappiamo neanche se domani saremo vivi e se o quando potremmo tornare nelle nostre case…” Tutti hanno in comune la mancanza di speranza, di certezze. Questo è il volto disumano della guerra, togliere la speranza e alimentare la disperazione.

Il nostro viaggio è poi proseguito ad est lungo la linea di confine in altri campi, sempre gli stessi volti spenti, sempre le stesse risposte. Adulti senza speranza e bambini a cui è stato rubato il futuro.

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